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martedì 30 gennaio 2024

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 30 gennaio.
Il 30 gennaio 1969, a Londra, ha luogo, sul tetto della Apple Records, l'ultimo concerto dei Beatles, poi interrotto dall'intervento della polizia.
Nel gennaio del 1969 i fasti ed i clamori dei tour che i Beatles tennero in tutto il Mondo nei tre anni d’oro della Beatlemania (1964-1966) erano ormai lontani. Dal 29 agosto 1966, data di chiusura del tour Nord Americano di quell’anno (il “The Beatles’ 1966 US Tour” partito il 12 agosto 1966 da Chicago e terminato il 29 agosto a San Francisco con 19 show in 18 giorni) i quattro ragazzi di Liverpool non si erano più esibiti su un palco. Da allora tutti i loro sforzi si erano concentrati sulla sperimentazione in sala di registrazione, attività che sarebbe sfociata nella produzione di alcuni dei dischi più belli della storia della musica: album come “Sgt. Pepper Lonely Heart Club Band”, “The Beatles” ed “Abbey Road” e singoli quali “Strawberry Fields Forever” / “Penny Lane” furono infatti solo alcuni degli strabilianti risultati ottenuti dalle sedute di registrazione nello studio n° 2 di Abbey Road. Purtroppo la morte del loro storico manager Brian Epstein avvenuta il 27 agosto 1967 diede inizio al lento e inesorabile deterioramento del rapporto di coesione ed amicizia che legava i quattro musicisti e che avrebbe portato allo scioglimento del gruppo comunicato ufficialmente il 10 aprile 1970. Nel gennaio del 1969 vi fu un vano tentativo, voluto soprattutto da Paul McCartney, di provare a dare una sterzata decisa al decorso degli eventi, al fine di dare nuova linfa e stimoli al gruppo con il progetto “Get Back”: come dice il nome stesso l’intento era quello di tornare al rock ‘n’ roll delle origini, registrando un album grezzo, senza sovra incisioni, solo sano e vecchio rock ‘n’ roll inciso in presa diretta proprio come avveniva per i primi album dei Fab Four. Il tutto sarebbe stato immortalato in uno special televisivo che avrebbe dovuto documentare la nascita di un disco dei Beatles. Lo show televisivo era stato ideato per promuovere l’album, che avrebbe dovuto intitolarsi “Get Back”, e sarebbe stato trasmesso alla fine del mese di gennaio, una volta che l’album fosse stato dato alle stampe. Il progetto iniziale prevedeva che i Beatles si esibissero al Roundhouse nel mese di gennaio del 1969 e che il materiale ripreso fosse utilizzato per montare uno special mandato in onda dalle televisioni di tutto il mondo.
I rapporti interpersonali e professionali tra i quattro musicisti proprio in quei mesi si stavano logorando vistosamente di giorno in giorno, tuttavia restavano da rispettare le adempienze contrattuali con la United Artists: l’accordo stipulato nel 1964 prevedeva la realizzazione di tre film. Nel 1968 il gruppo si era illuso di aver onorato il contratto con la casa di produzione cinematografica americana considerando “Yellow Submarine” (uscito il 17 luglio 1968, con prima nazionale al London Pavilion) come il famoso terzo film, dopo i due film diretti da Richard Lester: “A Hard Day’s Night” (in Italia “Tutti Per Uno”) del 1964 ed “Help!” (in Italia “Aiuto!”) del 1965. Purtroppo per loro non fu così, il lungometraggio animato non fu conteggiato dai funzionari della casa cinematografica, mancava quindi ancora un film per rispettare il contratto: si decise allora di consegnare alla United Artists gli spezzoni dei filmati che i Beatles avevano girato durante le sedute di registrazione negli studi di Twickenham e della Apple affinché venisse realizzata la fatidica terza pellicola.
I Beatles fin da subito non si erano trovati affatto a loro agio nel tetro e semivuoto studio-teatro di posa n. 1 dei Twickenham Film Studios, soprattutto perché le attrezzature e gli studi erano disponibili prevalentemente alla mattina presto e non avevano potuto quindi filmare di sera e di notte come avevano pianificato. In Merito  John dichiarò: “Non era possibile suonare alle otto del mattino o alle dieci, o a qualsiasi ora fosse, in uno strano posto, con la troupe che ti riprendeva e le luci colorate”. Le riprese presso lo studio di Twickenham iniziarono il 2 gennaio 1969 con i titolo provvisorio “Get Back”  e si protrassero fino al 15 gennaio, quando i Beatles decisero di trasferirsi nel nuovissimo studio di registrazione che si erano fatti allestire nei seminterrati della Apple e dove a partire da mercoledì 22 gennaio  avrebbero  continuato a lavorare fino alla fine del mese, terminando le registrazioni e le riprese con la famosa esibizione sul tetto dell’edificio della sede della Apple in Savile Row n.° 3 il 30 gennaio e con un’ ultima sessione di registrazione il 31 gennaio negli studi del seminterrato. Con il mese di gennaio le sedute di registrazione per il progetto furono ultimate, anche perché il 3 febbraio Ringo avrebbe iniziato le riprese del film “Magic Christian”: in poco meno di un mese erano state registrate 30 ore di musica e girate 96 ore di film, mancava solamente il montaggio, ma per ultimarlo… ci volle un anno intero.
In fase di discussione del progetto il regista Micheal Lindsay-Hogg propose di girare alcune scene in un anfiteatro romano in Tunisia. George protestò considerando l’idea poco pratica a causa delle difficoltà di trasporto della troupe e delle attrezzature in Africa, per non parlare dei costi altissimi dell’operazione. Le altre location proposte furono una nave in viaggio attraverso l’oceano, la Cattedrale di Liverpool e la Camera del Parlamento.  John fece anche un commento laconico: “Mi sto preparando ad un Manicomio …”. Venne poi presa la decisione di effettuare le riprese sul tetto della Sede della  Apple al numero 3 di Savile Row.
L’insoddisfazione e la frustrazione di George furono tali che venerdì 10 gennaio lo spinsero ad abbandonare temporaneamente le riprese soprattutto a causa del comportamento di superiorità che Paul assumeva nei suoi confronti. Ad un certo punto delle riprese nei Twickenham Studios George si rivolse al bassista dicendogli: ”Mi sembra sempre di infastidirti”. La situazione peggiorò quando Paul diede alcuni consigli a George su come suonare. A quel punto George rispose : “Va bene, suonerò tutto quello che vuoi, o non suonerò affatto, se non vorrai!!!”. Dopo la pausa pranzo ed una animata discussione con gli altri tre Beatles nella sala mensa dei Twickenham Studios George abbandonò i compagni anche perché non voleva più esibirsi dal vivo con i Beatles, l’idea dello show televisivo ed il pensiero di andare in Africa o di accettare altri ingaggi lo irritava. Mercoledì 15 gennaio di ritorno a Londra dopo aver trascorso alcuni giorni con i genitori al Nord, George ebbe modo di incontrare John, Paul e Ringo. Durante una riunione serrata ed interminabile (dalla durata di cinque ore) annunciò l’intenzione di voler lasciare il gruppo, avrebbe fatto marcia indietro se gli altri Tre avessero accettato determinate condizioni: dovevano smettere di parlare di esibizioni dal vivo ed usare invece le canzoni destinate allo speciale televisivo, più alcune altre, per la realizzazione  di un album. Alla fine accettò il compromesso di suonare eccezionalmente sul tetto della Apple. Al suo effettivo ritorno in sala di registrazione, mercoledì 22 gennaio, George portò con se Billy Preston alle sedute pomeridiane, sperando che la presenza di un altro musicista avesse aiutato ad alleviare la tensione che c’era all’interno del gruppo. Harrison lo aveva incontrato ad un concerto di Ray Charles alla Royal Festival Hall e lo aveva invitato a far visita ai Beatles ed a partecipare alle sedute di registrazione nei seminterrati della Apple in primis per alleggerire l’atmosfera tesa e, dato che erano bandite le sovra incisioni, per aggiungere un quinto musicista fondamentale alla formazione. John, Paul e George conoscevano Billy Preston da lunga data, dal 1962, anno in cui, ancora adolescente, suonava nel complesso che accompagnava Little Richard nelle due settimane in cui la star di Pacom si esibì allo Star Club di Amburgo alternandosi sul palco con i Beatles. Oltre all’ effetto benefico dovuto al cambio di studi di registrazione, con la presenza di Billy le sessioni presero subito un altro verso, il ghiaccio che si era precedentemente creato fra i quattro musicisti di Liverpool si sciolse come d’incanto e quindi Preston fu scritturato per tutte le rimanenti sessioni del progetto “Get Back” ancora previste per un compenso di cinquecento sterline e, il 31 gennaio, la firma di un contratto con la casa discografica Apple (il 5 maggio dello stesso anno avrebbe iniziato la registrazione presso gli Olympic Sound Studios del suo primo album per l’etichetta prodotto in buona parte da George Harrison).
La celebre esibizione sui tetti della Apple fu concepita nel corso di una riunione  del 26 gennaio. Fu la prima delle due esibizioni consecutive dei Beatles con Billy Preston che conclusero il progetto “Get Back”: la seconda esibizione si tenne il giorno successivo, venerdì 31 gennaio, nello studio del seminterrato della Apple durante la quale i cinque musicisti si concentrarono sulla registrazione di tre brani ritenuti inadatti per il set sul tetto dell’edificio, ovvero “The Long And Winding Road” e “Let It Be” per le quali era necessario un accompagnamento di pianoforte e l’acustica “Two Of Us”. Per la registrazione di queste tre canzoni i Beatles e Billy Preston si posizionarono come per un concerto vero e proprio, sopra ed intorno ad una piattaforma: come si nota nel filmato di questa session contenuta nel film “Let It Be” al centro dell’attenzione c’era Paul, poiché l’autore dei brani.
Nel corso della riunione tenutasi il 26 gennaio, una volta abbandonata del tutto l’idea dello show televisivo, fu lanciata l’idea di un’esibizione a sorpresa del gruppo, da tenersi il giovedì successivo all’ora di pranzo sul tetto dell’edificio che ospitava gli uffici della Apple. L’idea era quella di gettare nello scompiglio più totale quella zona del centro di Londra e di offrire uno spettacolo gratuito agli impiegati ed ai negozianti che lavoravano nei dintorni. Oggi sono in tanti a reclamare la paternità dell’idea del concerto sul tetto, a riprova del consenso generalizzato che incontrò il progetto. Eppure George quel giovedì 30 gennaio non era ancora del tutto convinto e Ringo era della categorica idea di non partecipare all’iniziativa. Solo lo sforzo congiunto di John e Paul poté vincere la loro riluttanza. Alla fine tutto andò per il meglio, non era il deserto del Sahara, tantomeno un anfiteatro romano, ma i quattro suonarono per l’ultima volta dal vivo insieme, senza neppure essere raggiungibili dallo sguardo della folla riunitasi rapidamente nella strada sottostante, fornendo così al regista Lindsay-Hogg tutto il materiale audio-visivo necessario alla perfetta apoteosi per il progetto “Get Back”.
La sequenza delle canzoni interpretate nello storico concerto del 30 gennaio 1969, ribattezzato come “The Beatles’ Rooftop Concert” (ovvero il “Concerto sul Tetto dei Beatles”), era composta da cinque canzoni, alcune ripetute anche più di una volta:
1)- “Get Back” (Lennon-McCartney) (usata come prova volumi, non verrà inserita nel film “Let It Be”);
2)- “Get Back” (Lennon-McCartney);
3)- “Don’t Let Me Down” (Lennon-McCartney);
4)-“I’ve Got A Feeling” (Lennon-McCartney);
5)- “One After 909” (Lennon-McCartney);
6)-“Dig A Pony” (Lennon-McCartney);
7)-“I’ve Got A Feeling” (Lennon-McCartney) (Versione differente, non utilizzata per il film “Let It Be”);
8)- “Don’tLet Me Down” (Lennon-McCartney)(Versione differente, non utilizzata per il film “LetIt Be”);
9)- “Get Back” (Lennon-McCartney).
L’esibizione in quel freddo giovedì di fine gennaio del 1969 è passata alla storia come l’ultima dal vivo dei Beatles, anche se non fu un vero e proprio concerto. Lo show durò complessivamente 42 minuti (di cui circa la metà utilizzati nel sensazionale finale del film “Let It Be”), incominciò all’ora di pranzo (verso le 13.00) e paralizzò parte della Capitale fino all’arrivo della polizia che interruppe lo spettacolo!
La maggior parte dei 42 minuti prodotti quel  giorno sul tetto furono sfruttati commercialmente nel film “Let It Be” e nell’omonimo Album.
L’esecuzione probabilmente si sarebbe ancora protratta ma fu interrotta dall’intervento della polizia che fu chiamata da qualche residente di Savile Row per porre fine allo scompiglio arrecato nel quartiere dalla insolita, e storica, apparizione live del gruppo.
Lindsay-Hogg, intervistato da Rolling Stone e chiamato in merito sul finale del film dichiarò: “L’idea dei Beatles era di introdurre un attore in uniforme da poliziotto, che entrava in scena interrompendo l’esibizione in modo piuttosto duro. In realtà durante le riprese arrivarono veramente i poliziotti e fu una fortuna che non avessimo ancora girato quella scena. Loro chiamarono il cellulare, ma furono molto gentili. Pensammo che sarebbe stata una buona idea mostrare come alcuni poliziotti possano essere anche gentili.”
Il critico Michael Goodwin si rifiutò di credere che non furono utilizzati attori nei panni dei poliziotti e dichiarò: “Nell’ultima parte del film, nella scena in cui i Beatles si esibiscono sul tetto della Apple Building, arrivano alcuni poliziotti che cercano di capire da dove provenga quel baccano. Li vediamo prima all’esterno, per strada, mentre arrivano al portone del palazzo. Aprono la porta (l’inquadratura è sempre dall’esterno), poi interviene un “controcampo”,un’inquadratura in cui li vediamo completare l’azione (aprire la porta), ripresi dall’interno. Il montaggio di questa scena sarebbe normale per un film girato in studio, con attori, ma trovo difficile credere che questo attacco ad incastro delle due scene si possa realizzare in un documentario. Quindi la domanda sporge spontanea: erano attori o poliziotti veri?”

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