Buongiorno, oggi è il 12 gennaio.
Il 12 gennaio 1971 i "sette di Harrisburg" vengono indagati dal governo federale americano con l'accusa di cospirazione.
Per tre mesi, quell'anno, il processo ai "sette di Harrisburg" fu al centro dell'attenzione dei media americani.
I sette furono accusati di cospirazione per aver progettato di rapire il consigliere presidenziale Henry Kissinger e di far saltare gli impianti di riscaldamento di Washington, al fine di rendere inservibile il sistema di riscaldamento degli edifici governativi degli Stati Uniti.
Le prove vertevano su una serie di lettere clandestine, quasi amorose, tra il reverendo Philip Berrigan e Suor Elizabeth McAlister. Le lettere furono fatte uscire dal Penitenziario federale di Lewisburg da un informatore dell'FBI, il prigioniero e studente Boys Douglas; a quel tempo le lettere parvero essere sufficienti per convincere la giuria composta da patriottici cittadini della Pennsylvania.
Il processo si tenne ad Harrisburg per un motivo: il direttore dell'FBI Edgar J. Hoover aveva affermato che la più grande minaccia per il Paese era "un gruppo militante, che si autodefinisce composto da preti e suore cattolici, studenti ed ex studenti" i cui principali leader "sono Philip e Daniel Berrigan". Può esserci un miglior posto per assicurare una condanna, pensò, del Middle District of Pennsylvania, straordinariamente conservatore e fieramente repubblicano?
La capitale dello Stato si riempì di attivisti liberali, scesi in massa per educare la popolazione con forum, dibattiti e meeting al fine di perorare la loro causa.
All'epoca del processo, le autorità federali consideravano i fratelli Berrigan pericolosissimi: la loro enfasi sulla nonviolenza e la protesta pacifica stavano portando l'opinione pubblica contro la guerra in Vietnam, per cui l'FBI impiegava tutte le sue risorse per screditarli in ogni modo.
Per la prima volta nella storia americana, il team della difesa, guidato dall'ex Avvocato generale degli Stati Uniti Ramsey Clark e dall'acclamato avvocato per le libertà civili Leonard Boudin, utilizzò l'arte della selezione scientifica della giuria. Grazie a snervanti interrogatori dei candidati, ridussero il loro numero dai 400 che avevano fatto domanda a soltanto 12.
Al processo, Zoia Horn, capo bibliotecario alla Bucknell University, fu la prima bibliotecaria della storia ad essere imprigionata per una causa di libertà intellettuale. Si rifiutò di testimoniare nonostante le fosse stata garantita l'immunità.
Horn scrisse che "il nostro Paese sostiene la libertà di pensiero, ma il governo che spia nelle case, nelle biblioteche e nelle università inibisce e distrugge questa libertà".
Alla fine, nonostante i milioni di dollari e le ore di indagini spesi dall'FBI, il governo non riuscì ad ottenere un verdetto di colpevolezza per il capo d'accusa della cospirazione.
Il pubblico ministero riuscì soltanto ad ottenere verdetti di colpevolezza sul contrabbando di corrispondenza segreta dalla prigione.
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