Ecco la storia di Corvo che crea il mondo.
«Sembra che l’intero universo fosse un tempo coperto dalle tenebre. Nelle isole della Regina Carolina (Pacifico) vi era una città in cui vivevano gli animali. Un animale capo e sua moglie vi risiedevano insieme al loro unico figlio, un bambino che amavano tantissimo. Il padre cercò di tenerlo al riparo da ogni pericolo. Gli costruì un letto sopra il suo nel retro della sua grande dimora. Lo lavava regolarmente e questo crebbe fino a diventare un giovinetto.
Ma di lì a poco, si ammalò; e poco tempo dopo morì. I genitori non finivano di piangere. Il padre, animale capo, convocò i membri della tribù alla propria dimora. Quando questi vi si raccolsero, ordinò che il corpo del figlio fosse composto. “Estraetegli le budella!” ordinò. I servitori lo adagiarono, gli tolsero gli intestini, li bruciarono nel letto e sistemarono il corpo sul letto che il padre aveva fatto costruire per lui. I genitori piangevano ai piedi della sua salma ogni giorno, e la tribù piangeva con loro.
Un giorno, prima che albeggiasse, la madre, recatasi per piangere, guardò e vide un giovane scintillante come il fuoco giacere dove era stato deposto il corpo del figlio. Chiamò allora il marito, il quale salì sulla scala e chiese: “Sei tu mio adorato figlio?”. “Sì, sono io”, rispose il giovane, e i cuori dei due genitori si riempirono di gioia.
Quando i membri della tribù giunsero per consolarli, rimasero sorpresi nel vedere quel giovane radioso. Il quale si rivolse loro dicendo: “Il cielo era molto seccato dei vostri continui lamenti, così mi ha mandato giù a confortare i vostri pensieri”. Tutti furono molto contenti che il principe vivesse nuovamente fra loro, e i genitori lo amarono più che mai.
Il capo aveva due grandi schiavi, un poveretto e sua moglie. Costoro venivano chiamati Bocca-a-Ciascuna-Estremità. Ogni giorno portavano a casa cibi di tutti i generi. Quando andavano a caccia tornavano con grossi tranci di carne di balena che cuocevano sul fuoco e poi mangiavano.
Il giovane scintillante invece non si nutriva. I giorni trascorrevano. Masticava piccoli pezzi di grasso, non li ingoiava. La moglie del capo tribù cercava di invogliarlo a mangiare, ma egli rifiutava tutto e viveva senza cibarsi. La madre era molto in ansia, e temeva che il figlio potesse di nuovo morire. Un giorno, mentre questi si trovava fuori per una passeggiata,, il capo salì in cima alla scala dove il giovane aveva il proprio giaciglio. E lì vide la salma del figlio! Ciò nonostante continuò a voler bene al nuovo arrivato.
Poco tempo dopo, mentre il capo e la moglie erano fuori, i due schiavi chiamati Bocca-a-Ciascuna-Estremità entrarono portando con sé grossi tranci di carne di balena che cucinarono sul fuoco per mangiarseli. Il giovane scintillante arrivò e chiese loro: “Che cosa vi rende così affamati?”. “Sentiamo la fame perché abbiamo mangiato la crosta dei nostri stinchi” risposero gli schiavi. “Vi piace ciò che mangiate?” domandò il giovane. “Sì mio signore!” rispose lo schiavo.
“Allora assaggerò la crosta di cui parlate” replicò il principe. “No, mio signore! Non vorrete diventare come noi” urlò la schiava. “La assaggerò solo e poi la sputerò” disse il principe. Lo schiavo tagliò un pezzo di carne di balena e vi mise dentro una piccola crosticina. La moglie lo sgridò: “Malvagio! Cosa stai facendo al povero principe?”
Il giovane principe prese il pezzo di carne contenente la crosta, l’assaggiò e lo sputò. Poi se ne andò a letto.
Quando il capo e la moglie ritornarono, il principe disse alla madre: “Madre sono affamato”. “Oh, caro, davvero?” ella rispose e ordinò subito agli schiavi di procurare un lauto pasto al suo amato figliolo. Questi mangiò tutto, e non appena finito, ebbe di nuovo fame. Gli schiavi gli davano sempre più da mangiare, ed egli divorò ogni cosa, per giorni e giorni. Ben presto tutte le provviste della casa del padre finirono. Il principe si recò allora di casa in casa per tutto il villaggio, divorando tutte le scorte di cibo, e questo perché aveva assaggiato le croste di Bocca-a-Ciascuna-Estremità.
Le riserve alimentari di tutta la tribù andarono presto quasi esaurite. Il grande capo era triste e provava vergogna a causa del figlio. Radunò la tribù e comunicò: “Manderò via mio figlio, prima che divori tutto il nostro cibo”. La tribù convenne sulla decisione; il capo convocò il giovane nel retro della casa e gli disse: “Caro figliolo, ti manderò al di là dell’oceano, sul continente”. Gli diede una piccola pietra tonda, un manto di corvo e una vescica di leone marino essiccata piena di ogni specie di semi. “Quando indosserai questo manto di corvo diventerai Corvo e volerai – gli disse”. Quando sarai stanco di volare, lascia cadere questa pietra in mare e troverai riposo. Quando raggiungerai il continente, spargi i diversi semi di frutti sulla terra e le uova di salmone in tutti i fiumi e torrenti, e anche quelle di trota, così che non ti mancherà cibo finché sarai al mondo”. Il figlio indossò il manto di corvo e volò verso oriente.
Successivamente, Corvo crea il mondo così come lo conosciamo: colloca i pesci nei fiumi e diffonde i frutti sulla terra. Quando arriva nel nostro mondo, si accorge che manca la luce, ma ricordandosi che vi era luce nel cielo da cui proveniva, vi ritorna per rubarla, in modo che la terra non sia più avvolta dalle tenebre.»
Questo è il mito delle origini di Corvo e del suo appetito.
Tratto da da Lewis HYDE, Il briccone [= Trickster] fa il mondo. Malizia, mito e arte, Torino Bollati Boringhieri, 2001 (or., 1998), pp. 33-35.
E’ una storia del ciclo tsimshian di Corvo, raccontato dai nativi lungo la costa del Pacifico settentrionale. Uno dei suoi titoli è “Corvo diventa vorace” ma è anche la storia del suo iniziale tentativo di staccarsi dall’appetito.
Elementi testuali che ci fanno riflettere:
-Il principe scintillante non è propriamente il figlio del capo (c’è il cadavere)
-Il principe scintillante “è un emissario celeste”, “antidoto al dolore”.
-“Le isole su cui stanno padre e madre stanno fra cielo e terra”.
-“Corvo viaggia dal cielo al mondo degli animali e poi al nostro, dove l’appetito non ha fine”.
- “Come in molti racconti sul trickster, Corvo è un intermediario, un mediatore. Corvo si sposta tra le tre sfere dell’Essere”. Corvo viaggia, ruba la luce, cade nella trappola della fame che lo rende mortale, crea il mondo ecc.
-Il desiderio dei genitori di salvare il figlio dalla morte fallisce.
-“Perché il padre brucia le budella del figlio?”
- Perché gli schiavi sono chiamati Bocca-a-Ciascuna-Estremità?
- “Che cosa sono le croste di stinco?” (HYDE, pp. 35-36)
Hyde ci fornisce le seguenti interpretazioni:
“Mangiare e morire rientrano tra i mutamenti del mondo, gli intestini sono simbolo del nostro mondo che cambia […] gli schiavi Bocca ecc sono il canale alimentare al servizio del corpo”.
- La domanda sottesa al racconto: “il principe deve o no essere governato dagli intestini?”.
-“Bruciare gli intestini è una maniera per liberare dall’appetito, simbolica, e dare immortalità”.
-“Le croste, immagine più misteriosa”.
-“Corvo è chiamato a volte il trickster con le zampe incrostate”.
- “Il corvo sfrega il becco sulle zampe, e ai nativi forse sembra che le mangi, come se si automangiasse”.
-“Le croste provengono dalle ferite, ruvido contatto col mondo esterno, se guariamo spariscono”.
-“Ma sono anche una specie di fruttificazione del corpo che può essere mangiata o leccata”.
-“Le croste rimandano al ruvido contatto col mondo, lavoro, fatica”
-L’ipotesi di Hyde. Mangiare le croste di stinco è come “entrare nel mondo del dolore e della fatica”.
-“Corvo nasce da una ferita : la ferita data al padre morendo, visto che lui aveva l’ideale di preservare il giovane dal dolore e dalla morte”.
- Nasce inoltre “da una seconda ferita: quando le croste lo trasformano in una macchina famelica e predatrice”.
-“Le croste sono anche una specie di escremento, il corpo viene alla luce da luoghi vicini a dove si espellono i rifiuti” (la vagina).
- “Le croste-escrementi vengono mangiate; vi è una circolarità del mangiare. Mangiare è mangiarsi. Oppure tutti quelli che mangiano in questo mondo, saranno a loro volta mangiati da qualcos’altro”. Vi è una “legge dell’appetito, dell’interdipendenza ecologica. Mediante il mangiarsi, gli stinchi degli schiavi (budella), Corvo mette in atto il ciclo dell’appetito infinito” (HYDE, PP.35-37).
-“Ma abbiamo dei collegamenti anche col mondo dei cacciatori nativi. Uccidevano l’animale, lo sventravano e ne portavano via la carcassa. I corvi divorano le budella, poi arriveranno i coyote e i lupi”.
-“Corvo in definitiva è un Misto. Essere celeste che scende nel mondo, cade nell’appetito umano, ha poteri speciali ma è incapace di saziare la propria fame”
Conclusione di Hyde. Il Trickster “fa il mondo, gli dà luce, pesci e frutti, ma lo fa “così com’è”: un mondo di costanti bisogni, di lavoro, di limitazioni e di morte (HYDE, p.38).
Ma allora, che cos’è un trickster?
Già dalla storia di Corvo possiamo dedurre alcune attività specifiche di questo essere.
Può essere una divinità, un essere soprannaturale, ma ha caratteristiche molto poco divine in senso nobile. Ha doti sovrumane, ma ha anche comportamenti umani e spesso animaleschi e subumani.
E’ astuto, intelligente, ma può essere anche molto ingenuo. E’ capace di creare il mondo e nello stesso tempo di cadere in varie trappole e inganni. E’ schiavo degli appetiti, intestinali, ma non solo, anche sessuali. E’ un ladro (di luce, come Corvo; di fuoco, come Prometeo, trickster tra l’altro un po’ stupido; di vacche, come Hermes ai danni di Apollo; di mele dell’immortalità, come Loki figlio di un dio e di un gigante, cioè di un essere terribilmente nemico degli dei; di pesche dell’immortalità, come Scimmiotto, memorabile trickster picaresco del poema cinese “Viaggio in Occidente”, che ne fa da vendere e da perdere, finché pure Buddha si deve scomodare per tenerlo rinchiuso da qualche parte, ma invano. E’ un burlone, come l’africano Eshu, che durante la creazione fa ubriacare qualche dio e così alcuni uomini nascono storpi ciechi e deformi. E’ tonto ed è astutissimo insieme, come nella varie vicende di Coyote, capace di fare trappole, di caderci dentro, di evitarle ecc. E’ un essere del Limite. Un viandante, vagabondo, on the road, che viaggia sempre, dappertutto, sulla terra, fra il giorno e la notte, sale al cielo, scende agli inferi (Hermes lo fa per riportare Persefone alla madre Demetra), sta sempre nei confini, a volte li crea, per varcarli
E’ uno specialista della trasgressione di qualcosa, finalizzata a dare sviluppo e cambiamento a una situazione cosmologica di stallo (Loki uccide col vischi, per gioco, il dio Baldr, bello apollineo ma inetto, e scatena l’apocalisse norrena, tremenda). E’ poi un grande bugiardo, spesso, ingannatore (trickster appunto), manipolatore, fabbricatore dell’artificio, della doppiezza.
Il trickster si presenta come archetipo che dal mito sacro continua a vivere nei romanzi e nei film della nostra cultura (i picari, i truffatori ecc)
”Le arti della caccia e quelle del cucinare la carne appartengono alle origini del tempo, quando il trickster era impegnato in primo luogo a plasmare il mondo. Ma egli non ha abbandonato la scena. L’eroe culturale trickster è sempre presente. Le sue azioni apparentemente asociali continuano a tenere vivo questo nostro mondo, assicurandogli la flessibilità necessaria per durare […] le origini, la vitalità e la durevolezza delle culture richiedono che vi sia spazio per figure la cui funzione è quella di svelare e disgregare i dogmi assoluti su cui esse si basano. […] I trickster sono figure asociali o antisociali appartenenti al sacro, essenziali per la vita sociale.” (HYDE, p. 17)
[continua]