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lunedì 21 ottobre 2024

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 21 ottobre.
Il 21 ottobre 1860 ebbe luogo il Plebiscito per l'annessione del Sud d'Italia al Regno di Sardegna.
Era il 21 ottobre del 1860, si doveva sancire nella forma e nella legittimità giuridica l'aggressione armata delle camicie rosse garibaldine prima e dell'esercito irregolare piemontese poi alle Due Sicilie.
Una farsa, che diede poi il nome alla piazza più grande di Napoli, che all'epoca si chiamava Largo di Palazzo. Fu nell'attuale piazza del Plebiscito, a ridosso della chiesa di San Francesco, che si piazzarono le urne principali in legno che, sul lato anteriore, portavano ben chiaro e in evidenza un sì e un no. Roba da inorridire, oggi. L'elettore, guardato a vista da garibaldini e camorristi armati, doveva inserire la sua scheda in un'urna che rendeva riconoscibile la sua volontà.
In molte zone dell'Italia meridionale, risultò un numero di votanti maggiore degli abitanti. Votarono i garibaldini delle legioni straniere, come inglesi e ungheresi. Non esisteva un elenco degli elettori, bastava presentarsi e inserire la scheda nell'urna. Tanti si presentavano più di una volta, senza che nessuno fiatasse. L'alibi era che si trattava di un Plebiscito aperto a tutti, senza restrizioni. Letterati come analfabeti. Poveri come ricchi. Peccato che poi, nel gennaio successivo, quando si doveva fare sul serio per eleggere i deputati al primo Parlamento italiano, si applicò la legge piemontese, che dava diritto al voto a poco più di 400.000 persone in un Paese di 21 milioni di abitanti.
Era la celebrata monarchia costituzionale dell'epoca. Sei giorni prima del Plebiscito, Garibaldi aveva già firmato il decreto numero 275 che dichiarava le Due Sicilie "parte integrante dell'Italia". L'ambasciatore inglese Henry Elliot disse che "appena 19 tra 100 votanti sono rappresentati dalle votazioni in Sicilia e Napoli, ad onta di tutti gli artifizi e violenze usate". E il ministro degli Esteri britannico, lord John Russel, fu ancora più severo: "Questi voti sono una mera formalità dopo una ben riuscita invasione. Non implicano l'esercizio indipendente della volontà della nazione".
Dominò la paura in chi si presentò al voto. Molti furono costretti ad andarci per fare numero. Le bastonate dei camorristi convincevano gli illusi sulla libertà del voto. Alla fine, nelle province napoletane i numeri ufficiali diedero 1.302.064 sì, con soli 10.302 no. Cose turche, potrebbe dirsi oggi. In Sicilia, dove anche la mafia con i gabellieri dei baroni latifondisti fece la sua parte, andò ancora peggio: 432.053 sì e solo 709 no. Così, giuridicamente l'Italia fu dichiarata unita per volontà popolare, dando patente di legalità ad un'invasione armata di uno Stato straniero in buoni rapporti diplomatici con quello invaso e senza alcuna dichiarazione di guerra.
Alla fine, su quel "peccato originale" appaiono, meglio di altre, illuminanti le parole e la descrizione di Tomasi di Lampedusa nel suo splendido romanzo, quando racconta il Plebiscito a Donnafugata. I no erano risultati zero, eppure Ciccio Tumeo, fattore del Gattopardo, contrario all'annessione, mostra la sua rabbia proprio a don Fabrizio: "No, cento volte no. Ricordavo quello che mi avevate detto: la necessità, l'inutilità, l'unità, l'opportunità. Avrete ragione voi ma io di politica non me ne sento. Lascio queste cose agli altri. Ma Ciccio Tumeo è un galantuomo, povero e miserabile, coi calzoni sfondati e il beneficio ricevuto non lo aveva dimenticato; e quei porci in Municipio s'inghiottono la mia opinione, la masticano e poi la cacano via trasformata come vogliono loro". Così l'Italia unita ebbe la sua consacrazione giuridica.

domenica 20 ottobre 2024

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 20 ottobre.
Il 20 ottobre 1968 l'ex first lady Jackeline Kennedy (moglie di JFK) sposava il potente armatore greco Aristotele Onassis, di 23 anni più grande. Per lei lasciò Maria Callas e sottoscrisse un accordo pre-matrimoniale da 170 clausole
Cinquantun'anni dalle nozze tra Jackie Kennedy e Aristotele Onassis. Era il 20 ottobre 1968 quando sulla privatissima isola greca di Skorpios si celebrò uno dei matrimoni più famosi e discussi del secolo scorso. Sia per gli incroci di potere che avrebbe generato l'unione tra l'ex first lady e uno degli uomini più ricchi e potenti del mondo, sia per la storia personale dei due.
Jackie Kennedy era una delle donne più amate del mondo. Il suo carisma, già unico ai tempi del matrimonio con JFK, uscì rafforzato dopo il tragico assassinio del presidente avvenuto a Dallas il 22 novembre 1963. Il popolo che prima amava la first lady per la sua bellezza, la sua cultura e la sua impeccabile eleganza, si innamorò ancora di più di una donna che condivideva col mondo un dolore così grande. Se ne accorse anche il cognato Bob che nel 1968 era in piena corsa (vincente) per la presidenza degli Stati Uniti, e che nel giugno di quell'anno rimase ucciso in un attentato a Los Angeles. Jackie frequentava già Onassis, di 23 anni più vecchio di lei, e dovette promettere al cognato che non avrebbe sposato l'armatore greco fino al termine delle elezioni presidenziali per evitare una perdita di consenso popolare. Non ce ne fu bisogno: Bob non arrivò al giorno del voto e il 20 ottobre Jackie disse sì ad Aristotele. Classe 1906, Onassis rappresentò una delle prime declinazioni di self made man. Proveniente da una famiglia umile, riuscì a creare un impero grazie a una serie di operazioni commerciali non sempre trasparenti, ma che lo portarono a vendere imbarcazioni pesanti a diversi paesi del mondo, attività che proseguì anche durante gli anni della Seconda Guerra Mondiale. Per sposare Jackie, il vecchio Ari lasciò la cantante lirica più amata di tutti i tempi, Maria Callas, incontrata dopo il divorzio dalla prima moglie Athina.
Se l'amore tra Onassis e Callas riempì l'immaginario popolare e le pagine dei rotocalchi di tutto il mondo come una delle storie più passionali e tormentate dello scorso secolo, ben più asettico sembrerebbe essere stato il legame tra l'armatore e l'ex first lady. Dopo la morte di Bob, Jackie lasciò gli Stati Uniti temendo per la propria incolumità e quella dei suoi due figli, John John e Caroline. Le braccia e il potere di Onassis sembravano essere il luogo più sicuro contro possibili minacce all'ex moglie e agli eredi del 35esimo presidente americano. Per sposare Onassis, la cattolicissima Jackie si era convertita alla Chiesa ortodossa greca, subendo due scomuniche per apostasia e concubinaggio. Per sposare l'ex first lady, l'armatore accettò un accordo prematrimoniale da 170 clausole che costruiva una fortezza economica immensa intorno alla futura moglie e ai suoi figli. Tra i punti c'era una dote da 600mila dollari per i viaggi, il piacere, la sicurezza di Jackie e dei suoi bambini. A questa cifra si dovevano aggiungere i regali costosi che il magnate avrebbe dovuto garantire alla futura moglie per le ricorrenze più importanti. In caso di separazione, per scelta di lui, Onassis avrebbe dovuto versare alla moglie 9,6 milioni di dollari all'anno per ogni anno di matrimonio. In caso fosse stata Jackie a lasciare il marito la cifra diventava un forfait da 18 milioni di dollari. Tra le clausole erano presenti anche quelle che imponevano camere da letto separate, usi esclusivi degli immobili nelle varie città del mondo e un lascito da 42 milioni di dollari in caso di morte del marito.
Onassis morì il 15 marzo 1975, Jackie ottenne solamente 26 milioni di dollari dal momento che la legislazione greca imponeva un limite ben preciso alla somma che un cittadino straniero poteva ereditare. Al mito di Jackie Kennedy si affiancava per sempre quello di Jackie O, una diva del jet set mondiale rimasta tale fino alla fine: l'ex first lady morì a New York il 19 maggio del 1994 all'età di 64 anni. Fu seppellita al cimitero nazionale di Arlington, Virginia, al fianco dell'ex marito JFK. Sulla sua lapide l'incisione "Jacqueline Bouvier Kennedy Onassis".

sabato 19 ottobre 2024

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 19 ottobre.
Il 19 ottobre 1469 si uniscono in matrimonio Isabella di Castiglia e Ferdinando II d'Aragona.
I due giovani sposi si erano conosciuti di persona solo pochi giorni prima, giungendo nella città castigliana di Valladolid in clandestinità e in povertà, con un re disposto a far incarcerare la sposa, che era sua sorella e la sua giovane erede, e a eliminare di nascosto il giovane principe suo sposo. Con denaro preso in prestito e grazie al via libera di una falsa bolla papale, in una mattina del 19 Ottobre 1469, in casa di amici fedeli erano uniti in nozze lei, Isabella di Castiglia e lui, Ferdinando d’Aragona, futuri “Reyes Catòlicos” e primi sovrani di ciò che sarebbe divenuto il Regno di Spagna. Come mai sposarsi di nascosto e falsificando una bolla papale? Poteva un matrimonio essere tanto importante da far rischiare la pelle al futuro re d’Aragona e alla futura regina di Castiglia?
Anticamente, la Spagna era divisa in vari regni cristiani, che avevano fatto della Reconquista e della cacciata del moro dalla penisola iberica la loro ragione di vita. Nel corso del medioevo la spinta verso il sud islamico era diventata una vera e propria migrazione armata verso la costa meridionale, guidata dalle armate dei regni di Portogallo, Castiglia e Aragona. Il Portogallo e l’Aragona terminarono la reconquista raggiungendo rispettivamente le coste atlantica e del mediterraneo, e mentre il Portogallo volse le proprie energie all’esplorazione delle coste africane,  l’Aragona iniziò a creare impero mercantile sulle coste del mediterraneo occidentale.
In Catalogna, la parte più ricca del regno aragonese, i mercanti di Barcellona divennero talmente potenti da riuscire a imporre al sovrano una sorta di sistema costituzionale che imponeva alla monarchia di coinvolgere le assemblee catalane nella formazione delle leggi. Questo sistema fece la fortuna del regno d’Aragona e della regione Catalana, unendo libertà e prosperità.
In maniera totalmente differente si era evoluta la Castiglia, dove il continuo sforzo militare contro gli arabi di Spagna aveva forgiato una società incentrata su un’economia di pastorizia e su una potente aristocrazia guerriera (poco incline al commercio e all’esaltazione del lavoro manuale), scarsamente disponibile a obbedire al sovrano.
I tre regni alternavano alla gestione dei propri affari fuori dall’Hiberia a innumerevoli conflitti fra loro, e nonostante che dal 1412 il regno di Castiglia e quello d’Aragona condividessero la medesima dinastia regnante, quella dei Trastamara, non sembrava probabile (per quanto fosse possibile) che la penisola riuscisse a riunirsi sotto un unico sovrano, né che i popoli ispanici mettessero da parte le rispettive antipatie.
Con la prosperità giunse anche l’ambizione, e i Re d’Aragona iniziarono a espandersi in Italia, prendendo possesso via via della Sicilia, della Sardegna e del Regno di Napoli. Questo, unitamente alla lunga decadenza economica che colpì l’area di Barcellona in seguito alla Peste Nera, allontanò sempre di più le esigenze del ceto mercantile (Bisognoso di sostegno e di pace) dal Re d’Aragona (Sempre più bisognoso di denaro e di tasse per la propria politica militare ed espansionistica in Italia).
Il culmine dello scontro era stato raggiunto nel 1462 con lo scoppio della guerra civile fra i sostenitori di Giovanni II d’Aragona, padre di Ferdinando, e i grandi mercanti che dominavano la società catalana. In questa situazione era fondamentale per Giovanni II rafforzare la posizione della monarchia, e il modo migliore per farlo era maritare il figlio Ferdinando con la traballante erede al trono castigliano, Isabella.
In Castiglia le cose non andavano meglio. Governato da Enrico IV, il regno aveva appena vissuto una fase d’instabilità che aveva visto il Re di Castiglia obbligato a riconoscere nel 1468 le pretese al trono della sorella Isabella contro la volontà di assicurare la successione alla figlia Juana “La Beltraneja”, erede considerata illegittima, e di dare la sorella in sposa a un altro pretendente, il re del Portogallo Alfonso V.
Isabella di Castiglia preferì scegliere il giovane Ferdinando d’Aragona, dalla fama di valoroso condottiero e con un regno veramente bisognoso del suo aiuto, rispetto al vecchio re Alfonso V, potente, ricco e potenzialmente in grado di ripudiarla al primo guaio. Ma bisognava agire in fretta, prima che Enrico IV cambiasse idea sulla propria erede. Da qui il matrimonio clandestino, ed il rischio del carcere per lei e della vita per lui.
Quando Enrico IV venne a sapere del matrimonio, ne fu così sconvolto da riconoscere come propria erede l’illegittima Juana “La Beltraneja”. Di fatto ciò diede il via a una lunga guerra di successione al trono castigliano, a cui porre termine non bastò neppure la morte, nel 1474, di Enrico IV, sostituito poi da Re Alfonso V, subito sollecito nell’appoggiare le pretese dinastiche di Juana “La Beltraneja”, che il re aveva pensato di sposare.
Qui si dimostrarono fondamentali per la vittoria di Isabella l’audacia e il valore militare del novello sposo Ferdinando, che subito si dimostrò un’eccellente comandante, in grado di tenere testa sia ai riottosi nobili castigliani che sostenevano le pretese di Juana, sia le armate di Alfonso V. Entro la fine del 1479, “La Beltraneja” era sconfitta, e l’unione delle due coroneera suggellata in Isabella di Castiglia e Ferdinando d’Aragona, primi sovrani di ciò che sarebbe stata la Spagna.

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