Cerca nel web

lunedì 17 marzo 2025

#AlmanaccoQuotidiano, a cura di #MarioBattacchi


 Buongiorno, oggi è il 17 marzo.

Il 17 marzo 1861 veniva ufficialmente proclamato il Regno d'Italia.

«Il Senato e la Camera dei Deputati hanno approvato; noi abbiamo sanzionato e promulghiamo quanto segue: Articolo unico: Il Re Vittorio Emanuele II assume per sé e suoi Successori il titolo di Re d’Italia. Ordiniamo che la presente, munita del Sigillo dello Stato, sia inserita nella raccolta degli atti del Governo, mandando a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato. Da Torino addì 17 marzo 1861».

Queste parole rappresentano il testo della legge n. 4671 del Regno di Sardegna. Pochi giorni dopo quel 17 marzo, lo stesso testo sarebbe diventato la legge n. 1 del Regno d’Italia. Era nato un Regno, era nato uno Stato unitario laddove, appena un paio d’anni prima, ve n’erano addirittura sette.

Il primo dato che emerge dall’analisi del testo è che il numerale che accompagna il nome del sovrano non viene modificato: è sempre Vittorio Emanuele II, non I come avrebbe voluto larga parte dell’opinione pubblica patriottica. Il dato è significativo e tutt’altro che simbolico. “Vittorio Emanuele I” avrebbe sottolineato la specificità e la novità dell’Italia unita. “Vittorio Emanuele II”, invece, significava implicitamente che il nuovo Stato era l’allargamento territoriale del Regno di Sardegna e delle sue istituzioni.

La reazione internazionale alla proclamazione del Regno fu repentina e, in alcuni casi, entusiastica. Il nuovo Stato venne riconosciuto, nel volgere di poche settimane, dai governi svizzero, britannico e statunitense. Questi guardavano infatti con favore alla creazione di uno Stato mediterraneo abbastanza popoloso (oltre 22 milioni di abitanti) che fosse in grado di dare stabilità all’intero continente, attraversato in quegli anni dalla lotta tra Francia e Austria per il controllo dell’Europa meridionale e dalla contrapposizione franco-britannica per il dominio delle rotte mediterranee.

Il Regno d’Italia era stato dunque “generato” da una decisione presa dal Parlamento riunito a Torino, nella sede di Palazzo Carignano. I suoi rappresentanti erano stati eletti pochi mesi prima, nel gennaio dello stesso anno, e la loro provenienza già aveva attestato la realizzazione, de facto, dell’Unità. Le elezioni si erano infatti tenute in tutte quelle regioni che, attraverso i plebisciti, nel corso dell’anno precedente avevano chiesto l’annessione al Regno sabaudo.

In quel Parlamento una grande maggioranza degli eletti si riconosceva apertamente nelle posizioni politiche di Camillo Benso di Cavour. E, infatti, fu proprio il conte piemontese a ricoprire, per primo, la carica di presidente del consiglio dei ministri del Regno d’Italia. In quell’esecutivo il conte ricopriva anche i dicasteri della Marina e, soprattutto, degli Esteri. Gli altri ministri erano specchio dell’unità appena dichiarata. Alla Giustizia un piemontese (Cassinis), all’Agricoltura un siciliano (Natoli), alla Guerra un emiliano (Fanti), alle Finanze un livornese (Bastogi) e ai Lavori pubblici un fiorentino (Peruzzi), all’Istruzione un napoletano (De Sanctis).

Ma, improvvisamente, ad appena una decina di settimane dalla proclamazione dell’Unità, Cavour, il principale architetto dell’Unità, moriva a soli 51 anni nella sua residenza di famiglia, probabilmente stroncato dalla malaria (a dispetto delle tesi complottiste succedutesi nel tempo). Decine di migliaia di persone parteciparono ai suoi funerali in piazza San Carlo, a Torino. L’intero  paese aveva perso, forse nel momento di maggior bisogno, uno statista le cui qualità sarebbero state rimpiante da molti.

domenica 16 marzo 2025

#AlmanaccoQuotidiano, a cura di #MarioBattacchi


 Buongiorno, oggi è il 16 marzo.

Il 16 marzo 2010 un incendio distrugge le tombe di Kasubi in Uganda, uno dei luoghi Patrimonio dell'Umanità UNESCO.

Le tombe di Kasubi si trovavano sulle colline del distretto di Kampala, in Uganda. Quattro tombe reali erano situate in un edificio chiamato Muzibu Azaala Mpanga, di forma circolare e coperto da una cupola di stoppia. Il sito è considerato un importante centro spirituale per gli abitanti della regione e perciò attira un numero considerevole di turisti. Le tombe sono un patrimonio dell'umanità a partire dal 2001. Sono considerate resti esemplari dell'architettura dei popoli del Buganda.

Il recinto reale di Kasubi Hill fu costruito nel 1881. Conosciute anche come tombe dei Ssekabaka, queste sono le tombe reali dove quattro Kabakas sono tuttora sepolti.

I quattro kabakas (re) sepolti al sito sono:

Muteesa I di Buganda (1835–1884)

Mwanga II di Buganda (1867–1903)

Daudi Cwa II di Buganda (1896–1939)

Mutesa II di Buganda (1924–1969)

Il 16 marzo 2010, verso le 20:30 ora locale, le tombe di Kasubi sono state quasi completamente distrutte da un incendio. La causa dell'incendio è ancora sconosciuta. Il regno di Buganda ha promesso di condurre indagini accanto alle forze di polizia nazionali. 

Il 17 marzo 2010, il Kabaka di Buganda, Muwenda Mutebi II, e il Presidente dell'Uganda, Yoweri Museveni, hanno visitato il sito delle tombe. Centinaia di persone hanno viaggiato verso il sito per aiutare a recuperare qualsiasi cosa sia rimasta di esso. Durante la visita del Presidente, sono scoppiati dei tumulti. Le forze di sicurezza hanno ucciso due rivoltosi e cinque sono stati feriti. I soldati ugandesi e la polizia si sono scontrati anche con i rivoltosi nella città-capitale di Kampala. Le forze hanno usato i lacrimogeni per disperdere i rivoltosi del Baganda gruppo etnico.

La distruzione è arrivata sulla scia di un rapporto imbarazzante tra il governo dell'Uganda e il Regno di Buganda, in particolare dopo le sommosse del settembre 2009. In vista di questi disordini, i rivoltosi sono stati arrestati e posti in attesa di giudizio.

Per fortuna, tutto quello che c'era all'interno della struttura è ancora intatto. L'amministrazione del Regno di Buganda ha promesso allora di ricostruire le tombe, e il presidente Museveni ha detto che il governo nazionale parteciperà al restauro.

I lavori, finanziati dal Giappone, hanno avuto inizio nel 2014 e sono terminati a settembre del 2023. 

sabato 15 marzo 2025

#AlmanaccoQuotidiano, a cura di #MarioBattacchi


 Buongiorno, oggi è il 15 marzo.

Il 15 marzo 2019 milioni di studenti in tutto il mondo scendono in piazza a difesa del clima, ispirati da Greta Thumberg e dai suoi "Fridays for future".

Il movimento ispirato dalla giovane svedese Greta Thunberg porta in piazza i giovani di tutto il mondo per ribadire l’urgenza di interventi che abbiano un reale impatto sul cambiamento climatico e che garantiscano la sostenibilità ambientale.

Sono oltre 1.300 nel mondo le località (e quasi 100 i Paesi) in cui gli studenti sono scesi in piazza, il 15 Marzo 2019, per richiamare gli adulti alle loro responsabilità in materia di cambiamento climatico. Una mobilitazione senza precedenti, soprattutto per l’età media dei partecipanti: andarono in manifestazione bambini dall’età del nido fino all’università. Gli studenti di tutto il mondo hanno risposto in modo inaspettato alla chiamata di chi sa che non c’è più un minuto da perdere.

Il movimento #FridaysForFuture è nato nell’agosto del 2018, su ispirazione della allora 16enne svedese Greta Thunberg che da settembre sostava, ogni venerdì, davanti al Parlamento del suo Paese, per protestare contro la mancanza di iniziative concrete che potessero fermare il cambiamento climatico.

La giovane - che ha una storia personale commovente e che ha trovato nella causa del clima la forza per superare una forma di mutismo selettivo che l’aveva colpita nell’infanzia – è diventata la testimonial di una campagna che sembra acquisire forza giorno dopo giorno e che si propone di andare avanti finché non saranno messe in atto le misure per il contenimento del riscaldamento globale al di sotto dei 2 °C di aumento previsti dagli accordi di Parigi. 

E l’esempio è ancora più efficace dal momento che Greta Thunberg ha applicato innanzitutto a se stessa i principi di sobrietà che sono necessari a ridurre l’impatto antropico sul clima: è vegana, non viaggia più in aereo ma solo in treno e cerca di ridurre al massimo i consumi non strettamente necessari.

“È in gioco il futuro del Pianeta, il nostro futuro” ha dichiarato. “E non possiamo aspettare che sia la mia generazione a prendere il potere: sarà troppo tardi per la Terra. Dovete agire voi adulti, adesso. Stiamo segando il ramo dell’albero su cui siamo seduti”.

In molti Paesi, soprattutto nel Nord Europa, i dirigenti scolastici hanno aderito ufficialmente alla protesta: i ragazzi sono andati in piazza senza che la loro assenza da scuola venisse conteggiata. In altri, tra cui l’Italia, la mobilitazione è stata lasciata alla libera scelta dei singoli.

Per le scuole, e in generale per il mondo dell’educazione, si è trattata comunque di una grande opportunità per far entrare il tema del cambiamento climatico e della sostenibilità ambientale nelle aule scolastiche, fornendo ai giovani, sempre pronti a mettersi in gioco in prima persona, anche le conoscenze teoriche e pratiche per rendere la loro azione più incisiva.

Le nuove generazioni, dice il movimento #FridaysForFuture, sanno che è necessario agire, e in fretta: gli adulti saranno capaci di ascoltare la saggezza che viene dai più giovani?

Cerca nel blog

Archivio blog