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venerdì 13 giugno 2025

#AlmanaccoQuotidiano, a cura di #MarioBattacchi


 Buongiorno, oggi è il 13 giugno.

Il 13 giugno 1878 ebbe inizio il Congresso di Berlino.

Il Congresso di Berlino ebbe luogo nella capitale tedesca nei giorni che andarono dal 13 giugno al 13 luglio dell’anno 1878, presso il Palazzo della Cancelleria nella Wilhelmstraße, una delle vie dello shopping più famose della Germania. Durò un intero mese, tra numerose riunioni di commissioni, feste e banchetti e dopo venti sessioni plenarie.

Il primo giorno il Cancelliere tedesco Otto von Bismarck venne eletto Presidente del Congresso su proposta del delegato austriaco Gyula Andrà¡ssy. A promuoverlo fu l’Austria, che lo propose alle altre potenze europee con lo scopo di rettificare il Trattato di Pace di Santo Stefano con cui la Russia, dopo aver sconfitto la Turchia nella Guerra russo-turca del 1877-1978, aveva accresciuto il proprio potere nei Balcani.

La destinazione dei territori turchi alle nazioni europee stabilita in precedenza con il Trattato di Pace di Santo Stefano fu dunque rettificata con il Congresso di Berlino e i successi russi vennero ridimensionati: Romania, Serbia, Montenegro e Bulgaria restarono indipendenti, la Bosnia-Erzegovina venne affidata all’Austria, Cipro passò nelle mani della Gran Bretagna e la Russia dovette accontentarsi della Bessarabia.

Questi nuovi negoziati furono poco graditi ai russi e incrinarono le relazioni tra i membri della Lega dei tre imperatori, l’accordo politico siglato nel 1873 tra Germania, Austria-Ungheria e Russia. Altro episodio spartiacque fu la Conferenza di Berlino del 1884-1885, anche detta Conferenza dell’Africa Occidentale o Conferenza sul Congo.

La Conferenza di Berlino fu voluta dalla Germania per organizzare in modo regolamentato le numerose iniziative europee nella zona.

Bismark invitò Francia, Gran Bretagna, Portogallo, Paesi Bassi, Belgio, Spagna e Stati Uniti con l’ipotetico scopo di tracciare le linee per regolare il commercio europeo nel centro-ovest africano, nell’area dei fiumi Congo e Niger.

L’intenzione iniziale, però, sfociò presto in un bisogno di consolidamento delle sfere di influenza che portò le potenze europee a proclamare propri possedimenti all’interno del territorio occupato. Negli atti ufficiali, infatti, Bismark si limitò a sancire un insieme di regole commerciali e umanitarie, alludendo alla colonizzazione solo in relazione alla zona costiera.

Nei fatti, invece, dominò la regola per cui una potenza con possedimenti sulla costa aveva il diritto all’entroterra limitrofo. La Germania ottenne così il Camerun e un protettorato su quella che poi divenne l’Africa Orientale Tedesca.

Le altre nazioni, specialmente Francia e Gran Bretagna, lottarono per la conquista di nuovi spazi del continente africano. Ciò portò alla cosiddetta “corsa all’Africa", nota in inglese con il termine scramble for Africa, un proliferare di rivendicazioni degli stati europei sulla terra africana, una vera e propria spartizione dell’Africa durata dal 1880 alla Prima Guerra Mondiale.

All’interno di questo quadro storico l’Italia non giocò un ruolo importante. Già  prima del Congresso di Berlino la nostra nazione aveva sperato di ottenere l’annessione del Trentino con l’occupazione austriaca della Bosnia. Ciò però non avvenne e lo stato italiano tornò a casa senza risultati, finché nel 1882 si legò a Bismark con la Triplice Alleanza, il patto militare stipulato a Vienna tra Regno d’Italia, Germania e Austria per contrastare soprattutto l’avanzata francese.

L’Europa dopo il Congresso di Berlino cambiò e portò a quella corsa all’Africa e quell’inasprirsi dei rapporti tra le grandi potenze che furono tra le cause dello scoppio del Primo Conflitto Mondiale.

giovedì 12 giugno 2025

#AlmanaccoQuotidiano, a cura di #MarioBattacchi


 Buongiorno, oggi è il 12 giugno.

Il 12 giugno è la Giornata Internazionale Contro il Lavoro Minorile.

Se vivessero tutti in unico Paese, costituirebbero il nono Stato più popoloso al mondo, più del doppio dell’Italia, più grande anche della Russia: sono i 152 milioni di minori tra i 5 e i 17 anni, 1 su 10 al mondo, vittime di sfruttamento lavorativo, di cui quasi la metà – 73 milioni – costretti a svolgere lavori duri e pericolosi, che ne mettono a grave rischio la salute e la sicurezza, con gravi ripercussioni anche dal punto di vista psicologico.

Sessantaquattro milioni di bambine e 88 milioni di bambini, che si vedono sottrarre l’infanzia alla quale hanno diritto, allontanati dalla scuola e dallo studio, privati della protezione di cui hanno bisogno e dell’opportunità di costruirsi il futuro che sognano. In più di 7 su 10 vengono impiegati in agricoltura, mentre il restante 29% lavora nel settore dei servizi (17%) o nell’industria, miniere comprese (12%).

Una piaga che non risparmia neppure il nostro Paese dove, solo negli ultimi due anni, sono stati accertati più di 480 casi di illeciti riguardanti l’occupazione irregolare di bambini e adolescenti, sia italiani che stranieri, di cui più di 210 nei servizi di alloggio e ristorazione, 70 nel commercio all’ingrosso o al dettaglio, più di 60 in attività manifatturiere e oltre 40 in agricoltura. Un numero, tuttavia, senza dubbio sottostimato a causa della mancanza, nel nostro Paese, di una rilevazione sistematica in grado di definire i contorni del fenomeno. Basti pensare che secondo l’ultima indagine sul lavoro minorile in Italia, diffusa da Save the Children e Associazione Bruno Trentin nel 2013, i minori tra i 7 e i 15 anni coinvolti nel fenomeno erano stimati in 260.000, più di 1 su 20 tra i bambini e gli adolescenti della loro età.

“Ancora troppi bambini, nel mondo, anziché andare a scuola e vivere a pieno la loro infanzia, oggi sono costretti a lavorare in condizioni difficilissime, sottoposti a sforzi fisici inappropriati per la loro età, a orari massacranti anche di 12-14 ore al giorno e a gravissimi rischi per la loro salute, sia fisica che mentale. 

Nonostante i progressi significativi compiuti negli ultimi 20 anni, il mondo è ancora lontano dal raggiungere l’obiettivo di sradicare ogni forma di lavoro minorile entro il 2025, come previsto negli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite, e in base al trend attuale, in quella data, vi saranno ancora 121 milioni di minori vittime di sfruttamento lavorativo.

Anche in Italia c’è ancora molto da fare per mettere fine allo sfruttamento lavorativo di cui sono vittime bambini e adolescenti, a partire dalla necessità di istituire una raccolta dati, sistematica e puntuale, che permetta di avere un quadro preciso del fenomeno. È inoltre fondamentale e urgente che le istituzioni rafforzino l’impegno per contrastare la povertà minorile e la dispersione scolastica, fenomeni entrambi strettamente collegati al lavoro minorile, e da questo punto di vista il livello di dispersione scolastica che dopo molti anni è ritornato a crescere non può che rappresentare un preoccupante campanello d’allarme.

Del totale dei minori vittime di sfruttamento lavorativo oggi presenti al mondo - sottolinea Save the Children - 79 milioni hanno tra i 12 e i 17 anni di età, mentre 73 milioni sono molto piccoli, tra i 5 e gli 11 anni, e quindi ancor più vulnerabili ed esposti al rischio di conseguenze sul loro sviluppo psico-fisico. Quasi la metà del totale (72 milioni) si trova in Africa, con Mali, Nigeria, Guinea Bissau e Ciad che fanno registrare le percentuali più alte di bambini tra i 5 e i 17 anni coinvolti nel lavoro minorile. In questi Paesi, infatti, lavora più di 1 bambino su 2; quasi 1 su 3 (29%) se si considera l’area dell’Africa subsahariana dove, rispetto al passato, la lotta al lavoro minorile non soltanto non ha fatto registrare alcun miglioramento ma, al contrario, ha visto un incremento del fenomeno.

Complessivamente negli ultimi vent’anni sono stati tuttavia compiuti significativi passi avanti per contrastare il fenomeno, come evidenziato sul recente “Rapporto sulla condizione dei bambini nel mondo”. Nel 2000, infatti, il lavoro minorile coinvolgeva 246 milioni di bambine e bambini, 94 milioni in più rispetto alla situazione attuale. Progressi che hanno riguardato in particolar modo i minori tra i 12 e i 17 anni, con un tasso calato del 42% rispetto al 2000, mentre si è ridotto in misura minore il numero di minori tra i 5 e gli 11 anni (passati da 110 milioni nel 2000 ai 73 milioni di oggi).

In Asia centrale ed Europa orientale i progressi maggiori, con l’Uzbekistan che ha tagliato il tasso di lavoro minorile del 92% e l’Albania (dove oggi è vittima di lavoro minorile il 5% dei minori) del 79%. Restando in Asia, anche Cambogia e Vietnam si segnalano per aver ridotto nettamente, rispetto a 20 anni fa, il numero di minori coinvolti nel fenomeno, rispettivamente con una riduzione del 78 e del 67 percento. Volgendo infine lo sguardo all’area del Sud America e dei Caraibi, dove attualmente oggi più di 1 bambino su 10 è coinvolto nel lavoro minorile, notevoli progressi sono stati compiuti in particolare dal Brasile che ha ridotto dell’80% rispetto al 2000 il tasso di lavoro minorile relativo alla fascia di età 5-14 anni, sebbene nel Paese oggi vi siano ancora 1 milione di minori costretti a lavorare. Decisi passi in avanti compiuti anche in Messico, dove il tasso (per la fascia di età 5-14 anni) si è ridotto dell’80% rispetto a vent’anni fa, passando dal 24% al 5%, con oltre 3 milioni di bambini tuttavia ancora intrappolati nella piaga del lavoro minorile.

mercoledì 11 giugno 2025

#AlmanaccoQuotidiano, a cura di #MarioBattacchi


 Buongiorno, oggi è l'11 giugno.

L'11 giugno 1993 esce nelle sale americane Jurassic Park.

Maestoso; questo è l’aggettivo che viene in mente pensando a Jurassic Park del 1993 di Steven Spielberg, un film che ha saputo incredibilmente interpretare il ruolo di gigante degli anni ’90 basandosi su fondamenta solide e letterarie. Tratto da un romanzo di Michael Crichton, Jurassic Park è il punto di arrivo di tutto un filone classico di film sui giganti del passato, basti pensare agli anni ’30 e ’40 quando il cinema pullulava di film sui dinosauri con goffi e simpatici effetti speciali. Il parco dei “divertimenti” allestito dal genio di Spielberg invece non manca di spettacolarità e clamore scenico, spazzando via la concorrenza con una grandissima interpretazione degli effetti speciali. Nela scena dove il Brachiosaurus irrompe con il suo verso notiamo l’espressione attonita e meravigliata dei protagonisti della pellicola quasi a voler sottolineare il radicale cambiamento di intendere il cinema, l’estasi quasi mistica dello spettatore. Il catastrofismo di Crichton viene perfettamente trasposto da Spielberg che riesce ad amalgamare bene l’intenzione e il messaggio finale dello scrittore; la macchina non è uno strumento affidabile e prima o poi si ribella al volere del suo creatore. La felicità, nel giro di poco tempo, si trasforma in una disperata corsa alla sopravvivenza dove l’uomo, in poche ore, si ritrova ad occupare la parte più bassa della catena alimentare.

La storia narra del miliardario sognatore americano John Hammond (il compianto Richard Attemborough) e della sua “creatura”, il Jurassic Park, un parco a tema dove le creature che popolavano la terra milioni di anni fa si trovavano rinchiuse come all’interno di un grande zoo. La macchina ideata da John sembra funzionare perfettamente e anche il Prof. Grant (Sam Neill) assieme alle Prof.ssa Sattler (Laura Dern) e all’istrionico Prof. Malcolm (Jeff Goldblum) assistono estasiati al funzionamento di questo parco, seppur mostrando qualche riserva. Di questi Grant pone l’interrogativo più interessante:

Il mondo ha subito cambiamenti così radicali che corriamo per tenerci al passo. Non voglio affrettare conclusioni ma dico… i dinosauri e l’uomo… due specie separate da 65 milioni di anni di evoluzione, vengono a trovarsi gettati nella mischia insieme. Come potremo mai avere la ben che minima idea di che cosa possiamo aspettarci?

Il quesito darà presto una terribile risposta; per via di un sabotaggio ad opera del malefico Nedry (Wayne Knight) il parco vedrà tutti questi incredibili animali liberi e ben presto la situazione precipiterà in un’autentica lotta. Starà all’istinto di sopravvivenza dei protagonisti prevalere su quello di caccia dei dinosauri, in particolare dei temibili T-Rex e Velociraptor.

Jurassic Park è un’avventura senza tempo, un film che non può mancare nello scaffale di un vero appassionato, una meravigliosa dimostrazione di come storia ed effetti possano convivere generando un meraviglioso mix finale. Da brividi il primo piano su Attemborough, mentre la musica sale di tono, egli esclama Benvenuti al Jurassic Park. Noi rimaniamo lì, seduti ed estasiati ancora una volta, quasi come il tempo non fosse mai passato, forse il punto più alto della carriera di Spielberg.

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