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giovedì 21 settembre 2023

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 21 settembre.
Il 21 settembre 1924 a Lainate si inaugura il primo tratto dell'Autostrada dei Laghi, la prima autostrada mai realizzata al mondo.
L’enorme incremento della mobilità personale che si è verificato (in Italia soprattutto nella seconda metà del XX secolo), con l’esplosione del fenomeno della motorizzazione di massa, ha da un lato sollecitato, e dall’altro è stato favorito da un parallelo, enorme sviluppo della rete stradale. L’automobile, con la sua promessa di comodità e velocità, ma con le sue esigenze di regolarità e standardizzazione dei percorsi (prerogative un tempo riservate solo alle ferrovie) ha favorito la nascita di strade a lei riservate, le auto-strade appunto, che in Italia hanno avuto uno straordinario sviluppo soprattutto dopo il 1960, ma che sono state “inventate” ben prima. In particolare Milano vanta un primato mondiale in questo campo, e vale quindi la pena di ripercorrere sinteticamente le vicende che portarono alla costruzione della prima autostrada italiana.
L’idea di una strada esclusivamente riservata ai veicoli a motore (niente carri e carretti a cavalli, quindi, niente biciclette o pedoni), dal fondo liscio e regolare, con curve di largo raggio e pendenze contenute, senza incroci, e per tutte queste caratteristiche percorribile pagando un pedaggio, nacque dopo la Prima Guerra Mondiale nella mente di un grande imprenditore milanese, Piero Puricelli, che sulle strade aveva costruito il suo successo e la sua fortuna. Egli era infatti il titolare della “Società Anonima Puricelli, Strade e Cave”, già a quel tempo solida e ben affermata come una delle maggiori del settore, e dalla quale sarebbe in seguito nata la “Italstrade SpA” (costruttrice di molte delle autostrade italiane).
Puricelli era un convinto sostenitore del trasporto automobilistico su strada e ne prevedeva il grande futuro sviluppo, probabilmente guardando a ciò che stava succedendo in altri paesi, in particolare negli Stati Uniti. A onor del vero, infatti, all’inizio degli anni ‘20 gli automezzi circolanti in Italia erano ancora molto pochi (circa 85.000 nel 1924, saliti a circa 222.000 nel 1929), ma in un’area fittamente popolata come la Lombardia, e su alcune direttrici stradali, il traffico, sia quello commerciale, sia quello turistico, era già abbastanza intenso da far intravedere, ad un imprenditore coraggioso come Puricelli, che fosse economicamente interessante la costruzione di una strada a pedaggio, a loro riservata. Si trattava in effetti di una scommessa, che necessitava di coraggio imprenditoriale per essere giocata, e che Puricelli vinse solo parzialmente; infatti dal punto di vista economico l’impresa si dimostrò perdente perché gli introiti dei pedaggi furono inferiori alle previsioni (e lo Stato dovette intervenire per salvare la situazione), ma dal punto di vista dei consensi, della immagine e dell’indirizzo dato al modo di costruire le strade, l’idea fu un grande successo.
Così il collegamento di Milano ai laghi prealpini, l’autostrada Milano-Laghi, costituì il primo esempio realizzato al mondo di strada riservata agli autoveicoli. Il sentimento di ammirazione e meraviglia che si destò per quest’opera è ben espresso da una cronaca di quegli anni, dallo stile un po’ pretenzioso, ma efficace:
“… strada ben tipica del ventesimo secolo: uniforme, disadorna, ma levigatissima, che taglia i campi dilungandosi come la guida di un corridoio d’albergo, evitando fino al possibile le curve ed ogni contatto, ogni intimità e ogni emozione, il pittoresco e il romantico; arida e muta come un’asta, precisa come una pagina d’orario, obbediente a una disciplina, la brevità, e a uno scopo, l’utilitarismo. E’ strada del ventesimo secolo, in conseguenza, anche per questo: che ai lati si assiepa e strepita con mille silenziosi richiami, con cento ingegnose trovate di réclame e accosta alla sua frigidità di prodotto di laboratorio la spregiudicata e illusoria festività del lunaparco.
E’ un che di mezzo tra la strada comune e la via ferrata, poiché il movimento vi è regolato con segnalazioni: banderuole verdi, arancione, rosse, ad ala fissa o manovrate alla mano, e fanali e fari luminosi di notte; e vi sono caselli e cantoniere: regole severe di marcia, sorveglianza di agenti montati su motocicletta; e si ha un servizio di biglietteria e di abbonamenti…”
I lavori di costruzione iniziarono ufficialmente nel marzo del 1923, e procedettero assai speditamente, tanto che la prima tratta, la Milano-Varese, fu inaugurata già nel settembre del 1924, mentre l’ultima tratta, da Gallarate a Vergiate fu aperta nel settembre del 1925. L’impresa era in realtà iniziata nel gennaio del 1922 con la pubblicazione di una relazione con la quale l’ing. Puricelli illustrava il suo progetto, che era già sufficientemente dettagliato da consentire di comprendere le caratteristiche ed i costi dell’opera. Esso trovò subito un notevole sostegno negli ambienti milanesi legati all’automobile (Touring Club Italiano e Automobile Club di Milano), che promossero la nascita di un comitato per sostenere l’opera presso il potere pubblico. La salita al potere di Mussolini, desideroso, dopo la marcia su Roma (ottobre 1922) di trovare occasioni per consolidare il consenso al suo Partito, accelerò l’iter degli avvenimenti, così che all’inizio di dicembre il Ministero dei Lavori Pubblici poteva già stipulare con la neo costituita “Società Anonima Autostrade”, con sede a Milano, la concessione per la costruzione di una rete stradale “riservata esclusivamente agli autoveicoli con ruote a rivestimento elastico”, d’allacciamento fra Milano ed i laghi Maggiore, di Como e di Varese. Nel breve volgere di un anno si era quindi passati dal lancio dell’idea all’inizio dei lavori.
Il tracciato dell’autostrada era quello che essa ancora conserva.
Dopo Lainate il percorso si diramava in un tronco diretto verso Como ed in uno diretto verso Gallarate, dove avveniva una ulteriore biforcazione per Varese e per Sesto Calende.
Le corsie erano solamente due, una per ciascun senso di marcia, per una larghezza complessiva della carreggiata, fino a Gallarate, di 14 metri, 10 dei quali pavimentati; negli altri tronchi la larghezza si riduceva a 11 metri, di cui 8 pavimentati. Alla strada si accedeva tramite un complesso di 17 caselli e di 100 Km di nuove strade di raccordo. L’autostrada non era sempre aperta, ma seguiva l’orario dalle sei del mattino all’una di notte.
Per la costruzione vennero realizzati 219 manufatti in cemento e movimentati circa due milioni di m3 di terra.
Il percorso era caratterizzato da lunghissimi rettifili (il più lungo di 18 Km), da poche curve con raggio non inferiore a 400 m e da pendenze non superiori al 3%. La pavimentazione fu realizzata in calcestruzzo ad alta resistenza, con lastre di spessori da 18 a 20 cm. Il confezionamento e la stesura del calcestruzzo avveniva tramite 5 grosse betoniere, tipo Koehring-Paving, comprate negli Stati Uniti, che potevano produrre 1200 m3 al giorno di conglomerato.
Il pietrisco necessario arrivava dalle cave Puricelli di Bisuschio tramite treni, fino alle stazioni più vicine al percorso, e poi con binari e vagoncini a scartamento ridotto fino ai vari lotti di lavoro. Sul percorso la manodopera impiegata fu sempre numerosa, aggirandosi mediamente sulle 4000 unità al giorno, ma fu cospicuo anche l’utilizzo di macchinari (betoniere, camion, scavatrici, schiacciasassi, ecc).
Il costo complessivo dell’opera fu di circa 90 milioni di lire, circa (solamente, si potrebbe dire!) il 20% in più del costo preventivato.
Come si è già accennato la redditività economica dell’impresa non fu buona, nonostante le tariffe di pedaggio fossero piuttosto alte; ciò probabilmente contribuì a mantenere il numero di transiti giornalieri inferiore alle attese (i calcoli facevano affidamento su un traffico iniziale di circa 1000 transiti/giorno, che avrebbero poi dovuto rapidamente aumentare, mentre ancora nel 1928 non si andava oltre i 1500 transiti/giorno). La società di gestione, che era comunque riuscita a sopravvivere nei primi anni, collassò con la crisi economica del ’29, così che nel settembre del 1933 l’autostrada fu riscattata dallo Stato e presa in gestione dalla Azienda Autonoma Statale della Strada (AASS, antenata dell’ANAS), che dovette provvedere a cospicui lavori di riassetto, in quanto la società uscente, a corto di risorse, aveva notevolmente trascurato la manutenzione. Nonostante questo l’AASS ridusse notevolmente le tariffe; questo provvedimento trovò una buona risposta negli automobilisti ed i transiti cominciarono finalmente ad aumentare.
Se la Milano-Laghi fu la prima, nel giro di pochi anni altre opere contribuirono a mantenere a Milano il primato di principale polo autostradale italiano. I lavori di costruzione della Milano-Bergamo, che fu la seconda autostrada realizzata in Lombardia, iniziarono nel giugno del 1925 e il percorso fu aperto al transito nel settembre del 1927. L’opera, che fu costruita dalla “Società anonima bergamasca per la costruzione ed esercizio di autovie”, avrebbe dovuto essere il primo tratto della autostrada Pedealpina o Pedemontana, che doveva congiungere Torino a Trieste. La sua costruzione costò 54 milioni di lire; i capitali investiti non ebbero una sorte molto migliore di quelli impiegati nella autostrada dei Laghi, tanto che nel 1938 finì anch’essa per essere rilevata dallo Stato.
La costruzione della Torino-Milano avvenne negli anni 1930-32, per iniziativa della “Società Anonima Autostrada Torino-Milano”, nella quale ebbero molta parte il senatore Giovanni Agnelli e la FIAT. Si trattò di un percorso nettamente più lungo dei precedenti (circa 125 Km), e pertanto assai più elevato fu anche il suo costo (circa 110 milioni di lire, per altro inferiore di circa il 20% rispetto al preventivo di progetto); una parte significativa dei capitali impiegati fu però coperto da contributi pubblici, statali e locali. Ciò, assieme ad un maggior traffico di cui l’autostrada poté subito godere, assicurò alla società promotrice la sopravvivenza e ne consentì l’indipendenza dallo Stato.
Infine, benché il suo percorso non arrivasse fino a Milano, è importante citare anche la realizzazione della Autocamionale Genova-Valle del Po, che facilitò notevolmente il collegamento fra Milano, Genova e le Riviere Liguri. Questa strada fu costruita in un contesto orografico ben più difficile di quello delle opere fin qui citate, realizzando numerosi ponti e gallerie, che sarebbero poi diventati la norma per le autostrade degli anni ’60. Essa fu completata in circa tre anni dall’ottobre del 1932, all’ottobre del 1935; a differenza delle altre citate l’onere della costruzione (175 milioni di lire) fu interamente a carico dello Stato, tanto che l’opera veniva definita come “voluta dal Duce”. Ma nonostante il suo carattere pubblico e l’affidamento all’ AASS, per il transito su di essa si pagava il pedaggio.

mercoledì 20 settembre 2023

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 20 settembre.
Il 20 settembre 1793 viene approvato in Francia il nuovo Calendario della Rivoluzione.
Uno degli effetti del movimento culturale generato dalla rivoluzione francese fu il più grande tentativo di razionalizzazione e di semplificazione della storia umana.
Il frutto più noto è il sistema metrico decimale che, pur con molte traversie, è sopravvissuto ed è diventato di uso quasi universale.
Attualmente solo gli USA e la Birmania non lo hanno adottato, ma tutti lo usano in campo tecnico-scientifico.
La riforma nel campo dei pesi e delle misure impostata dalla rivoluzione francese mediante il sistema metrico decimale fu estesa anche al calendario.
Il calendario rivoluzionario, o repubblicano, fu approvato nel 1793 e rimase in vigore per dodici anni, fino al primo gennaio 1806.
Ii nuovo calendario stabiliva che il primo giorno dell'anno fosse il 22 settembre partendo dal 1792, data della proclamazione della repubblica.
Il calendario progettato da una commissione della quale facevano parte illustri matematici come il Lagrange e il Monge, riprendeva il modello dell'antico calendario egizio tuttora usato dai Copti; dodici mesi di uguale durata (30 giorni) ai quali si aggiungono 5 giorni complementari (6 negli anni bisestili).
I 12 mesi erano divisi in 4 stagioni: vendemmiaio, brumaio e frimaio per l'autunno, nevoso, piovoso e ventoso per l'inverno, germinale, floreale e pratile per la primavera e messidoro, fruttidoro e termidoro per l'estate; il nome dei mesi appartenenti alla stessa stagione è volutamente simile.
Dato che il periodo di uso del calendario non è stato abbastanza lungo, venne abrogato nel 1806 o anno XIV, alcune caratteristiche non sono mai state completamente precisate
Queste sono le possibili ipotesi:
    Considerare sestili gli anni divisibili per 4 o per 400 ma non per 100
    Considerare sestili gli anni divisibili per 4 ma non per 128
    Allineare anni sestili del calendario repubblicano a quelli bisestili del calendario gregoriano a partire dall'anno XX
Gli anni del calendario sono indicati in cifre romane vicino al mese in lingua italiana.
I giorni complementari sono aggiunti a fine Fruttidoro - 5 giorni (6 per gli anni bisestili)
Il tentativo di riformare il calendario introducendone uno completamente nuovo si concluse in un fallimento prima ancora del ritorno dei Borboni, fu infatti abrogato da Napoleone il 31 Dic 1805 (10 Nevoso 14).
Dal 1 Gen 1806 fu quindi ripristinato il calendario gregoriano.
I nomi dei mesi sono nuovi e ispirati al linguaggio agricolo-meteorologico. Il primo giorno dell'anno è per definizione quello nel quale cade l'equinozio di Autunno.
La riforma si spinse fino ad abolire la settimana a favore della decade (ogni mese ha esattamente tre decadi) e a introdurre un sistema di ore decimali (ogni giorno ha dieci ore di cento minuti e ogni minuto cento secondi decimali).
Insieme al nuovo calendario fu introdotta anche una nuova era , l'era della rivoluzione con inizio al 22 Set 1792, giorno dell'equinozio di autunno dell'anno in cui fu proclamata la repubblica.
L'anno è suddiviso in 12 mesi di 30 giorni ciascuno, più un periodo, a fine anno, di 5 giorni complementari (6 giorni se l'anno è bisestile).
Il capodanno fu spostato al 22 Vendemmiao, ma poteva avvenire il 22, 23 o il 24 (del Settembre gregoriano) ed era deciso, ogni anno, dagli astronomi dell'Osservatorio Astronomico di Parigi, nel momento esatto in cui si verifica l'equinozio di autunno.
Ogni giorno della decade ha il nome
    PRIMDI
    DUODI
    TRIDI
    QUARTIDI
    QUINTIDI
    SEXTIDI
    SEPTIDI
    OCTIDI
    NONIDI
    DECADI
Il giorno di fine decade (DECADI) è considerato festivo (ex domeniche), i giorni complementari (SANS-CULOTTIDES), sempre festivi ma che non rientrano nel calcolo delle decadi sono:
    PREMIERE COMPLEMENTAIRE (Giorno della Virtu')
     SECOND COMPLEMENTAIRE (Giorno del Genio)
    TROISIEME COMPLEMENTAIRE (Giorno del Lavoro)
    QUATRIEME COMPLEMENTAIRE (Giorno dell'Opinione)
    CINQUIEME COMPLEMENTAIRE (Giorno delle Ricompense)
    JOUR DE LA REVOLUTION / FRANCIADE (solo anno bisestile)
Ogni giorno è composto da 10 ore; ogni ora è a sua volta, divisa in decimi ed in centesimi.
Ogni ora repubblicana corrisponde a precedenti 2 ore e 24 minuti.
Dal Calendario vennero estromessi tutti i riferimenti ai santi o qualsiasi ricorrenza religiosa.

martedì 19 settembre 2023

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 19 settembre.
Il 19 settembre 1868 ha inizio "la gloriosa", la rivoluzione spagnola che portò a sei anni di democrazia.
A metà degli anni 1860, il malcontento contro il regime monarchico di Isabella II era evidente tra gli ambienti popolare, politico e militare. Il moderatismo spagnolo, al potere dal 1845, si trovava di fronte ad una forte crisi interna e non era stato in grado di risolvere i problemi del paese. La crisi economica era ancora più grave dopo le perdite della Guerra Ispano-Sudamericana e le rivolte, come quella condotta da Juan Prim nel 1866 e la rivolta dei sergenti di San Gil, si moltiplicavano. Durante l’esilio, liberali e repubblicani si accordarono con il Patto di Ostenda (1866) ed a Bruxelles (1867) in modo da creare maggiori disordini per ottenere un drastico cambiamento di governo, non tanto per sostituire il presidente Narváez, quanto con l’obiettivo ultimo di destituire la stessa Isabella II e bandirla dal trono spagnolo. Alla morte di O'Donnell nel 1867, si verificò un’importante migrazione di simpatizzanti dell’Unione Liberale, che propugnava la destituzione di Isabella II e lo stabilimento di un governo più efficace in Spagna, verso le posizioni del fronte.
A settembre 1868 la sorte della corona era già decisa. Le forze navali con base a Cadice, comandate da Juan Bautista Topete y Carballo, si ammutinarono contro il governo di Isabella II. La rivolta avvenne nello stesso luogo in cui cinquant’anni prima il generale Riego si era rivoltato contro il padre della regina, Ferdinando VII. Il proclama dei generali ammutinati a Cadice il 19 settembre 1868 affermava:
« Spagnoli: La città di Cadice in rivolta con tutta la provincia (...) nega l’obbedienza al governo che risiede a Madrid, sicura che sia il leale interprete dei cittadini (...) e decide di non deporre le armi finché la Nazione non recuperi la sovranità, manifesti la propria volontà e che questa sia compiuta. (...) Calpestata la legge fondamentale (...), corrotto il suffragio dalla minaccia, (...) morto il Municipio; foraggiata dell’Amministrazione e l’Azienda dell’immoralità; tirannizzata l’istruzione; messa a tacere la stampa (...). questa è la Spagna di oggi. Spagnoli, chi la detesta tanto da non azzardarsi ad esclamare: “Dev’essere sempre così?” (...) Vogliamo che una legalità comune creata per tutti abbia l’implicito e costante rispetto di tutti. (...) Vogliamo che un Governo provvisorio, che rappresenti tutte le forze vive del paese, assicuri l’ordine, mentre il suffragio universale getta le fondamenta della nostra rigenerazione sociale e politica. Per realizzare il nostro proposito incrollabile ci affidiamo al concorso di tutti i liberali, unanimi e compatti davanti al pericolo comune; con l’appoggio delle classi agiate, che non vorranno che il frutto del loro sudore continui ad arricchire l’interminabile serie di favoriti; con i difensori dell’ordine, se vogliono vedere quanto stabilito su solide basi di moralità e del diritto; con gli ardenti sostenitori delle libertà individuali, le cui aspirazioni saranno al riparo della legge; con l’appoggio dei ministri dell’altare, interessati prima di tutti ad offuscare nelle proprie origini le fonti del vizio e dell’esempio; con tutto il popolo e con l’approvazione, infine, dell’Europa intera, poiché non è possibile che il consiglio delle nazioni abbia decretato o decreti che la Spagna deve vivere nell’umiliazione. (...) Spagnoli: accorrete tutti alle armi, unico mezzo per iniziare l’effusione di sangue (...), non sotto l’impulso del rancore, sempre funesto, né con la furia dell’ira, ma con la solenne e poderosa serenità con la quale la giustizia impugna la propria spada! Che viva la Spagna con onore! »
Lo firmano Juan Prim, Domingo Dulce, Francisco Serrano, Ramón Nouvillas, Rafael Primo de Rivera, Antonio Caballero de Rodas e Juan Bautista Topete.
A quel punto si avvertiva l’esistenza di diverse forze in gioco: mentre i militari si manifestavano monarchici e pretendevano solo di sostituire la Costituzione ed il monarca, le Giunte, più radicali, mostravano la loro intenzione di raggiungere una vera rivoluzione borghese, basata sul principio della sovranità nazionale. Conviene segnalare anche la partecipazione di gruppi contadini andalusi, che aspiravano alla Rivoluzione Sociale.
Sia il presidente Ramón María Narváez che il suo ministro capo Luis González Bravo abbandonano la regina. Narváez morirà lo stesso anno, facendo penetrare la crisi nei settori moderati. I generali Prim e Francisco Serrano denunciarono il governo e gran parte dell’esercito disertò, passando dalla parte dei generali rivoluzionari al loro rientro in Spagna.
Il movimento iniziato in Andalusia si estese velocemente ad altri luoghi del paese, senza che le truppe del governo facessero seriamente fronte alle ribellioni. L’appoggio di Barcellona e di tutta la zona mediterranea fu definitivo per il trionfo della rivoluzione. Nonostante la dimostrazione di forza della Regina nella Battaglia di Alcolea, i fedeli del generale Manuel Pavia vennero sbaragliati dal Generale Serrano. Isabella si vide quindi obbligata all’esilio ed attraversò la frontiera della Francia, dalla quale non tornerà più.
A partire da questo momento e per sei anni (1868-1874) si cercherà di creare in Spagna un sistema di governo rivoluzionario, conosciuto come Sessennio democratico, finché il fallimento finale (che rischiava di costare l’esistenza della Spagna come nazione) portò di nuovo al potere i moderati.
Lo spirito rivoluzionario, che era riuscito a distruggere il governo spagnolo, mancava comunque di un chiaro indirizzo politico. La coalizione di liberali, moderati e repubblicani faceva fronte al compito di trovare un governo migliore che sostituisse quello di Isabella II. Il controllo del governo passò in un primo momento a Francisco Serrano, artefice della precedente rivoluzione contro la dittatura di Baldomero Espartero. All’inizio, le Corti rifiutarono il concetto di repubblica per la Spagna e Serrano venne nominato reggente, mentre si cercava un monarca adeguato per guidare il paese. Nel frattempo si scriveva la Costituzione di corte liberale, che finalmente veniva promulgata dalle corti nel 1869; era la prima Costituzione, entrata in vigore, che poteva chiamarsi tale dalla Costituzione di Cadice del 1812.
La ricerca di un Re adatto dimostrò di essere molto problematica per le Corti. I repubblicani, in fondo, erano inclini ad accettare un monarca che fosse una persona capace e rispettosa della Costituzione. Juan Prim, l’eterno ribelle contro i governi isabelliani, venne nominato reggente nel 1869 ed è sua la frase: ‘’«Trovare un re democratico in Europa è tanto difficile quanto trovare un ateo in cielo!». Venne considerata anche l’opzione di nominare re il vecchio Baldomero Espartero, nonostante incontrasse la resistenza dei settori progressisti; alla fine, nonostante lo stesso rifiutasse la nomina a re, ottenne otto voti nel riscontro finale. Molti proponevano il giovane figlio di Isabella, Alfonso (che in seguito diventerà Re Alfonso XII di Spagna), ma il sospetto che questo potesse essere facilmente influenzabile da sua madre e che avrebbe potuto ripetere gli errori della regina precedente, gli facevano perdere molti punti. Anche Ferdinando di Sassonia-Coburgo, antico reggente del vicino Portogallo, venne considerato come un’alternativa. Un’altra delle possibilità, che proponeva il Principe Leopoldo de Hohenzollern, avrebbe causato la Guerra Franco-Prussiana. Alla fine si optò per un re italiano, Amedeo di Savoia, ma il suo regno durò solo tre anni, dal 1870 al 1873.

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