Madrid vive di tapas y patatas.
Se a Barcellona mi avevano colpito piccoli locali che vendevano solo pop-corn, qui a Madrid è evidente la passione per la patata. Al mercato ci sono banchi che vendono cartocci di patate a sfoglia e anche in molti locali si trovano questi coni di carta pieni di patatine, per intendersi quelle a cui fanno la pubblicità Rocco e Cracco. Tutto per aumentare la voglia di una bionda fresca e spumeggiante: perchè Madrid è incontro.



Luoghi dove mangiare ce ne sono veramente a non finire, soprattutto in questa zona ad altissima vocazione turistica la scelta è complicata, i migliori ristoranti, quelli tipici veramente sono tutti in periferia, ma dopo il Prado e il Thyssen in un giorno solo, non riesco proprio a pensare di allontanarmi troppo. Su tripadvisor parlano bene di una Taberna piuttosto vicina, ma la cena è deludente, il tipico Jamon Serrano, che viene servito, come già sperimentato in altri locali, leggermente tiepido e un po' untuoso accompagnato con pane tostato con pomodoro.
Non ho capito se lo saltano nell'olio o se è il calore delle cucine a renderlo così. Lascio molte delle cose nel piatto, ma quei salumi proprio non mi attirano, il cameriere sorridendo dice "glielo avevo detto che erano porzioni enormi" sorrido anche io per non mortificarlo, ma in realtà è la qualità a difettare. Per strada, vengo contagiata dalla grande voglia di vivere di tutti, avrei voglia di fare mattina, perchè senti che anche camminare per le strade ti riempirebbe di energie vitali, ma i miei piedi si rifiutano di inseguire i miei sogni quindi torno in albergo, dove, solo verso le 5, inizia a placarsi la fiesta. La mattina - per me mattina vuol dire massimo le 6 - è praticamente inutile uscire per fare colazione, prima delle 8.30 non se ne parla proprio e i pochi bar aperti spesso appaiono trasandati, vetrine sporche, cibo residuo del giorno prima, meglio aspettare quindi e adattarsi ai ritmi della città.

Mentre molti si alternano al bancone salgo nella saletta dove sono stata preceduta da gruppi di tedeschi che hanno già ordinato uova, panini, pancetta e succhi di frutta. Sono tutti anzianotti e parecchio goderecci, Madrid è una città per tutte le età. Un cameriere, sulla sessantina, salta come un grillo da un tavolo ad un altro, sparecchia, apparecchia, prende le ordinazioni, porta il conto e corre come un disperato. Si ricorda tutto eccetto la mia colazione, infatti dopo circa 30 minuti decido di accennare un timido richiamo. Timido perchè francamente, solo a vederlo lavorare con tanta lena, mi sento stanca.
Il Reina Sofia era un ospedale, ora, se chiudo gli occhi e penso all'ospedale della mia città comprendo immediatamente che non potrà essere un luogo di piccole dimensioni come mi avevano detto.
Le foto sono scattate dall'ascensore a vetri e si vede la Stazione di Atocha al cui interno si trova una serra interessante e un conveniente deposito bagagli. Solo come informazione per altri viaggiatori, qui arriva l'autobus che proviene dall'aeroporto e anche il treno che parte dal terminal 4.

Resto a guardarla e a chiderle: Cosa vuoi dirmi? cosa significhi? Perchè ti attacchi tenace ai miei pensieri? Che ti ho fatto di male? Non mi piaci neppure, vai via!
Ecco le storie raccontate ai bambini e l'immagine dell'uomo forte espressa perfettamente in quest'opera.
A metà visita decido di prendere un'ora di pausa.
Non è possibile passare da una sala all'altra senza soluzione di continuità, certe sale fanno male e certe non le capisco proprio. Osservo mio marito estasiato davanti ad opere che non mi stupirei di trovare davanti ad un cassonetto eppure lui percepisce qualcosa che io non vedo. Mi posiziono davanti all'opera e chiedo "Vorrei il solito, grazie!" ma non accade niente.
La caffetteria è questa, il bancone del bar è lungo, ma in questo spazio quasi si perde. Ho sete, sono stanca, mi metto sul divano, vicino a me quattro giapponesi stanno dormendo, altri vicini si raccontano, uomini di mezza età sgranocchiano patatine, le immancabili patatine. Un'ora a disintossicarmi dalle immagini viste, non ci riesco ma ho ancora due piani da visitare quindi si riparte. Metto di seguito le immagini di alcune opere.
Poi arrivo davanti a quest'opera e non riesco a muovermi più.
Dalì: L'uomo invisibile
Ovviamente non è finita qui, le sale sono ancora molte una in fila all'altra e ognuna riserva capolavori che meriterrebero più tempo e più attenzione. Oramai sei così stordito che passando davanti ad un Picasso dici "Ah sì è Picasso" oppure "ancora un Mirò e un Dalì...."
Il nudo è un attrattore potente, il quadro è posto quasi davanti alla porta di ingresso della sala: un richiamo fortissimo. Molti guardano in questa direzione fingendo disinteresse, ma poi con la coda dell'occhio osservano la donna adagiata sul telo bianco. Osservo il comportamento degli uomini, soprattutto quelli accompagnati dalle loro anziane mogli, guardo lui e poi lei che subito si accorge che qualcosa sta provocando una turbativa d'asta a volte lei lo invita a guardare altro, a volte è lui a ostentare sufficienza. Alcuni si vede che fanno un giro lungo proprio pregustando il momento dell'incontro, cercato, voluto, atteso. Ed eccomi, sono qui davanti a te bella signora, mollemente adagiata, chissà se immaginavi che avresti destato tanto interesse, il giorno che hai deciso di posare per quell'uomo, chissà se sei esistita veramente o se rappresenti il frutto della sua passione o dei suoi desideri. E guardo il tuo pube glabro.

Prima di tornare in albergo e scegliere il locale per la serata, mi concedo quest'ultimo quadro, vorrei poter correre sui gradoni come una di quelle "animelle" nere che sembrano prese da chissà quale fuoco sacro, come il giorno che si allunga nella notte.


Uscita! Ancora 15 minuti a piedi e poi la doccia, ma la bellezza assimilata non si scioglierà con l'acqua e sapone.