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martedì 23 gennaio 2024

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 23 gennaio.
Il 23 gennaio 1994 la Mafia organizzò un attentato allo Stadio Olimpico, che fortunatamente non ebbe luogo per un difetto del detonatore.
 Volevano una strage. Quella definitiva, quella ultima dove affermarsi in un braccio di ferro con lo Stato che non accennava ad affondare definitivamente.  Anzi: reagiva, urlava, scovava, cercava ordine in un'entropia di decenni. Cosa Nostra era però sicura quel giorno: il 23 gennaio del 1994, l'autobomba presso lo stadio Olimpico, avrebbe fatto il suo dovere.
Quella domenica d'inverno si giocava Roma-Udinese e la mafia non voleva colpire tanto il tifoso ma i Carabinieri in servizio, tanti quel pomeriggio, farne una carneficina per colpire in senso letterale ma anche simbolico, chi si era impegnato e continuava ad impegnarsi per e con lo Stato.
L'attentato all'Olimpico non funzionò: il telecomando ebbe un problema e l'autobomba, che avrebbe dovuto azionarsi qualche minuto dopo la fine della partita, non esplose.
Ci sono voluti molti anni per ricostruire il mancato attentato allo stadio di Roma e il quadro finale, i pezzi mancanti della tragedia più che sfiorata, si sono ricomposti solo qualche anno fa nell'ambito del processo a Dell'Utri, accusato per concorso esterno in associazione mafiosa. Grazie alle dichiarazioni del pentito Gaspare Spatuzza furono raccolti tutti i dettagli della pianificazione della strage. "L'attentato si doveva compiere a Roma – confessò Spatuzza in un'aula di Milano – perché con quello gli volevamo dare il colpo di grazia. La base logistica, diciamo, era Torvaianica. Stabilite le coordinate, quella domenica fu fatto tutto affinché l'attentato si portasse a compimento. Grazie a Dio il telecomando non funzionò, la cosa era mostruosa perché a quel punto divergeva dalla direttiva di fare una strage di almeno cento e passa Carabinieri". Solo che col dispositivo che tardava a funzionare cominciarono ad uscire anche molti tifosi che diluivano il passaggio e il numero degli uomini dell'Arma. A quel punto fu dato ordine a Spatuzza e soci di rinunciare all'esplosione. "La procedura utilizzata per l'attentato a Via D'Amelio – aggiunge Spatuzza – era stata riproposta anche per quello all'Olimpico. Il sabato rubammo un paio di targhe. Il furto fu datato 22 gennaio e quindi la domenica era il 24". Qui il pentito fa un errore "formale", perché il 24 gennaio del 1994 non era una domenica ma un lunedì. È evidente che Spatuzza si riferisse al giorno precedente. In aggiunta confessò inoltre che colpire il quotidiano, il rito dello stadio alla domenica non era la priorità di Cosa Nostra che voleva in realtà punire i Carabinieri: una gara di Serie A ne offriva una concentrazione notevole per una "pena esemplare".
In viale dei Gladiatori doveva esplodere una Lancia Thema con 120 chili di tritolo, quando però il funzionamento dell'autobomba è andato a vuoto, il veicolo fu fatto sparire e l'esplosivo ritrovato nascosto sotto terra, nel 1994 a Capena, località in provincia di Roma, dove un altro pentito Antonio Scarano, l'uomo di Cosa Nostra attivo nella Capitale e nel Centro Italia, aveva affittato casa.
Nel 2002 fu fatta una ricostruzione diversa dell'episodio, dal procuratore antimafia Piero Luigi Vigna: il giorno dell'attentato era stato individuato nel 31 ottobre del 1993, quando all'Olimpico si giocò Lazio-Udinese. Successivamente le dichiarazioni di Spatuzza hanno rettificato i dettagli dell'episodio come si evince da questa sentenza.
La strage dell'Olimpico rientrava in un elenco nero di tutta una serie di attentati mafiosi, organizzati tra l'aprile del 1993 e l'aprile del 1994, dove furono colpite le maggiori città italiane: da via dei Georgofili a Firenze fino a via Palestro a Milano; da San Giovanni in Laterano alla chiesa del Velabro a Roma. Col fenomeno del pentitismo, la mafia ha abbandonato lo strumento delle stragi per quello degli agguati, in un regolamento interno di conti.

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