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domenica 9 febbraio 2025

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

 

Buongiorno, oggi è il 9 febbraio.

Il 9 febbraio 1955 venne inaugurata a Roma la prima metropolitana italiana.

La prima metropolitana italiana venne costruita a Roma e inaugurata il 9 febbraio 1955. Il primato appartiene alla Capitale, nonostante Napoli fosse dotata già dal 1925 di un passante ferroviario denominato "metropolitana FS". Quest’ultimo però non aveva le caratteristiche necessarie, sia per il sistema di esercizio che per la costruzione, per essere considerato un vero e proprio metrò.

Il progetto iniziale, nato sotto il regime fascista, doveva collegare il centro della Capitale al quartiere dell’Eur in occasione dell’esposizione universale del 1942 (poi annullata a causa della guerra).

Nel 1955 viene previsto un vettore ogni quattro minuti per un trasporto di circa ventimila passeggeri all’ora.

Questa prima linea di metro collegava la stazione Termini a Laurentina, capolinea che, però, dovrà attendere fino al 1990 per diventare pienamente operativo. 

Alla cerimonia del taglio del nastro parteciparono il presidente della Repubblica, Luigi Einaudi  e il primo cittadino di Roma, Salvatore Rebecchini.

Molte polemiche accompagnarono la costruzione di questa prima linea. Durante la realizzazione degli scavi, infatti, intere zone archeologiche andarono distrutte

L’inaugurazione tardiva venne causata anche dallo scoppio della Seconda Guerra Mondiale. In quegli anni, i tunnel non terminati vennero utilizzati come rifugi antiaerei. 

Il 16 febbraio 1980 venne aperta tra le stazioni di Cinecittà e di Ottaviano la linea A.

Di conseguenza, pur essendo precedente, la linea Termini-Laurentina  venne denominata linea B.

Dopo una serie di prolungamenti delle linee A e B, a metà anni Duemila sono iniziati i lavori per la realizzazione della linea C.

Come per i precedenti cantieri, le tempistiche si sono allungate enormemente a causa di inchieste e di ritrovamenti archeologici durante gli scavi. Caso, quest’ultimo, della stazione dell’Amba Aradam, tra San Giovanni e Colosseo.

Il primo tratto della linea C, Monte Compatri/Pantano-Parco di Centocelle, è dotato di vetture senza conducente ed è stato inaugurato il 9 novembre 2014.

La nuova stazione di San Giovanni, interscambio tra la linea C e la linea A, è stata inaugurata il 12 maggio 2018.

Quest’ultima è stata pensata come un vero e proprio museo, all’interno del quale sono stati esposti una parte dei reperti rinvenuti negli scavi della metropolitana.

Attualmente è in corso la costruzione della stazione della linea C in piazza Venezia.

sabato 8 febbraio 2025

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi


 Buongiorno, oggi è l'8 febbraio.

L'8 febbraio 1848 Carlo Alberto, sull'onda della protesta popolare, promette lo Statuto Albertino, che verrà pubblicato il 4 marzo successivo.

Lo Statuto Albertino, chiamato anche Statuto Fondamentale della Monarchia di Savoia del 4 marzo 1848 fu proclamato dal re dei Savoia Carlo Alberto. Lo Statuto, redatto in francese, può essere anche definito come la costituzione del Regno di Sardegna. Questo importante documento è rimasto in vigore dal marzo 1848 al biennio 1944-1946, nel momento in cui l'Italia con un referendum sceglie la forma di governo repubblicana, abbandonando la forma governativa monarchica.

Lo statuto Albertino è il primo documento simile a una costituzione in Italia, che decretò a partire dal 1848 i vari diritti e doveri del popolo.

Venne redatto da una commissione nominata dal re ed entrò in vigore nel 1848.

Lo Statuto Albertino si ispirava alle costituzioni francesi e per questo motivo fu scritto in lingua francese.

Questo documento è una carta costituzionale flessibile perché può essere facilmente modificato con una legge ordinaria.

Le principali caratteristiche dello Statuto Albertino sono:

- è una carta costituzionale concessa dal re;

- è una costituzione breve perché stabilisce i principi dell'organizzazione costituzionale e le norme in materia di diritti e doveri dei cittadini;

- sancisce come forma di governo la monarchia;

- stabilisce che la carica del capo di Stato (il sovrano) è “ereditaria secondo la legge salica”;

- assegna il potere esecutivo al re;

- assegna il potere giudiziario al re;

- assegna il potere legislativo al re;

- concede il diritto di voto solo ad una ristretta cerchia di individui (cittadini di sesso maschile, dotati di una certa cultura e di un determinato patrimonio);

- si impegna a garantire l’uguaglianza formale dei sudditi;

- prevede come bandiera nazionale un vessillo con coccarda azzurra;

- garantisce la libertà di stampa, ma con alcune limitazioni;

Le prime Costituzioni in Italia risalgono alla fine del 1700 e s’ispirarono ai principi delle Rivoluzione francese (libertà, uguaglianza, fratellanza).

Con il tramonto dell’Impero Napoleonico ebbe inizio anche in Italia la Restaurazione che riportò in vita il potere assoluto dei sovrani.

Contro di questo insorsero i patrioti del Risorgimento che portarono i sovrani a concedere la costituzione.

Al termine del periodo rivoluzionario il solo stato italiano in cui la Costituzione rimase in vita fu il Piemonte dove Carlo Alberto nel 1848 aveva concesso lo Statuto Albertino.

Nel 1861 lo Statuto Albertino fu esteso a tutta l’Italia come un dono che il re faceva ai suoi sudditi.

Lo Statuto Albertino era flessibile e di tipo monarchico: il re comandava l’esercito; era a capo del governo; nominava i ministri; creava con il parlamento le leggi; i giudici amministravano la giustizia in suo nome.

Durante il fascismo Mussolini cambiò alcune leggi dello statuto e instaurò in Italia la dittatura che mantenne fino allo scoppio della seconda guerra mondiale.

Quando nel 1945 avvenne la liberazione dell’Italia da parte degli Alleati, i partiti antifascisti formarono un governo provvisorio presieduto dal democristiano Alcide De Gasperi.

Il 2 giugno 1946 tutti i cittadini italiani furono chiamati ad eleggere con suffragio universale (votano tutti i maggiorenni e anche le donne per la prima volta), l’Assemblea Costituente cioè un gruppo di persone che avrebbe dovuto scrivere una nuova Costituzione in sostituzione dello Statuto Albertino e con referendum scegliere tra Monarchia e Repubblica. L’Assemblea Costituente elesse Enrico De Nicola capo provvisorio della Repubblica italiana appena nata.

La nuova Costituzione scritta in due anni entrò in vigore il primo gennaio 1948.

Tornando allo Statuto Albertino, lo Stato liberale si affermò dunque anche in Italia. Nel 1848 l'Europa venne travolta da rivolte e tumulti che ebbero ripercussioni anche sul territorio italiano, che all'epoca non era ancora stato riunificato. Sulla scia di questi moti popolari, il 4 marzo 1848, il Re Carlo Alberto di Savoia concesse agli abitanti del Regno di Sardegna uno «Statuto»: lo Statuto Albertino.

Nello statuto il Re concedeva:

- Diritti di libertà e di proprietà.

- L'istituzione di una camera in cui la borghesia potesse eleggere i propri rappresentanti.

In merito alla garanzia dei diritti dei singoli, lo statuto si ispirava alla Dichiarazione dei diritti emanata all'inizio della rivoluzione francese.

I diritti di natura economica erano quelli che più interessavano la borghesia, esprimevano l'esigenza che lo stato si astenesse dall'intervenire nell'economia e che quindi lasciasse fare i privati.

Lo statuto Albertino si ispirava al principio della separazione dei poteri di Montesquieu, quindi attribuiva:

-Il potere esecutivo al Re.

-Il potere legislativo al Re, al senato (eletto dal Re) e alla camera dei deputati (eletta dal popolo a suffragio maschile ristretto).

-Il potere giudiziario ai giudici.

I requisiti necessari per votare la camera dei deputati erano:

- Requisito culturale, quindi potevano votare solo gli uomini in grado di saper leggere e scrivere.

- Requisito censitario, ovvero legato al censo, quindi consisteva nel pagare una certa imposta sul reddito.

Detto ciò si può ben intuire che il diritto di voto era concesso solo alle classi più benestanti.

Il suffragio universale maschile sarà concesso nel 1912 con Giolitti.

Il suffragio universale sarà concesso solo nel 1946, per la scelta tra Monarchia e Repubblica.

Era quindi una Costituzione concessa dall'alto, senza alcuna consultazione democratica. Lo stesso termine di "Statuto" fu preferito a "Costituzione", per ribadire il fatto che era il re a limitare i propri poteri, anche se in qualche modo vi era costretto dalle pressioni popolari. Era inoltre flessibile, ossia modificabile con legge ordinaria, e relativamente breve, ossia sintetica e piuttosto generica nel regolare i rapporti fra Stato e cittadini e nel definire l'ordinamento dello Stato.

I diritti dei cittadini erano proclamati in nove articoli dello Statuto (dal 24 al 32); erano riconosciute le libertà fondamentali, ossia la libertà di stampa e di opinione, di riunione, l'inviolabilità del domicilio, la proprietà privata, il diritto di uguaglianza. Si trattava, però, di un riconoscimento formale, in uno Stato che, fondandosi sul suffragio ristretto, riconosceva il diritto di voto al 2% della popolazione. L'ampiezza dei diritti poteva inoltre essere limitata per legge o per ragioni di polizia e pubblica sicurezza. Per quanto riguarda la libertà religiosa, lo Statuto riconosceva la religione cattolica come religione di Stato, dichiarando di "tollerare" le altre religioni. Anche se con dei limiti, la "tolleranza" proclamata dallo Statuto permise il riconoscimento dei diritti civili e politici alle minoranze religiose, come gli ebrei e i valdesi.

Lo Statuto albertino pose le basi per uno Stato liberale e monarchico, prevedendo la separazione dei poteri, ma attribuendoli tutti al re, che li esercitava congiuntamente con gli altri organi costituzionali:

• il potere legislativo era esercitato dal re e dal Parlamento, formato dalla Camera dei deputati, eletta a suffragio ristretto su base censitaria, e dal Senato del Regno, composto da membri nominati a vita dal sovrano: un sistema bicamerale, quindi, in cui il re manteneva il diritto di veto sulle leggi approvate dalle Camere. L'unico forte potere di controllo che lo Statuto riservava al Parlamento era l'obbligo di sottoporre qualsiasi normativa in materia tributaria alla preventiva approvazione della Camera dei deputati;

• il potere esecutivo spettava esclusivamente al re, che poteva nominare e revocare i ministri secondo il proprio volere;

• il potere giurisdizionale competeva alla Magistratura, formata da funzionari nominati dal re, che amministravano la giustizia in suo nome.

venerdì 7 febbraio 2025

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 7 febbraio.

Il 7 febbraio 1478 nasce in Inghilterra Tommaso Moro.

Tommaso Moro, così viene ricordato in Italia lo scrittore e uomo politico inglese Thomas More. Nasce a Londra il giorno 7 febbraio 1478; segue le orme del padre Sir John More, avvocato e giudice di successo, intraprendendo anch'egli la professione di avvocato. Nel corso della sua vita si guadagna fama a livello europeo come autore di scritti di stampo umanista oltre che occupare numerose cariche pubbliche, compresa quella di Lord Cancelliere d'Inghilterra negli anni tra il 1529 e il 1532, sotto la monarchia di Enrico VIII. Il suo cancellierato si distinguerà anche per la sua costante caccia agli eretici e alle loro opere.

A lui viene attribuito il merito di aver coniato il vocabolo "utopia", con cui battezzò un'immaginaria isola dotata di una società ideale, di cui descrisse il sistema politico nella sua opera più famosa, "L'Utopia" appunto, pubblicata nel 1516. La derivazione del termine "utopia" viene dal greco antico, e può letteralmente significare "luogo inesistente", oppure "luogo bellissimo".

Durante la sua vita Moro diviene grande amico di Erasmo da Rotterdam, che gli dedicherà il suo "Elogio della follia". Moro contribuisce anche alla redazione de "La difesa dei sette sacramenti", polemica contro la dottrina protestante che fa guadagnare a Enrico VIII nel 1521 il titolo di "difensore della Fede" da parte di papa Leone X. Sia la risposta di Martin Lutero al re che la conseguente "Responsio ad Lutherum" ("Risposta a Lutero") furono criticate per i loro intemperanti attacchi "ad hominem".

Storicamente è ricordato per il suo forte e fermo rifiuto della rivendicazione di Enrico VIII di proclamarsi capo supremo della Chiesa d'Inghilterra: questa decisione mise fine alla carriera politica di Moro conducendolo alla pena capitale con l'accusa di tradimento.

Viene processato, poi condannato e incarcerato, quindi giustiziato a Tower Hill il giorno 6 luglio 1535. La testa viene mostrata sul Ponte di Londra per un mese; sarà poi la figlia Margaret Roper a recuperarla, dietro pagamento di una tangente.

E' venerato come san Tommaso Moro dalla Chiesa cattolica e dalla Chiesa anglicana. Moro è stato canonizzato dalla Chiesa cattolica nel 1935 da Papa Pio XI ed è commemorato il giorno 22 giugno. Dal 1980, ogni 6 luglio, è commemorato anche nel calendario dei Santi della Chiesa anglicana, assieme all'amico Giovanni Fisher, vescovo di Rochester, decapitato quindici giorni prima di Moro.

Nel 2000 papa Giovanni Paolo II ha dichiarato san Tommaso Moro patrono degli statisti e dei politici.

 

giovedì 6 febbraio 2025

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi


 Buongiorno, oggi è il 6 febbraio.

Il 6 febbraio 1922 il cardinale Achille ratti sale al soglio pontificio con il nome di Pio XI.

Ambrogio Damiano Achille Ratti nasce il 31 maggio del 1857 a Desio, figlio di Francesco e di Teresa Galli. Cresciuto con gli insegnamenti del sacerdote Giuseppe Volontieri e di don Damiano Ratti, suo zio, entra in seminario a soli dieci anni: dapprima in quello di San Pietro a Seveso, poi a Monza. Quindi, si sposta nel Collegio San Carlo a Milano, per poi ottenere la licenza liceale al "Parini". Dopo essere entrato nel Seminario teologico di Milano, viene trasferito al Seminario Lombardo di Roma nell'ottobre del 1879: due mesi più tardi viene ordinato sacerdote.

Nel 1882 Achille ottiene la laurea in teologia presso la Pontificia Facoltà della Sapienza, quella di diritto canonico presso l'Università Gregoriana e quella di filosofia presso la Pontificia Accademia di San Tommaso. Tornato all'ombra della Madonnina, insegna teologia dogmatica e sacra eloquenza al Seminario teologico; nel 1888 fa parte dei dottori della Biblioteca Ambrosiana, di cui diviene prefetto nel 1907. Ha l'occasione, in questo ruolo, di trascrivere e pubblicare documenti d'archivio e codici molto rari. Tra i suoi meriti si segnalano il riordinamento della Pinacoteca Ambrosiana, della Biblioteca della Certosa di Pavia e del Museo Settala, ma anche il restauro dei codici del Capitolo del Duomo di Milano. Nel frattempo, è cappellano delle Suore di Nostra Signora del Cenacolo di Milano, e nel tempo libero si dedica alla sua passione, l'alpinismo, scalando il Monte Rosa e il Monte Bianco.

Nel 1912 Don Achille Ratti viene chiamato da Papa Pio X a Roma come vice prefetto della Biblioteca Vaticana: due anni più tardi diventa prefetto. Nel 1918, tuttavia, deve abbandonare il compito: Papa Benedetto XV, infatti, lo spedisce in Lituania e in Polonia per ricostituire la Chiesa - dopo la guerra - in quelle nazioni come Visitatore apostolico. La Polonia, tuttavia, nell'estate del 1920 viene invasa dai bolscevichi: mentre tutti i diplomatici si danno alla fuga, Achille, diventato Nunzio, decide di rimanere al suo posto; lascerà comunque il Paese alla fine dell'anno, su richiesta del Pontefice, per diventare Arcivescovo di Milano e soprattutto ricevere la nomina cardinalizia. L'8 dicembre del 1921 inaugura l'Università Cattolica del Sacro Cuore, per cui si era battuto in passato insieme con padre Agostino Gemelli.

Il 22 gennaio del 1922 muore Benedetto XV; il 2 febbraio 53 cardinali si riuniscono in Conclave, e quattro giorni dopo la fumata bianca sancisce l'elezione a Papa di Achille Ratti, che ottiene 42 voti. Il cardinale brianzolo sceglie il nome di Pio XI, e dalla loggia esterna di San Pietro (chiusa da oltre cinquant'anni, da quando il Vaticano era stato inglobato nel Regno d'Italia) impartisce la benedizione Urbi et orbi. In effetti uno dei punti programmatici del nuovo Pontefice va individuato nella riconciliazione tra l'Italia e la Santa Sede, all'insegna del motto da lui scelto "Pax Christi in regno Christi".

La prima enciclica di Pio XI risale al 23 dicembre del 1922, e si intitola "Ubi arcano"; l'11 febbraio del 1929, invece, la Santa Sede riconosce ufficialmente Roma capitale dello Stato italiano e il Regno d'Italia, mentre l'Italia riconosce lo Stato Vaticano. Il 31 dicembre dello stesso anno l'enciclica "Divini illius Magistri" rivendica alla famiglia e alla Chiesa il diritto inviolabile di educare i giovani, con precedenza rispetto allo Stato: in particolare, l'educazione fornita dalla Chiesa serve a formare il vero cristiano, e il suo scopo è quello di collaborare con la grazia di Dio. Esattamente un anno più tardi, il 31 dicembre del 1930, la "Casti connubii", che rievoca l'"Aracnum Divinae" di Leone XIII, condanna il neopaganesimo colpevole di sostenere l'emancipazione della donna e che rischia di mettere in pericolo l'unità matrimoniale creata da Dio nella famiglia. Il 15 maggio del 1931, invece, viene diffusa la "Quadragesimo anno", che a sua volta si rifà alla "Rerum novarum" di Leone XIII, e che pone le basi per il cattolicesimo sociale. Al 20 dicembre del 1935, invece, risale "Ad Catholici sacerdotii", in cui viene esaltata la missione del sacerdozio cattolico.

Nel corso del pontificato di Papa Pio XI, vengono canonizzati Thomas More e John Fisher (vittime dello scisma di Enrico VIII), il fondatore dei Salesiani Giovanni Bosco e Teresa del Bambino Gesù, mentre sono dichiarati dottori della Chiesa Roberto Bellarmino, Pietro Canisio, Alberto Magno e Giovanni della Croce. In tutto, i santi e beati proclamati sono rispettivamente 33 e 496. Nel 1937, Papa Pio XI si scaglia contro il nazionalsocialismo tedesco e il comunismo stalinista sovietico, le due ideologie politiche totalitarie e violente che condizionano i destini dell'Europa in quel momento: l'enciclica "Mit Brennender Sorge" ("Con viva ansia") del 14 marzo è indirizzata al Reich nazista, mentre la "Divini Redemptoris" del 19 marzo è diretta al comunismo ateo. Ratti parla di un comunismo che ha distrutto la civiltà e la religione cristiana, con la condanna ai lavori forzati di sacerdoti e vescovi, mentre, a proposito di quel che accade in Germania, sottolinea l'illegalità delle violente misure adottate, oltre alla necessità di consentire la manifestazione libera della propria volontà.

Nel febbraio del 1939, in occasione del decimo anniversario della conciliazione con lo Stato, il Pontefice convoca tutti i vescovi italiani a Roma. Papa Pio XI, tuttavia, muore il 10 febbraio, a causa di un attacco cardiaco conseguente a una lunga malattia: il giorno dopo avrebbe dovuto pronunciare un discorso, studiato da tempo, in cui avrebbe denunciato le persecuzioni razziali tedesche e la violazione da parte del governo fascista dei Patti Lateranensi. Il discorso viene fatto distruggere dal Cardinal Segretario di Stato Pacelli, desideroso di stabilire relazioni serene con l'Italia e con la Germania: verrà reso noto solo nel 1959, durante il pontificato di Papa Giovanni XXIII, quando ne verranno pubblicati alcuni pezzi.


mercoledì 5 febbraio 2025

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi


 Buongiorno, oggi è il 5 febbraio.

Il 5 febbraio 1949 viene pubblicato in Usa il Rapporto Hoffman nel quale si critica aspramente l'uso che ha fatto l'Italia delle risorse stanziate col "Piano Marshall".

Dopo la Grande Guerra le potenze vincitrici, in particolare la Francia che aveva subito l’aggressione della Germania, furono molto esigenti nell’ansia di essere pienamente risarcite per i danni subiti. La Germania, nel tentativo di stare dietro a questi obblighi, attraversò un periodo tormentatissimo il cui esito fu nel 1933 l’ascesa del nazismo e nel 1939 l’inizio della Seconda Guerra Mondiale.

Nel 1945, terminata la Seconda Guerra mondiale, gli Stati Uniti non vollero commettere lo stesso errore commesso dalla Francia alla fine della Grande Guerra, e fecero l’opposto; il Piano Marshall è stato così un piano di aiuto alle potenze che avevano perso la guerra e a quelle limitrofe: “Fu geniale – sottolinea Paolo Mieli, giornalista e storico – perché anziché vendicarsi della Germania e probabilmente costringerla di nuovo in una situazione potenzialmente esplosiva gli Usa crearono nell’Europa il principale interlocutore di mercato e politico”, proprio nel momento in cui l’Unione Sovietica ascendeva come altra grande potenza mondiale. “Fu una delle idee più innovatrici del secolo”.

Alla fine della Seconda Guerra Mondiale l’Europa era infatti un continente distrutto e stremato dai sei anni di conflitto, oltre ad essere diviso. Se la parte occidentale fu liberata dall’alleanza anglo-americana, la parte orientale era stata liberata e occupata dall’Unione Sovietica.

Si scontrarono dunque la visione liberal-democratica abbinata al libero mercato e quella del socialismo reale. In questo contesto gli Stati Uniti d’America, usciti dal conflitto in buone condizioni economiche non avendo avuto la guerra “in casa” e, anzi, avendo potuto esaltare la propria industria bellica, lanciarono un grande programma di ricostruzione europea. Ad annunciarlo fu il Segretario di Stato americano George Catlett Marshall in un discorso ad Harvard nel giugno del 1947.

Gli Usa, intervenendo con il loro supporto in Europa, crearono una forte integrazione tra le economie delle due sponde dell’Atlantico. La proposta americana era in origine estesa anche ai Paesi europei dell’est, un intento che non era visto per nulla di buon occhio dal leader sovietico Stalin. L’URSS non aveva certo le risorse per pareggiare lo sforzo americano ed ebbe paura che il Piano Marshall fosse uno strumento in grado di far arretrare la sua influenza nel Vecchio Continente. L’Unione Sovietica impose così ai suoi “stati satellite” il rifiuto degli aiuti statunitensi (che fu così sostanzialmente osteggiato anche dai partiti comunisti dell’Europa occidentale, compreso il PCI italiano).

“Se dunque da una parte – sottolinea Antonio Carioti, giornalista – il Piano Marshall fu lo strumento per la ripresa economica dell’Europa occidentale e la premessa per il miracolo economico dei suoi principali Paesi, dall’altro approfondì il solco tra i due blocchi destinati a durare mezzo secolo”.

“Oggi alcuni storici sostengono che in qualche modo il Piano Marshall generò una dipendenza dell’Europa dagli Stati Uniti – afferma Mieli – facendo dell’Europa una sorta di continente di serie B rispetto all’America. Non è vero; il Piano Marshall aiutò l’Europa a rimettersi in piedi e se il Vecchio Continente nel secondo dopoguerra ha avuto un ruolo subalterno nei confronti degli Usa questo è solo perché gli Stati Uniti ebbero un ruolo di gigante in opposizione all’Unione Sovietica, ruolo che la stessa Europa non era in grado di recitare. Allo stesso tempo, non si possono attribuire al Piano Marshall le colpe delle degenerazioni europee della seconda metà del Novecento: il Piano non era cioè pensato come strumento della Guerra Fredda”.

Tuttavia il rapporto Hoffman avanzò critiche durissime circa l’utilizzo dei fondi del Piano Marshall da parte dell’Italia. In effetti, una parte cospicua delle risorse (circa 15 miliardi di lire in 7 anni) venne stanziata, col celebre “Piano INA-Casa”, promosso da Amintore Fanfani, per la costruzione di case popolari per i lavoratori. L’indirizzo sociale delle risorse non fu gradito agli Stati Uniti, che avrebbero preferito una destinazione tesa all’aumento del potere d’acquisto della popolazione, per favorire l’importazione di prodotti industriali americani. 

martedì 4 febbraio 2025

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi


 Buongiorno, oggi è il 4 febbraio.

Il 4 febbraio 2004 nasce Facebook.

In principio era Facemash. In una notte di ottobre del 2003, uno studente di Harvard, tale Mark Zuckerberg, reduce da un appuntamento andato a male, si siede davanti al computer e guardando l'annuario universitario ha un'idea: creare un sito dove caricare tutte le foto degli studenti del college. Chi vi accede può votare la preferita tra due foto che il sistema seleziona casualmente. Nel giro di poche ore Mark riesce ad hackerare i database dei diversi studentati di Harvard e ad estrarre i nomi e le fotografie di tutti gli studenti.

Nelle prime 4 ore di attività Facemash attirò 450 visitatori e 22.000 click sulle foto. Il sovraccarico di dati mandò in crash i server dell'università e Facemash venne chiuso dai vertici di Harvard pochi giorni dopo: Zuckerberg fu accusato di infrazione della sicurezza e di violazione della privacy degli studenti e venne punito con sei mesi di sospensione. Da qui inizia la storia di Facebook. Il successo ottenuto da Facemash convinse il giovane Mark Zuckerberg a proseguire nell'idea di offrire uno strumento agli studenti di Harvard per socializzare. Nel gennaio del 2004, Zuckerberg registra il dominio thefacebook.com e ha inizio la storia del social network più visitato al Mondo e che ha cambiato per sempre la storia di Internet.

Solitamente al nome Facebook viene associato sempre quello di Mark Zuckerberg, ma l'attuale CEO dell'azienda non è l'unico fondatore del social network. Fin dall'inizio è stato aiutato da diversi colleghi di Harvard che risultano essere anche tra i co-fondatori della piattaforma: Eduardo Saverin, Andrew McCollum, Dustin Moskovitz e Chris Hughes. Per diventare il social network più utilizzato al Mondo con oltre due miliardi di iscritti Facebook ha subito cambiamenti e trasformazioni, tanto che è quasi banale definirlo solamente un social network. Oramai è una piattaforma a 360 gradi che offre un sistema di messaggistica (Messenger), una piattaforma video (Facebook Watch) e tanti altri servizi pensati per gli utenti. Ecco la storia di Facebook.

Il giovane studente di psicologia con il pallino della programmazione non si dà per vinto. A gennaio del 2004 registra il dominio thefacebook.com (Facebook è il nome dell'annuario con nomi e fotografie diffuso in molte università americane) e decide di lanciare una nuova rete sociale dedicata al mondo universitario statunitense. L'ispirazione, ovviamente, resta Facemash (come dichiarato dallo stesso Zuckerberg, l'incidente lo aveva un po' "bruciato), ma il suo funzionamento e il suo scopo sono differenti.

Al suo fianco, in questa nuova impresa ci sono altri studenti di Harvard: Andrew McCollum, che contribuisce allo sviluppo dell'algoritmo e della piattaforma di Facebook, ed Eduardo Saverin, giovane studente di origine brasiliana che si occupa degli aspetti organizzativi, aziendali e promozionali del social network. Il 4 febbraio 2004 The Facebook apre ufficialmente i battenti alla "popolazione universitaria" di Harvard.

Il successo è praticamente immediato: a fine di febbraio più della metà degli studenti iscritti ad Harvard è registrata al servizio, mentre nel marzo 2004 Facebook apre anche agli studenti di Stanford, della Columbia University e dell'Università Yale. Ad aprile il servizio si allarga al resto della Ivy League, al MIT, alla Boston University e al Boston College. Nel giro di poche settimane Facebook apre a tutti gli studenti universitari di Stati Uniti e Canada, certificando un successo forse nemmeno troppo inatteso.

A metà del 2004 Mark Zuckerberg e gli altri soci fondatori decidono di aprire una società, Facebook, Inc., che permettesse loro di gestire al meglio (dal punto di vista finanziario, ovviamente) il grande successo che la loro idea sta riscuotendo in tutto il Nord America. L'imprenditore Sean Parker, fondatore di Napster che fino ad allora era stato un consigliere informale per Zuckerberg, diventa Presidente.

Già nel 2005 i primi investitori iniziano a bussare alla porta di Mark Zuckerberg. Il primo è Peter Thiel, tra i fondatori di PayPal, che acquisisce il 10,2% delle quote societarie con un investimento di mezzo milione di dollari. Le quotazioni di Facebook, però, salgono in fretta e quando Microsoft decide di investire nel social network (siamo nell'ottobre del 2007) deve investire 240 milioni di dollari per rilevarne appena l'1,6%.

I ritmi di crescita di Facebook non conoscono sosta: il numero di utenti continua a salire, così come il valore dei ricavi. Nel 2009, appena cinque anni dopo la sua creazione, il bilancio di Facebook chiude in attivo, dimostrando che l'idea di Mark Zuckerberg è redditizia e profittevole.

In quegli stessi anni Facebook inizia a espandersi anche nel resto del mondo. In Italia è boom di iscrizioni nel 2008: nel mese di agosto si contano oltre 1 milione e 300 mila visite, con un incremento del 961% rispetto allo stesso mese del 2007. Il volume di traffico cresce così in fretta che nel marzo 2010 supera per una settimana Google per numero di visite negli Stati Uniti.

Il 3 gennaio 2011 Goldman Sachs bussa alla porta di Palo Alto, dove nel frattempo Mark Zuckerberg aveva spostato la sede della società. La banca d'affari vorrebbe entrare nel capitale di Facebook, investendo ben 450 milioni di dollari: la valutazione totale del social network cresce fino a 50 miliardi di dollari.

Viste le performance finanziarie e la continua crescita di utenti iscritti e di traffico web, Mark Zuckerberg decide che è arrivato il momento di mettersi alla prova dei mercati finanziari. Superato l'esame della Securities and Exchange Commission, l'ente federale statunitense preposto alla vigilanza della Borsa di Wall Street, Facebook sbarca a Wall Street il 18 maggio 2012 con una delle offerte pubbliche di vendita (IPO) più grandi della storia degli Stati Uniti. Nella prima giornata di contrattazioni Facebook riesce a vendere azioni per 16 miliardi di dollari (il terzo di sempre nella storia statunitense), facendo salire la propria valutazione a 104 miliardi di dollari (valore più alto mai registrato per una new entry alla Borsa di New York). Mark Zuckerberg, allora poco più che 27enne, si ritrova improvvisamente con un patrimonio personale di svariati miliardi di dollari.

Nel 2009 parte la campagna acquisti Facebook. Il primo a entrare nella "sfera d'influenza" di Facebook è FriendFeed, social aggregator di contenuti provenienti soprattutto da reti sociali, blog, tumblelog, acquistato per 15 milioni di dollari in contanti e 32,5 milioni di dollari in azioni Facebook. Nel 2010 Mark Zuckerberg volge lo sguardo al mercato mobile: acquista Snaptu (pagata tra i 60 e i 70 milioni di dollari) e Beluga, che permettono a Facebook di ottimizzare sia l'esperienza di utilizzo da mobile sia Facebook Messenger App, la piattaforma di messaggistica integrata in Facebook. Sempre nel 2010 fa il suo debutto il tasto "Mi Piace" che diventa bene presto una vera e propria icona del social network.

Il primo grande colpo di Zuckeberg e soci risale però al 2012, quando il social network fotografico Instagram diventa di proprietà di Facebook per una cifra vicina al miliardo di dollari (tra contanti e titoli azionari). Nello stesso anno passa sotto l'egida Facebook anche Glancee, piattaforma sociale che unisce utenti per vicinanza geografica e compatibilità di interessi, fondata da due italiani, Andrea Vaccari e Andrea Tretti.

Ma a fare parlare davvero è l'annuncio del 19 febbraio 2014: dal suo profilo Facebook, Mark Zuckerberg annuncia che anche WhatsApp, applicazione di messaggistica istantanea per sistemi mobili, è stata acquisita per 16 miliardi di dollari (che diventeranno 19 miliardi a transazione conclusa).

Gli ultimi anni sono stati sicuramente i più complicati della storia di Facebook. Il social network ha dovuto far fronte a diversi problemi, soprattutto sul fronte della privacy e della sicurezza dei dati personali degli utenti. Lo scandalo più grande è esploso nel marzo del 2018, quando un'inchiesta del The New York Times e del The Guardian ha fatto emergere che i dati di milioni di utenti sono stati ottenuti in modo illecito dall'azienda Cambridge Analytica, infrangendo le policy di sicurezza di Facebook.

Lo scandalo ha creato molto scalpore e messo in difficoltà l'azienda, che è dovuta correre immediatamente ai ripari e lavorare duramente per rendere ancora più sicuro il social network. Mark Zuckerberg è stato chiamato a testimoniare anche davanti il Congresso degli Stati Uniti e spiegare ai deputati cosa è realmente accaduto. Per Facebook è stato un colpo abbastanza duro, ma che alla fine ha permesso all'azienda di migliorare i servizi offerti agli utenti.

Nel marzo del 2019, un nuovo problema di sicurezza ha investito l'azienda. Questa volta il bug è stato scoperto dal giornalista Brian Krebs che con un post sul proprio blog personale ha spiegato che per diversi anni, le password di centinaia di milioni di utenti (stimati tra i 200 e i 600 milioni) non sono state criptate e sono state salvate in un formato facilmente leggibile. Facebook è subito intervenuta pubblicando un posto sul proprio blog personale e spiegando che il bug è stato risolto nel gennaio del 2019. Le password non sono state utilizzate per scopi illeciti e gli utenti coinvolti sono stati avvisati.

Il problema della sicurezza è sicuramente quello più difficile da affrontare per Facebook e decreterà il futuro del social network. 

lunedì 3 febbraio 2025

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi


 Buongiorno, oggi è il 3 febbraio.

Il 3 febbraio 1998 Karla Faye Tucker viene giustiziata in Texas, prima donna a subire la condanna da oltre 14 anni.

Karla Faye Tucker nacque in una famiglia problematica (il padre, non biologico, era uno scaricatore di porto che se ne andò di casa, la madre una prostituta tossicodipendente e groupie di una rock band); a otto anni fumava sigarette, a 12 faceva uso di droghe pesanti, come eroina, e si prostituiva seguendo l'esempio della madre, per vivere e procurarsi la droga. A 16 anni si sposò con un meccanico, divorziando poco dopo.

Nel 1983, sotto l'effetto delle droghe, con il fidanzato dell'epoca Daniel Garrett e alcuni complici, Karla Tucker uccise per rapina o più probabilmente per vendetta il suo ex compagno Jerry Lean Dean, colpevole di averle rubato delle fotografie e di aver picchiato una sua amica, l'ex moglie di Dean, Shawn; entrambi colpirono a colpi di piccone e martello (impugnato da Garrett) Dean e Deborah Thornton che si trovava nel letto di lui: quest'ultima venne uccisa da Karla utilizzando una piccozza, in quanto testimone scomoda del primo omicidio e perché amante di Dean stesso, da cui si era rifugiata dopo essere fuggita dal marito, Richard Thornton, obeso, malato e violento, con cui aveva quattro figli.

Karla venne quindi condannata a morte l'anno successivo, con la testimonianza determinante del fratello di Garrett, con cui lei e i complici si erano vantati del delitto. Anche Garrett fu condannato a morte, ma morì in carcere di epatite prima dell'esecuzione, nel 1993. Gli altri ebbero pene minori, dall'ergastolo in giù.

Durante la carcerazione la Tucker si disintossicò per la prima volta nella sua vita e non assunse mai più droghe, si avvicinò alla lettura della Bibbia e divenne parte dei cristiani rinati evangelici, che sostenne la sua grazia, nella maggioranza dei suoi esponenti; sposò in seconde nozze il cappellano evangelico del carcere, il reverendo Dana Lane Brown e si dedicò ai programmi di recupero di detenuti tossicodipendenti. Quando decise di chiedere la grazia non richiese la libertà vigilata, ma accettò l'ergastolo senza condizionale, chiedendo di poter lavorare come volontaria e assistente spirituale accanto a un pastore o ministro di culto evangelico per gli altri detenuti e detenute.

L'ultima donna messa a morte in Texas era stata giustiziata nel 1863 durante la guerra civile, mentre in tutto il Paese nel 1984; prima ancora non c'erano state esecuzioni di donne dal tempo di Ethel Greenglass e di suo marito Julius Rosenberg, accusati di spionaggio nel 1953; inoltre il Texas, nonostante o forse proprio per il maschilismo diffuso, considerava il crimine violento tipicamente maschile e si opponeva alla criminalizzazione eccessiva delle donne. Per ciò, per la sua vita difficile e per la celebre e pubblicizzata sui giornali conversione al cristianesimo, ci fu un grande e inusuale movimento internazionale e nazionale che chiedeva la grazia e la commutazione della pena in ergastolo; esso comprendeva anche alcuni rappresentanti politici e diplomatici di alcuni governi stranieri, tra essi il Presidente della Repubblica Italiana Oscar Luigi Scalfaro (in gioventù come procuratore aveva chiesto la pena capitale per alcuni fascisti, ma in seguito ne era divenuto uno strenuo oppositore, per le sue convinzioni cattoliche e giuridiche), che chiese ufficialmente un provvedimento di clemenza, oltre al papa Giovanni Paolo II, sempre attivo sul fronte abolizionista, assieme a numerosi esponenti di varie religioni come il telepredicatore battista-evangelico della destra cristiana Pat Robertson e varie associazioni abolizioniste, anche se in misura minore - per quanto riguarda l'estero - rispetto a quanto avvenuto per Joseph O'Dell, ignorato in patria ma sostenuto in Europa (probabilmente per il fatto che si era dichiarato strenuamente innocente) o per altri condannati celebri difesi dall'opinione pubblica.

La Commissione per la Grazia e la Libertà Condizionale del Texas (affermando che se graziata sarebbe potuta uscire nel 2003, secondo la legge texana) e l'allora governatore dello Stato George W. Bush - appartenente anch'egli ai cristiani rinati, ma che si oppose alla sospensione per tenere fede al suo programma elettorale e rispondere alla accuse secondo le quali solo gli uomini di colore subiscono solitamente la pena di morte - rifiutarono la commutazione della pena e la Tucker venne giustiziata tramite iniezione letale nella prigione di Huntsville, alle ore 18:45 del 3 febbraio 1998. All'esecuzione erano presenti il padre, la sorella e il marito di Karla, oltre al fratello di Deborah Thornton che, a differenza del marito della vittima (anch'egli presente con i parenti e forte sostenitore del provvedimento), aveva chiesto anch'egli la grazia, ritenendo il caso della Tucker come un "buon esempio di funzionamento del sistema" e "ravvedimento". La madre di Karla non volle assistere perché troppo turbata.

Karla Faye Tucker è sepolta al Forest Park Lawndale Cemetery di Houston.

Il caso Tucker avvenne nello stesso periodo in cui la magistratura italiana indagava sulla strage colposa del Cermis a opera di piloti statunitensi e nello stesso periodo in cui veniva trattata (da tempo senza alcun successo) l'estradizione di Silvia Baraldini, detenuta negli USA per reati collegati alla politica, in particolare per aver favorito l'evasione di Assata Shakur: questi fatti, soprattutto quelli del Cermis, uniti alla forte emozione per l'esecuzione, portarono il presidente italiano Scalfaro a lanciare un duro attacco verbale agli Stati Uniti, in cui accusò gli americani di «giocare con la vita umana»; in particolare Scalfaro si rivolse contro il governatore e futuro Presidente degli Stati Uniti George W. Bush, con cui avrà sempre un rapporto difficile.

Il capitano di polizia penitenziaria della "Squadra dell'Edificio della Morte", cioè degli addetti alle esecuzioni del carcere di Huntsville, Fred Allen, fino ad allora favorevole alla massima sanzione, dopo la storia e la conoscenza di Karla Tucker divenne un oppositore della pena capitale; ebbe inoltre un crollo nervoso e fu costretto prima a lasciare quel lavoro e poi al pensionamento anticipato.

Suor Helen Prejean, la religiosa cattolica nota principalmente come attivista anti-pena di morte, criticò anch'essa duramente George Bush in diretta sullo show di Larry King l'anno seguente, nello stesso show in cui il governatore era apparso precedentemente per rispondere al conduttore che l'aveva sollecitato su un appello televisivo della stessa Karla Tucker (andato in onda nello stesso programma TV in una puntata dell'anno prima); in quell'occasione Bush aveva respinto ogni appello, e in un'intervista scritta del 1999 a Talk Magazine avrebbe deriso la Tucker imitando persino la sua voce, venendo sommerso dalle critiche per quella che fu percepita come una mancanza di rispetto, cosa a cui cercò poi di rimediare con riferimenti religiosi e dicendo di pregare per lei (suscitando la rabbia degli abolizionisti).

Dopo la sua esecuzione, ce ne saranno altre di donne detenute nel braccio della morte texano (Frances Elaine Newton, Betty Lou Beets), ma anche, sull'onda del caso Tucker, delle commutazioni in ergastolo (Pamela Lynn Perillo, 2000).Inoltre, tra i detenuti uomini (ma costituendo un'eccezione sia maschile sia femminile alla politica texana), ci fu l'unica commutazione a poche ore dall'esecuzione avvenuta dal 1976 in poi, quando la Commissione per la Grazia e la Libertà Vigilata consigliò al governatore Rick Perry la commutazione in ergastolo con la condizionale per Kenneth Foster, jr.

domenica 2 febbraio 2025

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi


 Buongiorno, oggi è il 2 febbraio.

Il 2 febbraio 1309 ha inizio la cosiddetta "Cattività avignonese".

Con l’espressione Cattività avignonese si indica il trasferimento del papato da Roma ad Avignone (città della Francia meridionale) dal 1309 al 1377. Il ritorno a Roma del papato non pose fine alla crisi della Chiesa, perché ad esso seguì il Grande Scisma o Scisma d’Occidente, che lacerò l’Europa fino al 1417.

L’origine della Cattività avignonese risiede nello scontro tra papa Bonifacio VIII e il re di Francia Filippo IV il Bello.

Il re aveva decretato una tassazione straordinaria dei beni del clero, da sempre esentati dalle imposte. Il papa rispose minacciando il re di scomunica ed emanò la bolla Unam Sanctam, che ribadiva la supremazia dei pontefici: Bonifacio VIII attribuiva sia il potere temporale che quello spirituale alla Chiesa (dottrina delle due spade), precisando che solo per una concessione il papa permetteva a re e imperatori di esercitare il potere temporale; in caso di inosservanza la pena era la scomunica.

Filippo il Bello allora accusò Bonifacio VIII di essere salito sul soglio pontificio illegalmente: si mormorava che avesse costretto alle dimissioni il suo predecessore Celestino V, facendolo poi arrestare e uccidere. Inviò poi in Italia uno dei suoi consiglieri Guglielmo de Nogaret, che fece prigioniero il papa nella sua residenza ad Anagni (1303). Si racconta che durante questo episodio il papa fu addirittura schiaffeggiato e l’umiliazione per l’offesa subita (il cosiddetto Schiaffo di Anagni) fu tale che morì appena un mese dopo.

Il successore di Bonifacio VIII, Benedetto XI morì dopo solo otto mesi di pontificato. Intanto Filippo il Bello minacciava di convocare un concilio del clero francese in cui proclamare l’autonomia della Chiesa francese da Roma.

La Chiesa allora decise di assumere un atteggiamento più conciliante nei confronti del re. I cardinali elessero così il francese Bertrando de Got col nome di Clemente V (1305-1314). Nel 1309 egli spostò la sede del papato nella città francese di Avignone, in Provenza, dando così inizio al periodo della cosiddetta Cattività avignonese (1309-1377).

Nel corso della Cattività avignonese i pontefici – sette papi tutti francesi – agirono sotto il diretto controllo della monarchia di Francia.

Nel 1377 papa Gregorio XI riportò la sede papale a Roma. L’anno successivo morì e i cardinali romani elessero papa il napoletano Urbano VI. L’elezione fu però contestata dai cardinali francesi che gli contrapposero un altro papa, Clemente VII. I vari Stati europei scelsero tra l’uno e l’altro. Iniziò così lo Scisma d’Occidente o Grande Scisma, che lacerò la Chiesa.

Per uscire dallo scisma, la Chiesa fece ricorso al concilio. Dapprima il Concilio di Pisa del 1409, che non solo non risolse la questione, ma fece salire il numero dei papi a tre. Poi il Concilio di Costanza (1414-1418) che, dopo aver ottenuto le dimissioni del papa romano Gregorio XII (1326-1417), depose Giovanni XXIII e il papa avignonese Benedetto XIII, ed elesse l’unico pontefice nella figura di Martino V.

sabato 1 febbraio 2025

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi


 Buongiorno, oggi è il primo febbraio.

Il primo febbraio 1884 viene pubblicata la prima edizione dell'Oxford English Dictionary.

Già a metà del Settecento c’erano stati diversi e utili tentativi – talora di successo – di far nascere nuovi dizionari; nel 1746 la casa editrice Longman aveva ad esempio incaricato Samuel Johnson, un giornalista parlamentare, di occuparsene. Anche i grandi del tempo, tra cui Jonathan Swift e Daniel Defoe, sottolineavano la necessità di “fissare” la lingua, di “stabilirne i limiti, di creare un inventario del suo patrimonio lessicale, forgiare la sua cosmologia…l’inglese era oramai sufficientemente perfezionato e puro, da poter soltanto rimanere statico, o altrimenti, da allora in poi deteriorarsi”. C’era insomma bisogno di definire una lingua nazionale (aggettivo non casuale) che diventasse indelebile: nessun dizionario, sino ad allora, era riuscito in una tale impresa. Il primo a provarci fu proprio Johnson, pur conscio del fatto che non era possibile sistematizzare una lingua affinché rimanesse “pura” come avrebbero invece voluto i Titani della cultura. Johnson assunse 6 aiutanti tra cui 5 scozzesi, per aiutarlo a leggere lo scibile letterario – a partire dalla fine del Sedicesimo secolo con l’eccezione (quasi ovvia) di Geoffrey Chaucer -, allo scopo di stilare un elenco di parole, comprese quelle presenti in dizionari esistenti. I 43,500 lemmi da lui scelti vennero pubblicati nel 1755 e rimasero un punto di riferimento per tutto il secolo successivo.

Solo nel 1857 si iniziò a parlare di un progetto lessicografico senza precedenti, in fin dei conti Johnson aveva optato per una selezione della lingua, ora la si voleva finalmente presentare tutta, lo avrebbero chiamato il “Grande Dizionario”, ci sarebbero voluti circa settant’anni! Primo incaricato fu Richard Chevenix Trench il quale considerava un dizionario “la storia di una nazione contemplata da un certo punto di vista”. Ma per ricostruire la storia di ogni parola era necessario leggere, catalogare e infine citare ogni suo possibile uso. Si trattava di un lavoro apparentemente insormontabile, sino a quando Trench non propose di farlo diventare collettivo assoldando come volontari centinaia di lettori non retribuiti. Ci vollero più di vent’anni per mettere quest’idea in pratica.

Nei primi anni Ottanta una copia dell’appello lanciato dal nuovo Direttore James Murray ad appassionati lettori finì persino nel manicomio in cui viveva William Chester Minor, nel Berkshire. Come cittadino americano e con l’aiuto dell’Ambasciata del suo paese egli aveva ottenuto molti privilegi tra cui quello di trasformare le sue celle in una biblioteca dotata di sedie e scrivanie. E fu proprio così che entrò in scena Minor: nato in Sri Lanka, era divenuto ufficiale medico col grado di capitano durante la guerra di Secessione le cui violenze lo avevano portato alla follia e a vivere in un manicomio britannico quasi sino alla fine dei suoi giorni a causa di un omicidio. Dalle due celle a lui riservate, Minor lavorò instancabilmente per più di 20 anni; quel lavoro fu per lui una ragione di vita, quando finalmente decise di entrare in gioco si erano susseguiti già 4 direttori dell’Oxford English Dictionary oramai guidato dallo scozzese Murray dal 1879.

L’appello del Direttore conteneva anche indicazioni su come inviare citazioni e selezionare le proprie letture, ma Minor decise di disattenderle inventando un metodo che si rivelò molto più efficace. Se Murray aveva suggerito ai volontari di cercare citazioni per ogni singola parola – obsoleta, antiquata, nuova o usata in modo inconsueto – di un libro, oltre alle parole più comuni, Minor escogitò una metodologia in grado di permettergli di stare al passo con Murray e i suoi collaboratori, di non essere un mero, seppur utilissimo, informatore: inseriva in un quaderno le parole che gli sembravano degne di nota scegliendo di posizionarle ad una precisa altezza del foglio in considerazione di quelle che avrebbe trovato prima e dopo, se per esempio aveva scritto “buffon”, sapeva che con la b avrebbe avuto almeno due o tre parole prima di quella, accanto inseriva anche la o le pagina/e del libro in cui quella parola era stata trovata e annotava le sue diverse accezioni.

Non scrisse subito al Direttore, voleva dimostrare di poter essere più utile degli altri, lavorare con lui e la sua squadra di pari passo. Quando infine decise di rivolgersi alla redazione del dizionario per chiedere su quale parola stessero lavorando aveva già accumulato decine di quaderni che consultava per poter rispondere nel modo più esaustivo possibile a Murray. Nel 1888 venne pubblicato il volume I e la squadra di Oxford menzionò Minor nel testo, pur ignorando ancora la verità su chi fosse. Murray e Minor si sarebbero incontrati per la prima volta solo 3 anni dopo, ma le loro frequentazioni sarebbero diventate molto assidue. Solo nel 1910 Winston Churchill, allora Ministro dell’Interno, firmò un mandato di scarcerazione soggetto alla condizione che il Minor lasciasse il Regno Unito per sempre.

Secondo Winchester, già nel Diciottesimo secolo gli inglesi avevano capito che la loro lingua sarebbe diventata globale grazie ai grandi navigatori che “scorrazzavano per i mari”…”stava iniziando ad essere un veicolo importante per lo svolgimento dei commerci internazionali, per le guerre…stava spodestando il francese, lo spagnolo, l’italiano…” Lingue, secondo l’autore che erano già molto avanti nella “salvaguardia del loro patrimonio”. Nel 1582 era stata fondata a Firenze l’Accademia della Crusca e nel 1634 era nata l’Académie française grazie a Richelieu. Decenni prima, gli stessi Shakespeare, Drake e Bacon avevano scritto le loro opere senza avere a disposizione alcuna guida alla lingua che desideravano fuori dalla sua “meravigliosa confusione”.

Nelle pagine di Winchester ricorre più e più volte l’associazione fra lingua e nazione: fare la prima significava realizzare, o meglio rafforzare la seconda…”Solo nel Settecento si fece strada l’idea che la nazione avesse bisogno di sapere più nel dettaglio cosa fosse la lingua e che cosa significasse”. Per questi motivi “un dizionario è un monumento storico, la storia di una nazione contemplata da un certo punto di vista”. Era passato quasi un secolo dalla pace di Westphalia.

Nessuno di noi ricorda gli autori dei dizionari dei secoli precedenti, nonostante la fatica, il lavoro e la straordinarietà dei risultati raggiunti in decenni di duro lavoro impregnato di spirito combattivo ed estremamente paziente. Il romanzo "Il professore e il pazzo" e in seguito l'omonimo film, ridando voce a Murray e Minor, costituiscono quindi un’idea felice in grado di rendere giustizia alle numerose dimenticanze che attraversano la storia. La biblioteca Minor è oggi conservata, insieme ai suoi quaderni, presso le Bodleain Libraries (le più grandi del Regno Unito) dell’Università di Oxford.

Sorto da una vicenda realmente accaduta, il romanzo merita, anche se a tratti si lascia rapire da piccoli eccessi di entusiasmo per la superiorità della lingua inglese oggi così fondamentale e imprescindibile. Una lingua splendida, forse troppo prigioniera di un uso commerciale a scapito di quello letterario di cui è invece ricchissima, anche per i numerosi luoghi del mondo in cui si parla, dalla stessa Inghilterra al Sudafrica che ci ha regalato lo straordinario Coetzee. Ogni capitolo è preceduto da una voce in originale dell’Oxford English Dictionary, poi tradotte in appendice.


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