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venerdì 19 gennaio 2024

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 19 gennaio.
Il 19 gennaio 1853 va in scena a Roma la prima assoluta de "Il trovatore", di Giuseppe Verdi.
Dalla primavera del 1851 Verdi e la Strepponi si sono trasferiti nella tenuta di Sant'Agata, in una piccola casa che nel corso degli anni subirà modifiche e ampliamenti. Lontano dai pettegolezzi e immerso nella pace della campagna, il musicista può finalmente lavorare solo su soggetti di suo gradimento e senza preoccuparsi di una loro possibile esecuzione.
Ha già messo al lavoro due librettisti: Cammarano sta lavorando su El trovador dello spagnolo Antonio García Gutiérrez, a Piave propone invece quello che definisce «un soggetto semplice e affettuoso».
Verdi, che da tempo ha superato quella deferenza nei confronti di Cammarano, non è soddisfatto della prima impostazione del libretto e subito chiarisce la sua visione dell'opera: uno schema epico-narrativo. Proprio in quest'ottica nasce e va interpretato Il trovatore, tutto immerso in una perenne e irreale atmosfera notturna. E' una notte silenziosa, lo ribadiscono più volte i personaggi: "Tacea la notte placida" canta Leonora e "Tace la notte" ribadisce il conte di Luna. Non vi sono temporali, come in Rigoletto, qui la notte assiste immota ai racconti dei vari personaggi.
L'opera si apre con il capitano Ferrando che narra l'antefatto. E' poi la volta di Leonora che racconta il suo passato incontro con il trovatore. Nell'aria "Condotta ell'era in ceppi", Azucena, con il carattere ossessivo che le è proprio, unisce passato e presente. Segue Manrico, che in "Mal reggendo all'aspro assalto" racconta il suo duello con il conte. Solo nel terzo atto, quando Azucena è catturata, passato e presente arrivano a unirsi e da questo momento la vicenda passa a un tragico e ineluttabile presente.
In contrasto con la notte, cupa e avvolgente, ma anche fredda, quasi priva di vita, c'è un altro elemento costante, il fuoco. E non è solamente quello del rogo che ossessiona la mente di Azucena, è l'ardore delle passioni che anima i vari protagonisti: "Perigliosa fiamma tu nutri" dice Ines, rivolgendosi a Leonora, e la stessa, poco prima di morire esclama: "...la mano è gelo...". Ma qui, toccandosi il petto, "...fuoco orribile arde…". E ancora il conte di Luna esclama: "Ah, l'amorosa fiamma, m'arde ogni fibra…".
Nel Trovatore si respira un'atmosfera che potremmo definire di "ballata epico-romantica" e in questo contesto i personaggi si riappropriano di un linguaggio che Verdi sembra aver del tutto eliminato, un eloquio nuovamente schematico, fatto di recitativo, aria e cabaletta. Ma è giusto che sia così per questa cupa favola, assolutamente fuori dal tempo.
Con Trovatore si chiude fatalmente la collaborazione di Verdi con Salvatore Cammarano. Nel luglio del 1852 il librettista muore a lavoro incompiuto. Il completamento del libretto, sulla base dei suoi appunti, è operato da Leone Emanuele Bardare, un letterato napoletano. Lo spartito è completato da Verdi nel dicembre 1852 e l'opera può andare in scena il 19 gennaio 1853 al Teatro Apollo di Roma. Il successo è enorme e il pubblico è accorso in massa a teatro, anche se il Tevere, straripato in più punti, avrebbe potuto in qualche modo mettere a rischio la prima.

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