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domenica 31 marzo 2013

#Natura: Oceano, Tramonto

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Ogni giorno troverò il tempo per entrare in comunione con la natura e per percepire in silenzio l’intelligenza che è in ogni essere vivente. Mi siederò e, in silenzio, osserverò il tramonto, oppure ascolterò il rumore dell’oceano o di un corso d’acqua, o semplicemente sentirò il profumo di un fiore. Nell’estasi del mio silenzio attraverso la comunione con la natura godrò del palpitare eterno della vita, del campo della potenzialità pura e della creatività illimitata. 

                              Le sette leggi spirituali del successo di  Deepak Chopra

sabato 30 marzo 2013

#Pasqua


                                           http://tinypic.com/view.php?pic=qstr2c&s=7


 Non importa chi tu sia:
uomo o donna, vecchio o bambino, operaio o contadino, o soldato o studente o commerciante.
Non importa quale sia il tuo credo religioso.
Se ti chiedono qual’è la cosa più importante per l’umanità, rispondi prima dopo e sempre: la pace!

Li Tien Min

Esergo di Manlio Lo Presti




Esergo  di Manlio Lo Presti



La nostra è l'epoca delle riscoperte.
Sarà perché leggiamo in fretta.
Sappiamo tutto ma non capiamo nulla.
O sarà perché le novità sono tante in apparenza,
mentre in realtà si riducono a poco: quel poco
che val la pena di riscoprire, ossia di incominciare
a capire per il suo giusto verso.

A. SCHUTZ, La fenomenologia del mondo sociale, Il Mulino, 1974, pag. VII
VII

#Racconti #Oriente #Saggezza: Beni di famiglia

http://4.bp.blogspot.com/-_
Ryokan votò la propria vita allo studio dello Zen. Un giorno venne a sapere che suo nipote, nonostante i rimproveri dei parenti, sperperava il proprio denaro per una cortigiana. Poiché questo nipote amministrava i beni della famiglia al posto di Ryokan, e c’era pericolo che dilapidasse la loro fortuna, i parenti chiesero a Ryokan di intervenire.
Ryokan dové intraprendere un lungo viaggio per visitare il nipote, che non vedeva da anni. Il nipote parve contento di rivedere lo zio e lo invitò a passare la notte in casa sua.
Ryokan rimase in meditazione tutta la notte. La mattina dopo, mentre stava per partire, disse al giovane: «Evidentemente sto invecchiando, perché mi trema la mano. Vuoi aiutarmi a legare il laccio del mio sandalo?». Il nipote lo aiutò volentieri. «Grazie, » disse Ryokàn «vedi, un uomo diventa più vecchio e più debole di giorno in giorno. Abbi cura dite». Poi se ne andò, senza nemmeno far cenno alla cortigiana o alle lamentele dei parenti. Ma da quella mattina il nipote smise di far vita dissoluta. 


 fonte: http://www.oracoloching.com/oriente/racconti-zen/storia-zen.html?Str=12

venerdì 29 marzo 2013

#Citazione: Prenditi Tempo



                               http://lottolunatico.myblog.it/media/02/01/1608321866.jpg            

Prenditi tempo
per amare ed essere amato
perché questo è il privilegio dato da Dio.
Prenditi tempo
per essere amabile
perché questo è il cammino della felicità.
Prenditi tempo
per ridere
perché il riso è la musica dell’anima.
Prenditi tempo
per dare
perché il giorno è troppo corto
per essere egoista.
(da “Tomate Tiempo”, poesia uruguayana)

Esergo di Manlio Lo Presti






Esergo di Manlio Lo Presti

Il medico ha pronta
la sua scappatoia
"un peggioramento improvviso"
(SENRYU, poeta giapponese 1765)

in: Il grande libro degli Haiku, Castelvecchi, 2010, pag.179

#Italy e i suoi #Borghi: Brolo - Sicilia

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Il nome

Deriva dal termine latino brolum che significa "campo coltivato", giardino fiorito.
Dagli arabi il posto era conosciuto come Marsa Daliah, il “porto della vite”, perché qui le navi caricavano il vino.

La Storia

  • 1094, il primo nucleo di questo borgo marinaro si sviluppa intorno alle mura del Castello, conosciuto in epoca normanna con il termine arabo di Voab, cioè “rocca marina”, come compare in un documento del Gran Conte Ruggero.
  • 1231, nasce nel Castello di Brolo, dall’imperatore Federico II di Svevia e Bianca Lancia - donna di nobile famiglia discendente dagli Aleramici – il futuro re di Sicilia, Manfredi. Brolo è feudo prima degli Aragona e poi della famiglia Lancia, che lo tiene fino al secolo XVIII come parte della baronia di Ficarra; poi diviene un possedimento del marchese Del Longarino. Sino alla fine del XVII secolo è un centro commerciale che svolge un ruolo importante per gli scambi tra il suo porto e i centri collinari dei Nebrodi.
  • 1543, le galere di Kair-ed-din, il famoso pirata Barbarossa, imperversano sulla costa da allora chiamata Saracena.
  • 1682, il porto è insabbiato e distrutto dalle piene dei torrenti che, come già nel 1593, danneggiano il borgo.
  • XIX sec., Brolo è meta di viaggiatori, nobili e notabili che vengono a passarvi le vacanze estive.
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Una kasba tunisina nel centro storico

Dimentichiamo villaggi turistici, campeggi, residences, strutture congressuali, agenzie viaggi, discoteche,  centri commerciali, centri sportivi, piste di kart.
Fingiamo di eliminare dalla vista il bubbone delle case abusive sul mare di Sicilia, delle case sgraziate e non finite, e concentriamoci, invece, sul borgo antico di Brolo: solo se salvaguardato nel suo ambiente naturale, questo luogo permetterà al visitatore di riconciliarsi con la Costa Saracena distesa tra Capo d’Orlando e Capo Calavà, con le spiagge e le scogliere a pochi km dalle faggete dei Nebrodi, in un mondo ricco di folclore, storia e tradizioni.
La visita di Brolo non può che partire dal Castello, facilmente raggiungibile da una delle tante viuzze che tagliano l’ampio borgo medievale.
Il Castello fu voluto dai Lancia di Brolo, venuti in Sicilia dal Piemonte ai tempi degli Svevi e discendenti da Galeotto e Cubitosa d’Aquino, nipote dell’imperatore Federico II e sorella del filosofo San Tommaso d’Aquino.
L’attenzione di chi arriva al Castello è subito presa dai merli ghibellini che con il loro profilo a coda di rondine coronano l’alto e maestoso torrione. E’ la torre conosciuta già nel 1094 dai geografi arabi come “Voab”, dalla quale si raggiunge il terrazzo, punto di vedetta privilegiato sulle incursioni dei mori e oggi bella balconata sulle isole Eolie.
Il Castello risente delle successive trasformazioni e appare oggi come una struttura feudale ricostruita nei primi del Quattrocento e poi fortemente rimaneggiata nel Seicento, quando l’uso delle armi da fuoco necessitava della costruzione anche della “scarpa” fortificata.
L’accesso alla cittadella è consentito da due porte, quella denominata “fausa” alle spalle del Castello che guarda il mare, e l’ingresso principale con l’arco in arenaria e gli stemmi araldici dei principi Lancia.
Nel centro storico si notano ancora le antiche garitte e i camminamenti sulle mura cinquecentesche, e si può vedere il primo nucleo abitativo del borgo, che mantiene memoria visiva del Medioevo per la sua tipologia radiocentrica, il cui percorso irregolare, con i tracciati a fuso, lo rende simile a una piccola kasba tunisina. Poi si scende, tra improvvisi spazi verdi e palme, verso il più moderno centro abitato.
L’espansione di Brolo avvenne gradualmente: nel XVIII secolo nella breve pianura sottostante la rocca, dove nuove case si ammassarono intorno alla Chiesa Madre fatta costruire da Ignazio Vincenzo Abate, marchese di Longarino e signore di Brolo, nel 1764; e poi con l’edificazione lungo la strada regia (l’attuale Corso) di alcuni palazzetti ottocenteschi - palazzi Baratta, Maniaci, Germanà e Gembillo – che definiscono il profilo urbano del paese, poi smarrito in tante costruzioni incongrue.
Un altro interessante itinerario è quello di archeologia industriale in contrada Iannello, dove rimangono tracce di uno sfruttamento minerario di argento nel Settecento. Le gallerie si inoltrano nelle viscere della terra e nel corso del secondo conflitto mondiale furono adoperate come rifugi per gli sfollati.

http://www.bandw.it/gallery%20foto/castelli/Castello%20di%20Brolo/album/slides/Castello%20di%20Brolo_053.JPG

Il prodotto del borgo

E' il “gelato” tipico e tradizionale, uno dei motivi d’attrazione del pianeta dolciario brolese.
A giugno questo prodotto viene festeggiato con un galà, dove se ne possono assaggiare oltre cento diversi gusti.

Il piatto del borgo

La pasta incaciata alla brolese, dove alla salsa di salsiccia con semi di finocchio, pomodori e peperoncino si aggiungono i broccoli precedentemente cotti e scolati.
Tra i secondi, meritano attenzione il tonno “imbottonato” (questa era zona di tonnare) e il galletto arrostito alla brolese. 

fonte:  http://www.borghitalia.it/html/borghi_sud_isole_it.php


giovedì 28 marzo 2013

#Dolci #LaStoriadel #Babà

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C’era una volta....un Re, diranno i miei piccoli amici”. Così comincia Pinocchio, una delle favole più belle della storia.
Nella storia del babà il Re c’è davvero, e non è un personaggio fiabesco: è nientedimeno che Stanislao Leszczinski, re di Polonia dal 1704 al 1735.
Stanislao era diventato re a meno di trent’anni, grazie all’appoggio di Carlo XII di Svezia. Qualche anno dopo (era il 1735) Pietro il Grande, Zar di tutte le Russie, si dimostrò molto più grande del re svedese e di quello polacco:  insieme ai suoi alleati, la Prussia e l’Austria, mosse loro guerra, e li sconfisse. Stanislao però non era uno qualunque. Era il suocero di Luigi XV di Francia, che aveva sposato sua figlia Maria. Per questo motivo, dopo averlo detronizzato, come contentino  gli diedero il Ducato di Lorena.  Lui non ne fu troppo contento, ma si adeguò.
Privato del Regno di Polonia, e  costretto in un quel piccolo regno privato, Stani si annoiava. Siccome c’aveva un sacco di tempo libero, si circondò di  filosofi e scienziati, e si mise a studiare. Studia che ti studia, finì per mettere a punto un programma di collaborazione internazionale e di integrazione europea: la prima versione della UE, a memoria d’uomo.
Sulla carta, il progetto era splendido, ma l’ex monarca sapeva di non avere alcuna possibilità di attuarlo: era senza corona, e quindi senza alcun peso.
Questo stato di cose gli dava molta amarezza. Per combatterla, Stanislao aveva bisogno tutti i giorni di qualcosa di dolce. Accontentarlo,però, non era facile: i pasticcieri lorenesi dovevano lambiccarsi continuamente il cervello  per preparargli qualcosa di nuovo.
Ma di fantasia ne avevano pochina, e così due giorni su tre al povero ex sovrano veniva servito il  “kugelhupf”, un  dolce tipico di quel territorio, fatto di con farina finissima, burro, zucchero, uova e uva sultanina. All’impasto veniva aggiunto lievito di birra, fino ad ottenere una pasta soffice e spugnosa. Stanislao il  kugelhupf non lo poteva soffrire. Non che fosse cattivo: ma era, come dire, un po’ fesso, privo di personalità. E poi era asciutto, ma così asciutto che si appiccicava al palato. E non gli piacque nemmeno quando fu bagnato con una salsa di vino Madera, zucchero e spezie.
Spesso  non l'assaggiava nemmeno.
Poi tornava ai suoi progetti per un mondo più giusto, senza vincitori né vinti (così quei maledetti che l’avevano sbattuto laggiù sarebbero stati serviti).
Insomma, Stanislao  Leszczinski viveva in una prigione: dorata, ma pur sempre  una prigione. E’ comprensibile perciò che ogni tanto, per non pensare al passato, che gli faceva tristezza, e al futuro, che gli faceva paura, alzasse un po’ il gomito.
Fedele ai suoi ideali di uguaglianza, beveva di tutto: a cominciare dai vini della  Mosa e della Mosella, orgoglio della Lorena. Ma poichè da quelle parti gli inverni sono lunghi, freddi  e nevosi, spesso gli ci voleva qualcosa di più forte. E lui l’aveva trovato: era il rhum, un’acquavite derivata dalla canna da zucchero, importata dalle Antille. Era buono, era tosto, e quindi era proprio quel che ci voleva.
Un giorno Stanislao, che aveva già ingollato  vari bicchierini di rhum, si accorse di avere  una gran  voglia di un buon dolce. Di qualcosa di veramente speciale. Perciò, quando il suo maggiordomo gli piazzò sotto il naso l’ennesima porzione di kugelhupf, l’allontanò rabbioso.Poi impadronitosi del piatto che il servitore teneva timoroso tra le mani, lo scagliò sulla tavola, lontano da sé.
Il piatto terminò la sua corsa contro la bottiglia di rhum posata lì accanto, e la rovesciò. Prima che qualcuno potesse intervenire a risollevarla, il liquore aveva completamente inzuppato il  kugelhupf.
Sotto gli occhi ancora corrucciati di Stanislao ebbe luogo una straordinaria  metamorfosi: la pasta lievitata dell’insipido dolce lorenese, per solito di colore giallastro, assunse rapidamente una tonalità calda, ambrata, e un profumo inebriante comincò a diffondersi  intorno.
Nella sala da pranzo c’era un silenzio che si sarebbe potuto tagliare col coltello. Invece Stanislao, sotto lo sguardo stupefatto della servitù, sollevò  il cucchiaino d’oro (la mano gli tremava un po’), prelevò qualche frammento di questa Chimera: di quest’ibrido che si era materializzato sotto i suoi occhi, e lo portò alla bocca.
Quel che provò lo sappiamo. Lo abbiamo provato tutti la prima volta che lo abbiamo assaggiato il babà. Perché nessuno può dimenticare il primo istante in cui si è trovato faccia a faccia con Lui  (nessuno, tranne  i napoletani: in genere, per loro questo momento arriva  quando sono troppo piccoli per ricordarsene).
Fu questa, una giornata memorabile per l’umanità.
All’invenzione casuale del dolce  inventato dal Re polacco tra le brume della Lorena: mancava il nome.Fu sempre  Re Stanislao a dedicare questa sua creazione ad Alì Babà, protagonista del celebre racconto tratto da “ Le Mille e Una Notte”. Libro che il sovrano amava leggere e rileggere nel suo lungo soggiorno a Luneville . 
Il babà da Luneville arrivò presto a Parigi,alla pasticceria Sthorer. Qui in tanti lo conobbero e lo apprezzarono. A portarlo successivamente a Napoli,dove assunse la forma definitiva assai caratteristica (quella di un fungo) furono i “monsù”,chef che prestavano servizio presso le nobili famiglie napoletane. 
 E da allora il babà elesse Napoli a proprio domicilio stabile. Un’ultima considerazione: nella cucina napoletana esiste più d’un dolce che – per il suo sapore – “po’ ghì annanz’o Rre”: può essere presentato al re. Ma il babà è l’unico dolce che dinanzi al Re non c’è andato: c’è nato.
P.S.:  I progetti utopistici di Re Stanislao si realizzarono in pieno: di fronte a una guantiera di babà tutte le controversie si appianano, e  la Pace e la Concordia regnano sovrane.
Un grande sapore ha sempre la meglio sui dissapori: grandi o piccoli che siano.  

fonte: http://www.baba.it/storia.htm

mercoledì 27 marzo 2013

#Teatro: giornata mondiale 2013

giornatamondialedelteatro.it
 La celebrazione di quest'anno è introdotta dal messaggio del premio Nobel Dario Fo. Esso è particolarmente significativo per noi che ci dilettiamo nelle piazze virtuali a recitare. Ve lo proponiamo di seguito:

 Tempo fa il potere risolse l’intolleranza verso i commedianti cacciandoli fuori dal paese.
 Oggi gli attori e le compagnie hanno difficoltà a trovare piazze teatri e pubblico, tutto a causa della crisi.
 I governanti quindi non hanno più problemi di controllo verso chi si esprime con ironia e sarcasmo in quanto gli attori non hanno spazi né platee a cui rivolgersi.
 Al contrario, durante il Rinascimento in Italia chi gestiva il potere doveva darsi un gran da fare per tenere a bada i commedianti che godevano di pubblico in quantità.
 E’ noto che il grande esodo dei comici dell’arte avvenne nel secolo della Controriforma, che decretò lo smantellamento di tutti gli spazi teatrali, specie a Roma, dove erano accusati di oltraggio alla città santa. Papa Innocenzo XII, sotto le assillanti richieste della parte più retriva della borghesia e dei massimi esponenti del clero, aveva ordinato, nel 1697, l’eliminazione del teatro di Tordinona, il cui palco, secondo i moralisti, aveva registrato il maggior numero di esibizioni oscene.
 Ai tempi della Controriforma, il cardinale Carlo Borromeo, operante nel Nord, si era dedicato a una feconda attività di redenzione dei “figli milanesi”, effettuando una netta distinzione tra arte, massima forza di educazione spirituale, e teatro, manifestazione del profano e della vanità. In una lettera indirizzata ai suoi collaboratori, che cito a braccio, si esprime pressappoco così: “Noi, preoccupati di estirpare la mala pianta, ci siamo prodigati, nel mandare al rogo i testi con discorsi infami, di estirparli dalla memoria degli uomini e, con loro, di perseguire anche coloro che quei testi divulgarono attraverso le stampe. Ma, evidentemente, mentre noi si dormiva, il demonio operava con rinnovata astuzia. Quanto più penetra nell’anima ciò che gli occhi vedono, di ciò che si può leggere nei libri di quel genere! Quanto più la parola detta con la voce e il gesto appropriato gravemente ferisce le menti degli adolescenti e delle giovani figliole, di quanto non faccia la morta parola stampata sui libri. Urge quindi togliere dalle nostre città i teatranti come si fa con le anime sgradite”.
 Perciò l’unica soluzione alla crisi è sperare che contro di noi e soprattutto contro i giovani che vogliono apprendere l’arte del teatro si organizzi una forte cacciata: una nuova diaspora di commedianti che senz’altro, da quella imposizione, sortirà vantaggi inimmaginabili per una nuova rappresentazione.

(Dario Fo)

#Esergo di Manlio Lo Presti




di Manlio Lo Presti

Esergo di Manlio Lo Presti

C'hai la coca? No, cucina la mi mamma ...
(Scritta su un muro di Pontedera - Provincia di Pisa)

GINO & MICHELE, Le cicale 2008, Kowalski, 2007, pag. 32

Esergo di Manlio Lo Presti




Esergo di Manlio Lo Presti

Sotto imperatori diffidenti, perfino paranoici come Nerone e Domiziano, l'ipocrisia mascherata da rispetto era la regola, non l'eccezione.
Quando i capi sono paranoici, l'unica forma di fedeltà è rappresentata
dalla piaggeria.

R. STENGEL, Manuale del leccaculo, Fazi Editore, 2004, pag. 109

#Vita #Felicità: Vorrei averlo fatto - Bronnie Ware

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Perché la felicità è una scelta, e cerco di farla tutti i giorni. Ci sono momenti in cui non riesco. Proprio come te, anche io ho avuto una vita difficile, in modi diversi, ma comunque difficile. Però, invece di rimuginare su cosa è andato storto e su quanta fatica ho fatto, cerco il più possibile di trovare la gioia in ogni giornata e di apprezzare il presente… Siamo liberi di scegliere su cosa concentrarci. Io cerco di scegliere cose positive, come conoscerti, fare un lavoro che mi piace, non Vorrei averlo fatto essere sotto pressione perché devo raggiungere un certo fatturato, e sono grata della mia salute e di ogni giorno che mi viene dato.”

Vorrei Averlo Fatto di  Bronnie Ware

martedì 26 marzo 2013

Esergo di Manlio Lo Presti



Esergo di Manlio Lo Presti


Noi abbiamo ormai una struttura partitica le cui spese aumentano di mese in mese in maniera tale da superare ogni immaginazione.
Tali somme possono venire da fonti impure; non sono mai offerte
libere e spontanee. (Luigi Sturzo)

in: C.A. BRIOSCHI, Il politico portatile, Guanda, 2012, pag. 165

#Racconti saggi: Le pietre della vita

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 Le pietre della vita

Un esperto in time management, tenendo un seminario ad un gruppo di studenti, usò un’illustrazione che rimase per sempre impressa nelle loro menti.
Per colpire nel segno il suo uditorio di menti eccellenti, propose un quiz, poggiando sulla cattedra di fronte a se’ un barattolo di vetro, di quelli solitamente usati per la conserva di pomodoro.
Chinatosi sotto la cattedra, tiro’ fuori una decina di pietre, di forma irregolare, grandi circa un pugno, e con attenzione, una alla volta, le infilo’ nel barattolo. Quando il barattolo fu riempito completamente e nessun’altra pietra poteva essere aggiunta, chiese alla classe:
- “Il barattolo e pieno?”.
- Tutti risposero di si’.
- “Davvero?”.
Si chino’ di nuovo sotto il tavolo e tiro’ fuori un secchiello di ghiaia.
Verso’ la ghiaia agitando leggermente il barattolo, di modo che i sassolini scivolassero negli spazi tra le pietre.
Chiese di nuovo,
- “Adesso il barattolo e’ pieno?”.
A questo punto, la classe aveva capito.
- “Probabilmente no” rispose uno.
- “Bene” replico’ l’insegnante.
Si chino’ sotto il tavolo e prese un secchiello di sabbia, la verso’ nel barattolo, riempiendo tutto lo spazio rimasto libero.
Di nuovo,
- “Il barattolo e’ pieno?”.
- “No!” rispose in coro la classe.
- “Bene!” riprese l’insegnante.
Tirata fuori una brocca d’acqua, la verso’ nel barattolo riempiendolo fino
all’orlo.
- “Qual e’ la morale della storia?”, chiese a questo punto.
Una mano si levo’ all’istante
“La morale e’: non importa quanto fitta di impegni sia la tua agenda, se lavori sodo ci sarà sempre un buco per aggiungere qualcos’altro!”.
- “No, il punto non e’ questo”.
“La verità che questa illustrazione ci insegna e’: se non metti dentro prima le pietre, non ce le metterai mai.”
Quali sono le “pietre” della tua vita?
I tuoi figli, i tuoi cari, il tuo grado di istruzione, i tuoi sogni, una giusta causa. Insegnare o investire nelle vite di altri, fare altre cose che ami, avere tempo per te stesso, la tua salute, la persona della tua vita.
Ricorda di mettere queste “pietre” prima, altrimenti non entreranno mai.
Se ti esaurisci per le piccole cose (la ghiaia, la sabbia), allora riempirai la tua vita con cose minori di cui ti preoccuperai non dando mai veramente “quality time” alle cose grandi e importanti (le pietre).
Questa sera, o domani mattina, quando rifletterai su questa storiella, chiediti:
“Quali sono le ‘pietre’ nella mia vita?” Metti nel barattolo prima quelle.

fonte web: nostripensieri.altervista.org/wordpress/?tag=racconti-saggi
 

lunedì 25 marzo 2013

#LaResurrezione: Lazzaro



                    http://creativialbivio.com/images/arte_La%20resurrezione%20di%20Lazzaro.jpg


 C'era un tempo in cui la Chiesa, per affermare l'avvicinarsi del prezioso tempo della morte e resurrezione di Gesù, per invitarci a 'entrare' in questo grande, terribile, divino momento, con la massima serietà, copriva nelle chiese crocifissi, statue, come invito alla riflessione sull'essenziale. Ora non più. Ma resta sempre la necessità, per chi veramente vive la fede e sa che la sua vita dovrà conoscere questo stesso tempo di morte e resurrezione, di accostarsi a questo tempo con fede più viva e consapevole, con una partecipazione attiva.

È il tempo più prezioso della presenza di Gesù tra noi: un tempo in cui Lui ha davvero tracciato le orme per la nostra esistenza. Camminare, non vedendo e non seguendo le Sue orme, è vivere spensieratamente, forse, ma restando in superficie, rischiando di perdere il senso di tutto. Per nessuno deve essere così.

Abbiamo vissuto e viviamo tempi di paure per gli sconvolgimenti politici nel Mediterraneo, che hanno cambiato e stanno cambiando la storia di tanti Paesi. Per molti è in gioco soprattutto l'economia di tutti, ma lo è soprattutto la pace per tutti. Non si può ignorare il peso storico degli avvenimenti, vivendo da spettatori. Siamo stati invitati ad accogliere migliaia di profughi, che fuggivano dalla loro terra, per non essere vittime della violenza. Li abbiamo accolti. Ma avremo il cuore di ospitarli con amore?

Davvero questo tempo di Quaresima, in preparazione alla Pasqua, ci invita ad un atto di responsabilità e carità, che potrebbe diventare 'una nostra resurrezione'.

Saremo capaci di essere uomini autentici, che sanno anche dare un volto umano alla nostra terra?

O vivremo con indifferenza, e magari un senso di paura o, peggio, di ostilità, il dramma di tanti che si affidano alla nostra accoglienza?

Ci auguriamo vi sia una Pasqua di pace per tutti e non un dramma senza soluzioni.

Il Vangelo di oggi sembra proprio un ammonimento di Gesù sulla nostra vita. E' la vicenda della morte di Lazzaro, grande amico di Gesù, e delle sue sorelle Maria e Marta.

Proviamo a viverla con fede.

«In quel tempo un certo Lazzaro di Betania, il villaggio di Maria e di Marta, sua sorella, era malato. Maria era quella che aveva cosparso di olio profumato il Signore e gli aveva asciugato i piedi con i suoi capelli. Suo fratello Lazzaro era malato. Mandarono a dire a Gesù: 'Signore, ecco, colui che tu ami è malato'. Gesù pare non scomporsi, anzi assume un atteggiamento quasi di distacco. ? ' All'udire questo Gesù disse: 'Questa malattia non è per la morte, ma per la gloria di Dio, affinché per mezzo di essa il Figlio di Dio venga glorificato'.»

L'evangelista, che ben conosceva Gesù, a questo punto afferma: 'Gesù amava Marta e sua sorella e Lazzaro'. Appare dunque strano il comportamento del Maestro e può sembrare indifferenza, perché `quando sentì che era malato, rimase per due giorni nel luogo dove si trovava'.

Noi ci saremmo precipitati presso l'amico, colpiti dalla preoccupazione e sperando con ogni nostra forza dì poter fare qualcosa.

Ma Gesù certamente sapeva la grandezza dell'annuncio che Lui avrebbe trasmesso a noi, attraverso la malattia dell'amico. Noi, infatti, quando andiamo da una persona cara gravemente ammalata abbiamo solo la paura e ci aggrappiamo alla speranza. Gesù è la potenza di Dio, che sa quando è bene intervenire e quando è necessario attendere.

Non vi è nessun interesse nell'agire di Gesù, solo il vero Amore lo spinge. Nonostante le resistenze dei discepoli, che temono per la sua vita - 'Poco fa i Giudei cercavano di lapidarti e tu ci vai di nuovo?' -quando è giunto il tempo di Dio, è deciso: 'Andiamo di nuovo in Giudea.'....'Lazzaro, il nostro amico, s'è addormentato; ma io vado a svegliarlo. Il 'nostro' amico... chi ama Gesù, ama anche ogni creatura, da Lui amata.

«Venne Gesù e trovò Lazzaro che era già da quattro giorni nel sepolcro. Marta, come seppe che veniva Gesù gli andò incontro. Maria invece stava seduta a casa. Marta disse a Gesù: 'Signore, se tu fossi stato qui, mio fratello non sarebbe morto! . Ed esprime una speranza che è in lei certezza: 'Ma anche ora so che qualunque cosa chiederai a Dio, Egli te lo concederà. Gesù le disse: Tuo fratello risorgerà. Gli rispose Marta: 'So che risusciterà nell'ultimo giorno'.»

E Gesù dà il solenne annuncio, non solo riguardo la sorte dì Lazzaro, ma di tutti noi: l'annuncio che dà senso alla vita, che sappiamo tutti non ha grande durata sulla terra, per la sua stessa fragile natura. Un annuncio che è il grande Evento della Pasqua, quando Gesù stesso, Figlio di Dio, per toglierci dal castigo della morte senza domani, dopo il peccato originale, mettendosi nei nostri panni di creature, come Figlio dell'uomo subisce la passione e, per dare piena conferma della sua morte, non solo si fa crocifiggere, ma permette che un soldato gli apra il costato con la lancia. Verrà poi sepolto. Ma il terzo giorno fa dono a tutta l'umanità di una vita che ha recuperato la ragione per cui era stata donata, ossia l'eternità con il Padre: la Sua resurrezione, che diviene la nostra resurrezione!

Veramente qui Dio svela quanto sia grande il Suo Amore, quanto sia importante la Pasqua di Gesù e nostra.

Ma sappiamo entrare in questo amore e accoglierlo, o inconsciamente viviamo senza pensare che anche per noi ci sarà sicuramente la nostra resurrezione, la nostra pasqua?

Pare che tanti vivano come se tutto dovesse avere un termine con la morte: una vita senza futuro!

Una follia per chi sa che la vita è dono di Dio e non può dunque avere fine. Finirà il nostro corpo – così come lo sperimentiamo – ma non la vita, che con la risurrezione 'recupererà' lo stesso corpo.

Gesù risorto è il Vivente: '... non sono un fantasma' dirà ai discepoli: 'Sono proprio io!'.

Se ci pensassimo, quanto diverse sarebbero le nostre decisioni, le scelte... per lo meno forse più prudenti!!!

Ed ecco l'annuncio di Gesù a Marta, a noi: 'Io sono la resurrezione e la vita: chi crede in me, anche se muore, vivrà, e CHIUNQUE CREDE IN ME NON MORIRÀ IN ETERNO. Credi tu questo?

La risposta di Marta è immediata, per la totale fiducia che pone in Gesù: 'Sì, Signore, io credo che tu sei il Cristo, il Figlio di Dio che deve venire nel mondo.' E noi... crediamo questo?

Marta manda a chiamare Maria... «Gesù, quando la vide piangere, e piangere anche i Giudei, che erano venuti con lei, si commosse profondamente e, molto turbato, domandò: 'Dove lo avete posto?'.» Gesù, il Figlio dell'uomo, si lascia immergere nel loro dolore, come uno di noi, e non nasconde la sua commozione, non si vergogna di rivelare la profondità dei suoi sentimenti.

«Gli dissero: 'Signore, vieni a vedere!: Gesù scoppiò in pianto".»

Egli rivela tutta la sua umanità, che non si sottrae al dolore, come a volte accade a noi. Che preziosa lezione ci dà Gesù e di questo Lo ringraziamo.

Una lezione che fa dire ai presenti: 'Guarda come lo amava!' Ma vi sono anche sempre altri, più `realisti' o, speriamo di no, cinici: 'Lui, che ha aperto gli occhi al cieco, non poteva anche far sì che costui non morisse?'.

Intanto Gesù «profondamente commosso, si recò al sepolcro: era una grotta e contro di essa era posta una pietra. Disse Gesù: 'Togliete la pietra!: Gli rispose Marta, la sorella del morto: 'Signore, manda già cattivo odore: è lì da quattro giorni. Le disse Gesù: 'Non ti ho detto che, se crederai, vedrai la gloria di Dio?' Tolsero dunque la pietra. Gesù allora alzò gli occhi e disse: 'Padre, ti rendo grazie perché mi hai ascoltato. Io sapevo che mi dai sempre ascolto, ma l'ho detto per la gente che mi sta attorno, perché credano che tu mi hai mandato. Detto questo, gridò a gran voce: 'Lazzaro, vieni fuori!' Il morto uscì, i piedi e le mani legati con bende, e il viso avvolto da un sudario. Gesù disse loro: 'Liberatelo e lasciatelo andare. Molti dei Giudei che erano venuti da Maria, alla vista di ciò che egli aveva compiuto, credettero in Lui.» (Gv. 11,1-45)

È un fatto evangelico che, ripeto, costringe tutti a ripensare alla nostra vita troppo terrena, con troppa superficialità e distrazioni, che ci impediscono di pensare al 'domani' che ci sarà, per ciascuno! Del resto, se siamo onesti, dovremmo chiederci: Che senso ha questa vita racchiusa in un corpo così fragile che, se va bene, può conoscere solo le brevi stagioni della nascita, giovinezza, maturità e tramonto? Perché morire? Ma soprattutto che senso ha questa stessa vita che ci sentiamo 'dentro', e che rifiuta ogni idea di fine, che aspira a vivere per sempre, oltre la morte?

Sono le domande che evidenziano la maturità di ciascuno di noi e, le risposte che diamo, qualificano anche tutto il nostro modo di vivere.

Si può, anzi si deve vivere intensamente, consumando giorno dopo giorno il tempo che ci è dato, nell'attesa di entrare nell'eternità che ci attende nella resurrezione,

Ma purtroppo si può – Dio non voglia – vivere svuotati da ogni senso di eternità, tanto da avere la sensazione di morire giorno dopo giorno, per il nulla che contengono le scelte e i fatti che sono la nostra quotidianità.

Non resta, in questo ultimo scorcio di Quaresima, che rientrare in noi stessi, chiedere allo Spirito di Dio, di raddrizzare ciò che è storto e di aiutarci a vivere come Lui vuole:

Piega ciò che è rigido, drizza ciò che è sviato.

Dona ai tuoi fedeli, che solo in Te confidano, i Tuoi santi doni.

Dona virtù e premio, dona morte santa, dona gioia eterna
.

Facciamo nostra la preghiera elaborata da Mons. A. Maggiolini, chiedendo a Dio di poter vivere con Lui la gioia di essere risorti:

Signore, non ho pretese da accampare, né meriti da far valere,
perché tu mi conceda il tuo perdono.
La tua misericordia è soltanto grazia.
Grazia che non si arresta davanti a nessuna colpa,
davanti a rivolte o dimenticanze,
davanti ad una vita aggrovigliata che ti fronteggia,
deturpata e poi affondata nelle tenebre angoscianti,
poggiata sul nulla.
Non c'è peccato che tu non possa rimettere.
Le tue parole rendono il cuore puro e affidato a te,
come nei giorni della verità.
Fra me a tradirti e tu a perdonarmi,
sarò io il primo a desistere,
ma tu vuoi avere - per grande grazia -l'ultima parola:

– Ti sono rimessi ì tuoi peccati.
Va' in pace e non peccare più.
Grazie, o Gesù, per questo tuo gran Cuore. Amen.



Antonio Riboldi – Vescovo –

Fonte Web: http://narrabilando.blogspot.it/2011/04/la-resurrezione-di-lazzaro-segno-della.html
 

                                                      

#Cuori allo Specchio, Massimo Gramellini

http://4.bp.blogspot.com

Ti assicuro che tutte le donne vorrebbero incontrare un uomo colto ma sportivo, forte ma dolce, protettivo ma non asfissiante. Così come noi maschietti ci perdiamo dietro al sogno di ragazze bellissime ma che non se la tirino, autonome e indipendenti con tutti, tranne che con noi. Il nostro desiderio inconfessabile è una donna di forte personalità che appena entra in casa si spoglia del tailleur manageriale per chiudersi in cucina a farci da mangiare.
Il tuo problema non è che non vuoi innamorarti di un idraulico (chi ha più fascino di loro, così rari e inafferrabili?), ma che lo pretendi sciatore e diplomato.
Hai in testa un uomo ideale e pensi di poterti innamorare soltanto di lui. Ma quell’uomo non esiste. Bello, colto, stimolante, grande lettore, sciatore…
Io, per dire, supererei forse l’esame come lettore, ma alla prima domenica sugli sci mi molleresti senza pietà. E anche ammesso che esista un bravo sciatore colto (per quanto Tomba abbia confermato la difficoltà di una simile sintesi), dovrebbe poi superare indenne tutte le altre crocette del questionario. Conosco un paio di cronisti giudiziari che saprebbero parlarti per ore del blocco dei beni dei sequestrati, ma uno odia gli sci e l’altro è felicemente sposato con una donna che non sa nulla della legge in questione.
Insomma, la quadratura del cerchio è difficile. Forse è il caso di ridisegnarlo, questo cerchio, cercando di essere un po’ meno razionali. Non dico di accontentarti di quel che passa il convento o di farti piacere per forza il primo uomo carino che ti fa comodo. Sono errori che hanno commesso in molti, dopo anni di stremanti ricerche della perfezione, e che si pagano.
Prova invece ad andare al centro del tuo cuore. Individua un valore, uno solo, che deve incarnarsi nell’uomo che ami. Un valore profondo, discriminante, decisivo. La purezza d’animo, per esempio. O la forza, il coraggio, la serenità.
E quando troverai un ragazzo che oltre ad attirarti fisicamente (quella, ovvio, è la premessa indispensabile), possederà il tesoro che cerchi, promettimi che non lo  sottoporrai ad altri esami scritti e orali, ma proverai ad accontentarti di lui. E di te.
L’amore non è un questionario a quiz. E un’avventura che mescola il sogno al realismo, in una sintesi che forse racchiude il segreto della felicità.
  

Massimo Gramellini, Cuori allo specchio

domenica 24 marzo 2013

Quando la gente è convinta che sei un finocchio, James #Ellroy, #Corpi di reato, #giornalismo #scandalistico, #omofobia, #AIDS, #citazione


“The Advocate”, 6 giugno 1998:

IN GRAVI CONDIZIONI DI SALUTE NOTA FIRMA DELLA STAMPA SCANDALISTICA

“ Daniel "Danny" Getchell, di anni 68, editore e direttore responsabile del famigerato 'Hush-Hush', mensile scandalistico molto in voga negli anni Cinquanta e nei primi anni Sessanta, è stato ricoverato nei giorni scorsi al Cedars-Sinai Medical Center. Fonti ufficiose interne all'ospedale sostengono che Getchell si trova "nell'estrema e dolorosissima fase terminale di un tumore al cervello.

Nel periodo di massima popolarità, 'Hush-Hush', insieme alle altre riviste scandalistiche dell'epoca - 'Confidential', 'Whisper', 'Rave', 'Lowdown' e 'Tattle' -, condusse una crociata intimidatoria contro famosi personaggi dello spettacolo sospettati di tendenze omosessuali, che venivano braccati, con metodi che spesso sconfinavano nell'illegalità, al solo scopo di solleticare i più bassi istinti dei lettori. 'Hush-Hush' fu senz'altro il più accanito e volgare rappresentante di un giornalismo che riuscì a rovinare la vita di molti americani.
L'ex giornalista/editore di 'Whisper', Benjamin Luboff, nel suo recente memoriale 'Scandal-Rag Scourge', drammatico mea culpa per gli eccessi compiuti dalla sua testata, scrive che Danny Getchell era "ossessionato dalla smania di scoprire e denunciare le tendenze omosessuali di personaggi dello spettacolo" e lo giudica "un sadico farabutto che spacciava per crociata morale quella che in realtà era solo sete di guadagni facili". Alla nostra richiesta di un commento sul ricovero in ospedale di Getchell, Luboff ha così risposto: "Che volete che vi dica... io la morte non la auguro a nessuno, normale o omosessuale che sia; però è inutile nascondervi che senza Danny Getchell il mondo sarà un posto migliore."

Una fonte dell'ospedale ci informa che Getchell è attualmente ricoverato nel reparto rianimazione e che pertanto non è in grado di rispondere alla serie di domande fattegli pervenire dal nostro quotidiano “.

***

A stendere Johnny Stompanato non fu affatto Cheryl Crane, e io non ho nessun cazzo di cancro al cervello. E, comunque, io ai finocchi che stanavo gli davo sempre la possibilità di comprarsi il silenzio sul mio giornale.

E sul caro Ben Luboff so cose che non ci credereste. Altro che mea culpa.

La corbelleria del cancro al cervello è un filtro di fumo fumato dalle P.R. dell'ospedale. In realtà sono rinchiuso in un recondito reparto del Cedars ricavato in un vecchio rifugio antiatomico. Sono sepolto e sotterrato con sessantatré pazienti maschi e sedici medici accaniti nella caccia al nostro virus. Ipocritamente ignari dell'impegno d'Ippocrate, essi elargiranno l'elisir segreto solamente agli straricchi. Per pagarmi questo letto da duemila dollari a notte mi è toccato vendermi tutto quello che avevo.

Ho l'AIDS. Nell'avere l'AIDS, la cosa peggiore è avere l'AIDS. La seconda cosa peggiore nell'avere l'AIDS è che la gente è convinta che sei un finocchio.

Io non sono un finocchio. Io sono un tossico con quarant'anni di scimmia sulla schiena.

A me mi ha rovinato la mia ridicola ansia di ringiovanire. Purgavo periodicamente il mio putrefatto organismo con trasfusioni di sangue comprato di contrabbando. Nel '91 ne acquistai un avanzo scaturito dalla scorta sanitaria di Desert Storm. Quel sangue mi spense lo slancio sessuale, mi stremò il sistema immunitario e mi spinse verso una devoluzione drammatica e definitiva.

O forse qualcuno mi ha avvelenato apposta.
Sarà stato quel marchettaro che smascherai nel maggio del '61. O uno di quei bucaioli che mi beavo a sbertucciare taaaanto tempo fa. O qualche parassita con una perfetta percezione della punizione poetica.

E adesso pulso paranoia da tutti i pori. Sono un omofobo emofiliaco, nonché un crucifigibile cristiano del VaticANO Gay.
Vedo inchiodati agli idratatori cinque dei miei capri espiatori di allora. Mi seviziano silenziosamente con sguardi d'odio servito a shrapnel. Si accalcano accingendosi all'assalto mentre attacco questa mia arringa in stile 'Hush-Hush'.

Sotto il cuscino celo un'accetta. Ho palate di pattume pederastico pronte a schizzare sudiciume e a santiFicarmi in un finale finocchiese fedele all'oltraggioso olocausto hush-hushesco.

Quel lurido laido a tre letti da me mi luma con l'aria losca. Non riesco a ricordarmi in quale recondito ruolo di ricattato rinvenirlo. Meglio distrarmi dal suo disprezzo dedicandomi alla mia avventura, finché mi sarà ancora agevole allitterare allettantemente.

(James Ellroy, “Corpi di reato”, RCS Libri, 1999, testo tratto dahttp://www.wuz.it/archivio/cafeletterario.it/103/cafelib.htm )

(immagine tratta da http://www.istockphoto.com/stock-illustration-9142254-hard-boiled-detective-50-s-style.php)










Classificazione degli Oli Essenziali per la preparazione dei #profumi

Ogni profumo è frutto della creatività, della sensibilità e dell'esperienza di un profumiere, ma alla base c'è una distinzione degli aromi in macrogruppi.
I principali sono
AGRUMI
SPEZIATI
RESINOSI
LEGNOSI
CUOIO-TABACCO
VERDI ERBACEI
FLOREALI
FRUTTATI
CHYPRE
IRIS-VIOLETTA
LABIATE LAVANDA
ALTRI

Ognuno di noi può ascrivere il profumo che utilizza ad uno di questi macrogruppi e comprendere meglio il tipo di messaggio che sta trasmettendo a chi lo circonda.

Esergo di Manlio Lo Presti






Esergo di Manlio Lo Presti

Dono, uso e distruzione
sono i tre esiti dei beni -
chi non dona e non ne usa
consegue il terzo esito!

BHARTRHARI, Sulla saggezza mondana, sull'amore e sulla rinuncia, Adelphi, 1989, pag. 63

#Sorridere alla #Vita: Prendimi per mano - Thich Nhat Hanh

http://digilander.libero.it/night_fairy/mani.jpg


 Prendimi per mano

Cammineremo.
Cammineremo soltanto.
Sarà piacevole camminare insieme.
Senza pensare di arrivare da qualche parte.
Cammina in pace. Cammina nella gioia.
Il nostro è un cammino di pace.
Poi impariamo
che non c’è un cammino di pace;
camminare è la pace;
non c’è un cammino di gioia;
camminare è la gioia.
Noi camminiamo per noi stessi.
Noi camminiamo per ognuno
sempre mano nella mano.
Cammina e tocca la pace di ogni istante.
Cammina e tocca la gioia di ogni istante.
Ogni passo è una fresca brezza.
Ogni passo fa sbocciare un fiore sotto i nostri piedi.
Bacia la terra con i tuoi piedi.
Imprimi sulla terra il tuo amore e la tua gioia.
La terra sarà al sicuro
se c’è sicurezza in noi.

(Thich Nhat Hanh)
da http://www.pomodorozen.com/zen/sorridere-alla-vita-thich-nhat-hanh

sabato 23 marzo 2013

#Citazione #Natura; La terra per se stessa

http://www.ilblogdellapesca.it/wp-content/uploads/2013/01/primavera.jpg
La Terra di per se stessa è uno spettacolo incantevole con le sue alte vette, i laghi ed i fiumi, le valli e le fertili pianure, ma con i ritmi di vita che conduciamo al giorno d’oggi, siamo tutti sempre così presi dalle nostre attività ed impegni, che quando abbiamo del tempo libero, le nostre menti si focalizzano solo sulla ricerca di svaghi, del buon  cibo  o delle ore di meritato riposo e ci dimentichiamo di volgere lo sguardo alla perfezione della Creazione di Dio.

Paramahamsa Prajnanananda, L’Universo Interiore





Esergo di Manlio Lo Presti




Esergo di Manlio Lo Presti

Ci sono imbecilli superficiali e imbecilli profondi.

K. KRAUS, Detti e contraddetti, Adelphi, 1972, pag. 143

#Mediocrità #Citazione

http://3.bp.blogspot.com/ 
La mediocrità è non avere mai io coraggio di cercare verità nè grandi nè piccole, non aver voglia di migliorare. Mediocri sono le aspirazione ricalcate sulle pagine dei rotocalchi.

Lidia Ravera, Cosmopolitan

da Un libro di citazioni, pag. 165 "Le donne hanno detto" Laura Bolgeri - Rizzoli

venerdì 22 marzo 2013

Esergo Manlio Lo Presti




Esergo Manlio Lo Presti

Le passioni sono i soli oratori che persuadono sempre.
(François de la Rochefoucauld)

in: BRIOSCHI, Il politico portatile, Guanda, 2012, pag. 103

#Italy e i suoi #Borghi: Deruta - Umbria

http://rete.comuni-italiani.it/blog/wp-content/uploads/2009/01/deruta11.jpg

Il nome

Il nome nasce come variante di “Diruta”, cioè “rovinata”, in riferimento alla fuga dei perugini dalla loro città, incendiata da Ottaviano nel 40 a.C. durante la guerra civile che lo vide opporsi a Lucio Antonio. Gli abitanti della città distrutta, “diruta”, si stabilirono sul colle dell’odierna Deruta, che prese il nome di “Perugia vecchia”.

La Storia

40 a.C., il saccheggio di Perugia al tempo delle guerre civili provoca la fuga dei cittadini dalla città diruta, “distrutta”, sul colle dove sorgerà il nuovo abitato.
1040, compare per la prima volta nei documenti dell’abbazia di Farfa il nome Diruta.
1221, i documenti attestano che Deruta, pur dominata da Perugia, ha la facoltà di nominare un podestà, e gode quindi di una certa autonomia.
1299, compare la prima testimonianza scritta sulle ceramiche di Deruta.
1312, contro le milizie imperiali di Arrigo VII, Perugia dispone un rafforzamento delle difese di Deruta.
1370, l’esercito della Chiesa, per riportare sotto la propria egemonia le città ribelli dell’Umbria, tra cui Perugia, ne invade i possedimenti devastando anche Deruta.
1451, sono restaurate le mura cittadine; nel 1465 viene emanato il nuovo Statuto comunale in volgare.
1540, durante la “guerra del sale”, Deruta sostiene lo Stato pontificio che, sedata la rivolta dei perugini, garantisce al borgo un periodo di relativa pace, nel corso del quale la produzione di maioliche raggiunge il massimo sviluppo.
1814, viene restaurato il governo pontificio dopo le brevi parentesi napoleoniche (1798-1800 e 1809-14).
1860, con l’Unità d’Italia termina il lungo periodo di sottomissione allo Stato della Chiesa.

http://www.comunederuta.gov.it/wp-content/uploads/2012/12/Pinacoteca

Maioliche e Madonne

  Andiamo subito al cuore del borgo, per evitare l’impressione che l’ampia zona abitativa e industriale sorta negli ultimi decenni parallelamente alla strada statale E 45 ne abbia offuscato l’identità originaria. L’Umbria nei sogni di molti rimane una costellazione di antichi borghi in un mare di verde. D’altronde, il territorio di Deruta è segnato dai depositi argillosi che hanno consentito ai suoi abitanti di procacciarsi la materia prima con cui realizzare le ceramiche, e il ritorno a questa attività, dopo secoli di declino, si paga con qualche scalfitura all’estetica.



http://www.agriturismo-todi.com/images/ceramiche-Deruta.jpg
Tutto nel borgo parla di vasai e dell’arte della ceramica, a partire dal museo della ceramica. Ma procediamo con ordine. Si entra nel centro storico dalla porta di San Michele Arcangelo, ai cui lati si notano resti delle mura di cinta. Poco più avanti sono visibili le strutture di alcune fornaci del Cinquecento. La fontana a pianta poligonale del 1848 ci accoglie in piazza dei Consoli, che ha forma allungata e ospita i principali edifici pubblici e religiosi. L’odierno palazzo municipale, al cui interno si trova anche la pinacoteca comunale, è l’antico Palazzo dei Consoli, sobria architettura trecentesca rammodernata nel XVIII secolo lasciando inalterate le bifore ogivali che, con il portale, abbelliscono la facciata. Nell’atrio, reperti archeologici romani e medievali. La torre trecentesca ha bifore in stile romanico. Sulla stessa piazza si affaccia il complesso francescano, ossia il convento, fondato nel 1008 dai Benedettini (vi morì nel 1264 Papa Urbano IV) e la chiesa di San Francesco, in stile gotico, restaurata e consacrata nel 1388 dopo un terremoto che l’aveva quasi distrutta. Molto bella la facciata della chiesa in pietra arenaria con il portale ogivale e l’elegante rosone in pietra bianca e dorata. All’interno sono conservate tracce di affreschi realizzati tra XIV e XVI secolo. Notevoli l’affresco raffigurante la Vergine e i Santi Francesco e Bernardino, attribuito a Domenico Alfani (1520) e quello di fine Trecento vicino all’altare maggiore, che ha sempre per soggetto la Madonna tra i Santi. Il campanile trecentesco è a bifore ogivali. Nel convento è collocato il Museo regionale della ceramica.

http://www.comunederuta.gov.it/cultura-e-territorio/museo-regionale-della-ceramica/

Spostiamoci ora in piazza Benincasa per visitare la chiesa di Sant’Antonio Abate, da poco tornata al suo splendore. Il primo restauro risale al 1493, l’interno accoglie affreschi umbri di Bartolomeo Caporali (Madonna della misericordia, 1480) e del più tardo Giovan Battista Caporali (Episodi della vita di Sant’Antonio Abate). Ben inserita nell’ambiente urbano è anche la chiesa della Madonna delle Piagge (1601) che reca in facciata un pannello in maiolica di Amerigo Lunghi (1929).

Opera tutta particolare, appena fuori il paese, è il santuario della Madonna dei Bagni, costruito a pianta centrale subito dopo l’evento miracoloso del 1657, originato dal ritrovamento di un’immagine della Madonna su un frammento di ceramica, tuttora custodito nell’altare maggiore. La forza della fede si esprime qui in oltre 600 mattonelle votive, realizzate dai ceramisti di Deruta su commissione dei fedeli che hanno ricevuto la grazia. Gli ex voto in maiolica (esempio quasi unico) illustrano disgrazie, malattie, incidenti risoltisi felicemente per l’intervento della Madonna.

http://www.umbria.ws/sites/default/files/images/santuario-madonna-dei-bagni-deruta.img
 

l prodotto del borgo

  Oltre alle ceramiche, che si possono acquistare direttamente nelle botteghe artigiane, occorre ricordare l’olio extravergine d’oliva di Castelleone, apprezzato dai palati più raffinati come, in passato, quello di Gabriele D’Annunzio.

http://www.umbriaintour.com/public/images/Deruta/deruta_ceramica.jpg

l piatto del borgo

Tagliatelle con le interiora d’oca, porchetta al finocchio, umbricelli al coccio: questi ultimi si mangiano nella festa di giugno della frazione Ripabianca. Le sagre nelle frazioni sono l’occasione per apprezzare piatti locali quali i “birbanti”, a Sant’Angelo di Celle, e il “cannibale”, particolare tipo di carne che si cucina a Castelleone.
 
fonte: http://www.borghitalia.it/html/borgo_it.php?codice_borgo=199&codice=elenco&page=1

giovedì 21 marzo 2013

Esergo Manlio Lo Presti



Esergo Manlio Lo Presti


Il mondo globalizzato cui aspirano i banchieri è in qualche modo prefigurato nel progetto filosofico di Kant.
Una sola lingua, quindi necessariamente una sola letteratura, un solo tipo di pensiero in tutto il mondo[...]
C'è chi parla della inevitabilità della Terza guerra mondiale ...

IDA MAGLI, La dittatura europea, Rizzoli, 2010, pag. 116

#Citazione #Madre #Culla

http://3.bp.blogspot.com 
Ci fosse almeno una madre in tutto il mondo che sapesse essere soltanto una culla e una bara, senza accorgimenti, senza scopi, senza previdenze: un punto fisso verso cui dirigerci quando la nostra anima intraprende i viagggi sconosciuti.

Paola Masino, Nascita e morte della massaia.

tratto da. Un libro di citazioni "Le donne hanno detto" pag. 155 - Laura Bolgeri - Rizzoli

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