RIVOLI
di Cristina Seravalli
Angela passa lo straccio sul pavimento, la testa altrove.
Turi non sta andando bene, ha sempre l'asma; è la terza volta che lo porta al pronto soccorso.
Quel bambino è troppo magro, non mangia abbastanza, è fisso su quei giornalini.
Angela raccoglie il secchio da terra insieme allo straccio e allo spazzolone, esce dimenticandosi di
spolverare e si dirige al telefono nel corridoio.
A lavoro non dovrebbe, solo per le emergenze, come dice il direttore, ma vuole avere notizie di
Turi, sapere come sta oggi e se è andato a scuola.
Certo sua madre non la smette di parlare! Con la cornetta all'orecchio, Angela lucida
distrattamente il piano della libreria accanto a lei, mentre ascolta la madre lamentarsi perché Turi
non è andato a scuola, non ha mangiato e sta sempre su quei cosi a leggere seduto in terra.
Angela pensa ai suoi giochi all'aperto di tanto tempo fa, al sud, a casa. Ma dove può giocare qui
Turi, se piove da giorni?
L'entusiasmo del viaggio con questo uomo affascinante, quasi sconosciuto e quindi
intrigante, si spegne appena Margaret entra nella stanza d'albergo, spoglia e umida, ma sopratutto
sporca, con le coperte malamente sistemate sul letto e la polvere sul comodino. Il sorriso di David
non le riaccende il buonumore anche perché fuori ricomincia a piovere. Forse non ha mai
smesso, solo che prima, cinque, dieci minuti fa, la pioggia di novembre le sembrava bella e
addirittura romantica.
David solleva la valigia e la getta con gesto virile sul letto, sorride a Margaret, l'abbraccia e
cerca di baciarla. Ma Margaret trova ingiusto quel bacio, vorrebbe altro ora; non potrebbe David far
smettere tutta quella pioggia?
Saranno costretti in albergo, in quella camera sporca e triste almeno finché non rallentano quelle
sbarre d'acqua gelida che la tengono prigioniera.
Il suo bel vestito finto chanel è sgualcito, umido e appiccicoso: ma in Italia non doveva non
piovere mai? Abbassa lo sguardo: la valigia di David gronda acqua nera sul copriletto. Pensa che
è da veri idioti mettere una valigia sporca di aereo, treni e stazioni su un letto, per quanto
disgustoso.
Mangeranno in camera, è deciso; si faranno portare una cena calda, almeno quello sarà possibile?
Secondo Mario fare il portiere d'albergo è un'ottima cosa, soprattutto la notte: non c'è molto
da fare e si può leggere a sazietà, a volte fino all'alba indisturbati. Ha con sé anche il manuale di
storia. Guarda il volume sbertucciato e subito avverte il solito senso di colpa e la tentazione di
desistere. L'esame è davvero vicino, conta i giorni e si smarrisce. Rimane quell'esame e poi è
fatta, poi potrà dedicarsi alla tesi, solo a quella.
Mario afferra il librone e leggiucchia qua e là e in un attimo, senza accorgersene, si immerge nella
lettura, catturato da quell'ammasso di eventi e date ordinati in una lucida connessione causale.
Anche la pioggia acquista un senso nel ritmo cadenzato e costante.
Angela finalmente è a casa. Si libera della spesa pesante sul tavolo di cucina. Turi è ancora chino,
concentrato e perso nel mondo fantastico dei supereroi. Magari averne uno qui, vero, enorme e
potente. potrebbe afferrarla alla vita e farla volteggiare e forse potrebbe anche preparare la cena.
Ad Angela scappa da ridere all'idea di superman con il suo grembiule a fiori. È buio fuori, fa buio
presto di questa stagione, ma lei ora è nella luce di casa, al riparo dalla pioggia e Turi di là in
cameretta sembra tranquillo e respira bene.
David al bancone del ricevimento, pretende attenzione dal portiere. Che leggerà mai? Ha
freddo, l'umido gli è penetrato nelle ossa e il gelo nell'anima. Forse è per questo che anche
Margaret gli sembra così fredda e distante. Forse basterebbe un pasto caldo per rimettere a posto
le cose. Vorrebbe una cenetta calda e intima in camera. Margaret sarà di nuovo contenta.
Mario si sforza a pensare a tutte le trattorie dei dintorni, ma alle dieci di sera dove lo trova
qualcuno disposto a cucinare e consegnare la cena e poi con questa pioggia? Certo gli stranieri
sono davvero strani. Gli dispiace, ma non è possibile. No way, no possible. Glielo spiega nel suo
inglese fluente, sentendosi molto giusto e internazionale. Comunque per la coperta, no problem, si
può fare, due minuti e avranno una coperta pulita e calda.
Angela mette a letto Turi, domani è festa, ma domani l'altro niente storie: succeda quel che
succeda andrà a scuola. Afferra risoluta i fumetti e li piazza là in alto sull'armadio grande. Se ci
fosse suo padre, se ci fosse un padre, non si comporterebbe così e nemmeno lei l'avrebbe viziato
tanto. Ma anche lei non è da meno, è forte abbastanza per farsi rispettare. Accende il ferro e
comincia a stirare la montura che deve essere fresca e ordinata per domani, le ricorda un po' il
grembiulino di quando andava a scuola e i giorni da bambina e di sole. Sembra un secolo! Anche
la pioggia, sembra un secolo che piove.
Margaret e David sono esausti, fradici e avviliti. Sono fermi in strada da un'eternità, senza sapere
cosa fare nella città deserta e buia, i lampioni offuscati dalla pioggia fitta e continua e le valigie a
terra, informi e zuppe d'acqua, sono prive di importanza ormai. Forse lasciare l'albergo è stato
avventato e imprudente. Non si guardano, non parlano. La rabbia si è trasformata in sconforto e la
stanchezza impedisce loro di incolparsi a vicenda. La pioggia insiste e sembra che insista solo su
di loro.
Mario è immobile alla finestra. Guarda le trasparenze delle gocce d'acqua, dei rivoli che
scorrono e si rincorrono sulla superficie liscia dei vetri. Non ha voglia di pensare. Meglio lasciare la
mente ferma sulla monotonia della pioggia, senza preoccuparsi degli inglesi, del direttore che si
farà sentire di sicuro, dello studio, e di suo padre che non ce la farà a sopravvivere fino alla sua
laurea. Il cielo piange abbastanza anche per lui. Ancora quattro ore del turno di otto e poi sarà a
casa senza possibilità di evadere, di chiudere gli occhi sulla ineluttabile realtà.
Sono le quattro, Angela lo sa perché è quando suona la sveglia, quella sveglia che non
vorrebbe mai sentire, che la spinge via dall'abbraccio caldo delle coperte. Non c'è acqua in casa, si
infila i vestiti e in un attimo è pronta e sulla porta, poi in strada. Piove, ma con un nuovo,
inquietante rumore. Un suono, un rombo che non ha mai udito. Ancora prima di capire Angela già
corre di nuovo verso casa, verso Turi. No, Turi non andrà a scuola domani l'altro.
La massa d'acqua oltrepassa gli argini e in un attimo è ovunque. Con potenza, con
violenza, si impadronisce delle strade, dei giardini, delle piazze, delle case, penetra fra le
saracinesche dei negozi e invade luoghi e spazi, cose e vite.
Il 4 novembre del 1966 alle 4 di mattina, l'Arno esonda e travolge Firenze.
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venerdì 4 novembre 2016
sabato 2 luglio 2016
Madrid: i cefalofori - terza parte
L'albergo si trova sopra ad un teatro e nell'arco di 400 metri se ne raggiungono altri due. Uscendo per cena sembra di essere al Festival di Salisburgo abiti, gioielli, scarpe alte e donne, tante tante donne. Più di ogni altra città visitata fino ad ora, Madrid mi sembra un grande gineceo. Qui le donne si muovono a squadre e parlano parlano, ridono, muovono veli, diffondono profumi. Sono donne, donne normali. Non sono le donne incontrate in Olanda dove anche in metro trovi bellezze da copertina, sono donne difettose quelle di Madrid, donne che non hanno niente in comune con la barbie, ma che si spogliano senza problemi. In metro una donna ha un abito di un leggerissimo cotone azzurro a fiori, il seno grande trattenuto a stento nella fascia elastica e poi la gonna fino alle caviglie.
I più gettonati però sono i pantaloncini corti, insomma qui le cosce vanno scoperte giovani, vecchie, magre, grasse, con cellulite o bianchissime. Sì, qui le donne fanno come gli pare e sembrano non seguire una moda, godono del loro corpo e lo mostrano senza inibizioni. Molte hanno i lineamenti sudamericani tipo peruviane, cilene, magari non sono di lì, ma ricordano quei luoghi. La loro pelle è scura i capelli neri, i fiachi rotondi, lo stomaco prominente i seni grandi e abiti attillatissimi. E poi ci sono le turiste, quelle con le infradito a qualunque ora del giorno, quelle dalla pelle chiara arrossata dal sole che spesso hanno una bottiglia di acqua in mano, sguardi curiosi e capelli lisci e biondi. Sono veramente tante le donne a Madrid e questa sera Piazza di Spagna è piena del loro profumo.
Gli uomini non sono altrettanto interessanti, o forse non si fanno notare quanto le donne, che hanno quell'aria indipendente che difficilmente si respira in Italia.
Ma è tempo di cena e ancora non ho parlato dei piatti tipici: la paella, le tortillas, il gazpacho, ci sarebbe un piatto con ceci, verdura e frattaglie:
il cocido madrileno, ma questo non rientrava nelle mie priorità. La paella la fanno tutti, ma è molto difficile trovarla artigianale, sembrano spesso piatti pronti che vengono solo scaldati all'occorrenza. Le tortillas invece sono molto buone, frittate espresse spesso di patate, ma a volte con prosciutto, peperone rosso o verde, talvolta pomodoro.

Il Gazpacho era un piatto che non mi attirava, invece devo dire che in estate è gradevolissimo, fresco e nutriente a base di pomodori, cetrioli e peperoni frullati, il tutto servito freddo. Inoltre in molti locali si trovano una sorta di crocchè serviti con una salsa di peperone: le croquettes. Molti sono i piatti a base di ceci, di arrosti e di carne di agnello.
Tra le cose da visitare merita una giornata il Museo Archeologico Nazionale: il prezzo del biglietto è 3 euro. Il Museo dispone di un deposito bagagli anche per i bagagli a mano il che è molto comodo visto che qui vicino c'è la fermata dell'autobus che arriva dall'aeroporto. Tornando al Museo, possiete una delle più belle collezioni viste di vasellame di origine greca. E' un museo molto moderno, ci sono video che raccontano la storia con filmati di massimo 5 minuti ben strutturati con sottotitoli in spagnolo e inglese, alcuni, pochi, anche con audio in inglese. Nei video che non hanno audio si trova l'immagine di un orecchio sbarrato. Subito all'ingresso tre pareti di monitor a preparare il visitatore a ciò che lo attende.
Nel primo un'intera parete di immagini ad indicare le conoscenze dell'uomo nel diverso periodo storico e la cosa sorprendente è la velocità con cui si è evoluta la nostra razza in seguito a determinate scoperte. Poi uno splendido doppio video sulla storia della penisola Iberica nei millenni. Guardare la storia dei luoghi fa capire subito che quando intere popolazioni si spostano, la storia cambia e che certi flussi sono inarrestabili.
Sono tante le parti interessanti, come è iniziata la stratificazioni in classi sociali. Come l'arrivo degli stranieri o il mescolamento con altri popoli abbia determinato un iniziale NOI - VOI e poi all'interno delle stesse comunità un IO-TU o IO-VOI. E da lì, decori, scritte, case diverse e sepolture diverse.
Forse è banale, ma è stato un elemento su cui mi sono soffermata a lungo. Perchè alcuni si sono estinti? Cosa hanno lasciato ai loro eredi?
Di sezioni ce ne sono molte e il Museo richiede almeno 4 ore di visita attenta. Al piano superiore scopro che la Germania in tempo di guerra coniava monete di terracotta e le più preziose avevano un bordo di metallo. E ancora la spada fatta di monete tutte legate una con l'altra. Una spada utilizzata in Cina e senza scopo offensivo a meno che tu non sia uno spirito maligno!
Infine, ma di cose ce ne sarebbero veramente tantissime, il santo cefalorofo, ovvero quel tipo di santo che viaggia con la propria testa in mano dopo la decapitazione e si comporta come se niente fosse.
Santi che non hanno la testa sulle spalle, come verrebbe facile pensare!
Il viale che riporta al centro è molto grande, ma nonostante questo la maestosità dell'Istituto Cervantes è disarmante.
Ha delle colonne che sono enormi quanto quelle del tempo di Segesta ma forse di più e sopra altre colonne, che lassù sembrano un balconcino ma in realtà il solo attico sarebbe un palazzone se posto a terra. Insomma, forse è colpa mia, ma davanti a questo edificio sono rimasta attonita. Non mi è piaciuto, ma mi ha turbata.
E ancora cocchi e angeli di vario genere sui tetti, sembrano di moda a Madrid ed è una moda mi piace molto.
Tutto questo per dire che
avevo acquistato una spazzola per capelli a Barcellona nel dicembre 2012, ma qualche giorno fa mi si era rotta, quindi ho fatto due biglietti per Madrid.

Gli uomini non sono altrettanto interessanti, o forse non si fanno notare quanto le donne, che hanno quell'aria indipendente che difficilmente si respira in Italia.






Sono tante le parti interessanti, come è iniziata la stratificazioni in classi sociali. Come l'arrivo degli stranieri o il mescolamento con altri popoli abbia determinato un iniziale NOI - VOI e poi all'interno delle stesse comunità un IO-TU o IO-VOI. E da lì, decori, scritte, case diverse e sepolture diverse.

Santi che non hanno la testa sulle spalle, come verrebbe facile pensare!
Il viale che riporta al centro è molto grande, ma nonostante questo la maestosità dell'Istituto Cervantes è disarmante.


Tutto questo per dire che
avevo acquistato una spazzola per capelli a Barcellona nel dicembre 2012, ma qualche giorno fa mi si era rotta, quindi ho fatto due biglietti per Madrid.
I santi cefalofori
mercoledì 29 giugno 2016
Madrid: tapas y patatas - seconda parte
Madrid vive di tapas y patatas.
Se a Barcellona mi avevano colpito piccoli locali che vendevano solo pop-corn, qui a Madrid è evidente la passione per la patata. Al mercato ci sono banchi che vendono cartocci di patate a sfoglia e anche in molti locali si trovano questi coni di carta pieni di patatine, per intendersi quelle a cui fanno la pubblicità Rocco e Cracco. Tutto per aumentare la voglia di una bionda fresca e spumeggiante: perchè Madrid è incontro.



Luoghi dove mangiare ce ne sono veramente a non finire, soprattutto in questa zona ad altissima vocazione turistica la scelta è complicata, i migliori ristoranti, quelli tipici veramente sono tutti in periferia, ma dopo il Prado e il Thyssen in un giorno solo, non riesco proprio a pensare di allontanarmi troppo. Su tripadvisor parlano bene di una Taberna piuttosto vicina, ma la cena è deludente, il tipico Jamon Serrano, che viene servito, come già sperimentato in altri locali, leggermente tiepido e un po' untuoso accompagnato con pane tostato con pomodoro.
Non ho capito se lo saltano nell'olio o se è il calore delle cucine a renderlo così. Lascio molte delle cose nel piatto, ma quei salumi proprio non mi attirano, il cameriere sorridendo dice "glielo avevo detto che erano porzioni enormi" sorrido anche io per non mortificarlo, ma in realtà è la qualità a difettare. Per strada, vengo contagiata dalla grande voglia di vivere di tutti, avrei voglia di fare mattina, perchè senti che anche camminare per le strade ti riempirebbe di energie vitali, ma i miei piedi si rifiutano di inseguire i miei sogni quindi torno in albergo, dove, solo verso le 5, inizia a placarsi la fiesta. La mattina - per me mattina vuol dire massimo le 6 - è praticamente inutile uscire per fare colazione, prima delle 8.30 non se ne parla proprio e i pochi bar aperti spesso appaiono trasandati, vetrine sporche, cibo residuo del giorno prima, meglio aspettare quindi e adattarsi ai ritmi della città.

Mentre molti si alternano al bancone salgo nella saletta dove sono stata preceduta da gruppi di tedeschi che hanno già ordinato uova, panini, pancetta e succhi di frutta. Sono tutti anzianotti e parecchio goderecci, Madrid è una città per tutte le età. Un cameriere, sulla sessantina, salta come un grillo da un tavolo ad un altro, sparecchia, apparecchia, prende le ordinazioni, porta il conto e corre come un disperato. Si ricorda tutto eccetto la mia colazione, infatti dopo circa 30 minuti decido di accennare un timido richiamo. Timido perchè francamente, solo a vederlo lavorare con tanta lena, mi sento stanca.
Il Reina Sofia era un ospedale, ora, se chiudo gli occhi e penso all'ospedale della mia città comprendo immediatamente che non potrà essere un luogo di piccole dimensioni come mi avevano detto.
Le foto sono scattate dall'ascensore a vetri e si vede la Stazione di Atocha al cui interno si trova una serra interessante e un conveniente deposito bagagli. Solo come informazione per altri viaggiatori, qui arriva l'autobus che proviene dall'aeroporto e anche il treno che parte dal terminal 4.

Resto a guardarla e a chiderle: Cosa vuoi dirmi? cosa significhi? Perchè ti attacchi tenace ai miei pensieri? Che ti ho fatto di male? Non mi piaci neppure, vai via!
Ecco le storie raccontate ai bambini e l'immagine dell'uomo forte espressa perfettamente in quest'opera.
A metà visita decido di prendere un'ora di pausa.
Non è possibile passare da una sala all'altra senza soluzione di continuità, certe sale fanno male e certe non le capisco proprio. Osservo mio marito estasiato davanti ad opere che non mi stupirei di trovare davanti ad un cassonetto eppure lui percepisce qualcosa che io non vedo. Mi posiziono davanti all'opera e chiedo "Vorrei il solito, grazie!" ma non accade niente.
La caffetteria è questa, il bancone del bar è lungo, ma in questo spazio quasi si perde. Ho sete, sono stanca, mi metto sul divano, vicino a me quattro giapponesi stanno dormendo, altri vicini si raccontano, uomini di mezza età sgranocchiano patatine, le immancabili patatine. Un'ora a disintossicarmi dalle immagini viste, non ci riesco ma ho ancora due piani da visitare quindi si riparte. Metto di seguito le immagini di alcune opere.
Poi arrivo davanti a quest'opera e non riesco a muovermi più.
Dalì: L'uomo invisibile
Ovviamente non è finita qui, le sale sono ancora molte una in fila all'altra e ognuna riserva capolavori che meriterrebero più tempo e più attenzione. Oramai sei così stordito che passando davanti ad un Picasso dici "Ah sì è Picasso" oppure "ancora un Mirò e un Dalì...."
Il nudo è un attrattore potente, il quadro è posto quasi davanti alla porta di ingresso della sala: un richiamo fortissimo. Molti guardano in questa direzione fingendo disinteresse, ma poi con la coda dell'occhio osservano la donna adagiata sul telo bianco. Osservo il comportamento degli uomini, soprattutto quelli accompagnati dalle loro anziane mogli, guardo lui e poi lei che subito si accorge che qualcosa sta provocando una turbativa d'asta a volte lei lo invita a guardare altro, a volte è lui a ostentare sufficienza. Alcuni si vede che fanno un giro lungo proprio pregustando il momento dell'incontro, cercato, voluto, atteso. Ed eccomi, sono qui davanti a te bella signora, mollemente adagiata, chissà se immaginavi che avresti destato tanto interesse, il giorno che hai deciso di posare per quell'uomo, chissà se sei esistita veramente o se rappresenti il frutto della sua passione o dei suoi desideri. E guardo il tuo pube glabro.

Prima di tornare in albergo e scegliere il locale per la serata, mi concedo quest'ultimo quadro, vorrei poter correre sui gradoni come una di quelle "animelle" nere che sembrano prese da chissà quale fuoco sacro, come il giorno che si allunga nella notte.


Uscita! Ancora 15 minuti a piedi e poi la doccia, ma la bellezza assimilata non si scioglierà con l'acqua e sapone.
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