Buongiorno, oggi è il 22 gennaio.
Il 22 gennaio 1905 (o il 9 gennaio, secondo il calendario vigente allora in Russia) ebbe luogo la cosiddetta "domenica di sangue" a San Pietroburgo.
All'inizio del 1904 la situazione sociale ed economica della Russia era estremamente deteriorata. Ai problemi legati alle mai completate riforme in campo agricolo e ad una industrializzazione forzata dall'alto si aggiungevano quelli causati dalla tensione politica e sociale. Quest'ultima, infatti, finì in un moto rivoluzionario: il più ampio e sanguinoso cui l'Europa avesse mai assistito. A far precipitare gli eventi contribuì lo scoppio della guerra col Giappone che, provocando fra l'altro un brusco aumento dei prezzi, fece immediatamente salire la tensione sociale.
In una domenica di gennaio del 1905, a Pietroburgo, un corteo di 150.000 persone che si dirigeva verso il Palazzo d'Inverno, residenza storica dello zar, per presentare al sovrano una petizione (vi si chiedevano maggiori libertà politiche e interventi atti ad alleviare il disagio delle classi popolari) fu accolto a fucilate dall'esercito: i morti furono più di cento e oltre duemila i feriti. La brutale repressione della domenica di sangue scatenò in tutto il paese un'ondata di agitazioni: a San Pietroburgo e a Mosca gli operai scesero in sciopero; nelle campagne vi furono sollevazioni di contadini; nell'esercito si ebbero ammutinamenti.
Di fronte alla crisi dei poteri, incapaci di riportare l'ordine, anche perché il grosso dell'esercito era impegnato in Estremo Oriente, sorsero spontaneamente in molti centri, i soviet (termine russo che significa "consigli"), cioè rappresentanze popolari elette sui luoghi di lavoro. Il più importante era quello di Pietroburgo, il quale assunse la guida del movimento rivoluzionario nella capitale e si trovò a esercitare un notevole potere di fatto in tutta la Russia.
In ottobre lo zar parve finalmente disposto a cedere e promise libertà politiche e istituzioni rappresentative; tuttavia, fra novembre e dicembre, dopo che era stata conclusa la pace con il Giappone e le truppe erano rientrate dal fronte, la corona e il governo passarono alla controffensiva facendo arrestare quasi tutti i membri del soviet di Pietroburgo e schiacciando con durezza le rivolte successivamente scoppiate nella capitale e a Mosca. Spaventati da ciò che stava accadendo e scettici nei confronti del governo nell'idea che riuscisse a riportare l'ordine malgrado le brutali forme di repressione messe in atto, i membri dell'alta borghesia e della nobiltà terriera fecero pressioni sul regime affinché facesse quel minimo di concessioni ritenute necessarie per riportare l'ordine. Nell'ottobre 1905, lo zar pubblicò quello che venne poi chiamato il Manifesto di ottobre con cui concedeva una costituzione e proclamava i basilari diritti civili per tutti i sudditi. Tra le altre cose il documento prevedeva l'elezione di una Duma ossia di un parlamento anche se con poteri limitati ed un sistema elettorale non del tutto equo. Il principale limite ai poteri della Duma risiedeva nel fatto che i ministri continuavano ad essere responsabili solamente di fronte allo Zar. Sulla fine del 1905 il governo, che nonostante tutto non aveva mai smesso di funzionare, riuscì, anche grazie ad una pesante opera di repressione, a riprendere il controllo del paese. Tuttavia le aspettative di un'evoluzione parlamentare del regime andarono comunque deluse. Eletta nel 1906, a suffragio universale ma con un sistema che privilegiava i proprietari terrieri, dotata di poteri troppo limitati, la prima Duma risultò un ostacolo sulla via della restaurazione e fu sciolta dopo poche settimane. Uguale sorte subì una seconda Duma eletta nel 1907 e rivelatasi ancor meno governabile della prima. (4 furono, in totale, le Dume istituite). A questo punto il governo modificò la legge elettorale in modo tale che il voto di un grande proprietario contava cinquecento volte quello di un operaio e poté finalmente disporre di un'assemblea più docile, composta in gran parte da aristocratici. Con questo colpo la Russa tornava a essere un regime sostanzialmente assolutista.
Ma la spinta rivoluzionaria era solo sopita, non cancellata. Durante la prima guerra mondiale, la dinastia zarista dei Romanov conobbe la sua definitiva capitolazione, in quelli che furono definiti "i dieci giorni che sconvolsero il mondo".
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