astell’Arquato è
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imm. da comune.castellarquato.pc.it |
uno dei borghi meglio conservati dell’Appennino
Il toponimo deriverebbe da Caio
Torquato, il patrizio romano che secondo tradizione fondò qui il
primo castrum o, più probabilmente, da castrum
quadratum, che nei documenti tardomedievali indica la pianta a
forma quadrangolare del castrum.
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Castell’Arquato è un borgo d’arte di rara bellezza pervaso di atmosfere d’altri tempi.
Ha
basse case a schiera color mattone e vicoli stretti in acciottolato che
portano alla cima del colle, dove si apre l’ampia piazza monumentale
che sembra incredibile trovare in un posto così, in questa Val d’Arda
che sfuma da un lato verso la via Emilia e la Padania, dall’altro verso i
colli di Vernasca (e l’Appennino) con il borgo-gioiello di Vigoleno.
La
parte monumentale è ricchissima. La Rocca Viscontea, voluta dal comune
di Piacenza ed eretta da Luchino Visconti tra 1342 e 1349, è una delle
più notevoli fabbriche militari del Nord Italia.
Presenta una pianta a
L con la cinta minore di mura che dà sulla piazza. Oltre ai muri
esterni oggi restano le quattro torri difensive, di cui solo quella
orientale è integra.
Su tutto il complesso domina la mole del
dongione, che vale la salita per lo splendido panorama e il museo
medievale che vi è allestito.
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imm. da comune.castellarquato.pc.it/foto/collegiata |
Nella piazza si resta affascinati anche
dal gruppo absidale della Collegiata, una delle chiese più antiche del
territorio, già esistente nel 756 con funzione di pieve battesimale,
ricostruita dopo il terremoto del 1117 e consacrata nel 1122.
Il
fonte battesimale in pietra è databile VII-VIII sec., mentre il bel
portale strombato, l’architrave e la lunetta scolpita sono del XII sec.
Sul
lato sinistro della chiesa scorre il portico tre-quattrocentesco detto
“del Paradiso” perché ospita le tombe di personaggi illustri.
La
parte più affascinante è comunque il gioco volumetrico delle quattro
absidi contrapposto al tetto a capanna della chiesa e al campanile
quadrato.
Il 1292 è l’anno di costruzione del Palazzo del Podestà, sul lato nord della piazza monumentale.
L’anima
più antica è data dal mastio rettangolare, al quale dal Quattrocento
sono stati aggiunti corpi successivi, come la Loggetta dei Notari.
Dà armonia alla mole della facciata la scalinata esterna, munita di parapetto nel XV sec.
Particolare
è la torre pentagonale, presente già nel progetto originale. Questa
commistione e stratificazione di stili non toglie nulla al fascino della
costruzione.
Da vedere, inoltre, nel quartiere di Monteguzzo il
Torrione Farnese, eretto intorno al 1530 e rimasto incompiuto, pare, per
la morte del duca Bosio II Sforza.
Costruito interamente in
laterizio, faceva parte del sistema difensivo del borgo con funzioni
militari, anche se nel complesso ha una certa grazia che lo rende
attraente e misterioso, per via dei passaggi segreti di cui si
favoleggia.
Passaggi segreti che dovevano condurre in aperta campagna
o al Palazzo del Duca, nome che prende nel Seicento il Palazzo di
giustizia edificato nel 1292.
È dello stesso periodo la Fontana del Duca, ancora in funzione e fino al secolo scorso usata come lavatoio pubblico.
Di epoca cinquecentesca è l’Ospedale di Santo Spirito, che attualmente ospita il Museo Geologico.
Della
robusta cinta muraria innalzata nel 1342 dal duca Azzo Visconti oggi
restano solo due delle quattro primitive porte d’accesso, una molto
rimaneggiata nel XVII sec., l’altra – la Porta di Sasso – originaria
dell’epoca viscontea.
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Ora non resta che perdersi nella trama dei vicoli e delle stradine che rendono così piacevole passeggiare per Castell’Arquato.
Finito
questo vagabondaggio, è d’obbligo recarsi nella frazione di Vigolo
Marchese per ammirare lo splendido complesso romanico con la chiesa e il
battistero di San Giovanni, fatti costruire nel 1008 dal marchese
Oberto d’Orta, signore della Val Nure.
Le forme aggettanti del
battistero a pianta circolare, il colore dorato dei laterizi e delle
pietre nella quiete della campagna, sono pura poesia visiva.
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La cultura della vite ha radici antichissime a Castell’Arquato, sede di un’enoteca comunale e di numerose cantine. Il Monterosso Valdarda Doc
Colli Piacentini prende il nome da una collina accanto al borgo, si
produce solo nelle valli circostanti ed è, perciò, il vino locale per
definizione.
Giallo paglierino, profumo delicato, secco, abboccato oppure amabile; ideale con salumi e risotti.
Gli altri grandi vini Doc del territorio sono l’Ortrugo, la Malvasia,
il Sauvignon e, tra i rossi, il Gutturnio e la Bonarda. Nella frazione
di Vigolo Marchese nasce una sorta di crostata al cioccolato, la cui ricetta è segreta.
Gli anolini in brodo (anvein in dialetto): mentre nel
resto del Piacentino si fanno con un ripieno di stracotto, qui il
ripieno è di grana padano amalgamato con pane grattato e odori.
Il brodo è rigorosamente di gallina, manzo e vitello.
Il patrimonio gastronomico locale non può, prescindere dai salumi: tre
quelli che hanno ricevuto la Dop, ossia la coppa, la pancetta e il
salame piacentino.
tratto da borghitalia.it