Buongiorno, oggi è il 14 gennaio.
Il 14 gennaio 1690 è la data più attendibile per la nascita del clarinetto.
Il clarinetto è il più giovane rappresentante della famiglia dei “legni”, ed ha in comune con essi le origini lontane in strumenti di costruzione estremamente semplice e primitiva, costruiti da uno o più tubi di canna tagliati in diversi modi per dare vita ad una varietà di timbri differenti.
I più lontani predecessori del clarinetto sono stati ritrovati in Egitto. In particolare il “MEMET” (2700 a.C.) è il più lontano antenato. Il memet era formato da due canne con un ancia semplice conglobata in una terza canna separata che a sua volta faceva parte di una delle due canne.
Uno strumento affine al memet era l’”AULOS” dell’antica Grecia, formato da due canne disunite. L’esempio italiano degno di nota è rappresentato dalle “LAUNEDDAS” sarde, in uso fin dal 900-500 a.C. e tuttora appartenenti alla tradizione popolare. Formato da tre canne di lunghezza diversa, di cui due con fori rettangolari per ottenere la melodia in terze e seste, l’altra per l’accompagnamento.
Prima di trattare la nascita del clarinetto e la sua evoluzione è indispensabile parlare del suo predecessore più vicino: lo “chalumeau”. Le origini dello chalumeau posso essere individuate tra il X e XI secolo; vi è infatti un manoscritto, conservato nella Biblioteca Nazionale di Parigi, in cui vengono raffigurati alcuni strumenti presumibilmente a canna singola o doppia con ancia singola. Le analogie che possiamo riscontrare con gli chalumeau del XVII secolo sono l’ancia singola separata o conglobata al bocchino e cameratura interna cilindrica. Lo chalumeau è caratterizzato da un timbro affascinante, bucolico e da una ampia flessibilità sonora. La famiglia dello chalumeau era composta da soprano, contralto, tenore e basso. Il materiale utilizzato per la costruzione di questi strumenti era per lo più il bosso ed in piccola parte legno d’acero e avorio. Fra i costruttori più esperti nella costruzione di chalumeau troviamo Johann Schell, Denner (padre e figlio). L’estensione di questo strumento era molto limitata, infatti non superava l’ottava e mezzo.
La prima prova documentata riguardante la nascita del clarinetto è contenuta nell’Historische Nachricht von den Nürnbergischen Mathematics und Kunslern (Norimberga, 1730); l’autore, J.G. Doppelmayr , accanto all’elenco di tutte le personalità di spicco di Norimberga affianca la biografia di Johann Christoph Denner (1655-1707), attribuendogli l’invenzione alla fine del XVII secolo di un nuovo strumento a forma di tubo chiamato clarinetto, frutto del perfezionamento dello chalumeau. È altresì vero che Doppelmayr non è sempre stato una fonte sicura, tendendo ad esaltare l’operato dell’artigiano locale e trascurando i contributi degli altri; nonostante ciò, questa importantissima testimonianza rappresenterà un punto fermo in tutti i metodi e i trattati per clarinetto dal XVIII secolo in poi. I dubbi che riguardano l’esatta data di nascita del clarinetto sono comunque molteplici; alcuni dizionari la collocano nel 1690 (Murr), alcuni nel 1700 (Gerber) e altri fra il 1690 e il 1700 (Bärmann e Andersch). Gli archivi di Norimberga conservano documenti che testimoniano come già a partire dal 1710 Jacob Denner figlio (1681/82-1735), ricevette un cospicuo ordine di strumenti a fiato dal duca di Gronsfeld, fra cui anche due clarinetti. Secondo il parere di eminenti studiosi quali Nickel e Lawson l’invenzione vera e propria del clarinetto è proprio da attribuirsi al figlio di J.C. Denner, Jacob, abile artigiano come il padre al quale va comunque il merito di aver apportato delle migliorie allo chalumeau. Un elemento molto importante nel nostro percorso storico è rappresentato dagli strumenti costruiti dai Denner giunti fino a noi come oggetti di studio e soprattutto di confronto con lo strumento moderno; questi sono: uno chalumeau tenore e un clarinetto a tre chiavi attribuito al padre, e tre clarinetti a due chiavi del figlio Jacob. Il clarinetto di Denner, rispetto ai suoi chalumeaux, era così caratterizzato:
· la cameratura era generalmente più stretta ma, non essendoci uno standard costruttivo e confrontando gli esemplari sopravvissuti, possiamo affermare che sia le dimensioni della cameratura sia la posizione dei fori, delle chiavi e la forma dei bocchini differivano sensibilmente da costruttore a costruttore;
· il barilotto assumeva forma e importanza specifica;
· la campana era poco più svasata;
· l’ancia era rivolta verso il labbro superiore e aveva l’estremità quasi quadrata.
I primi clarinetti vennero costruiti per lo più in legno di bosso, ma anche qui non mancano le eccezioni; i due clarinetti Scherer sono in avorio, altri in prugno o pero e in bosso trattato con acido fino a diventare marrone scuro, ‘‘bruciato’’ per farlo assomigliare al guscio di tartaruga. Questi clarinetti, in Do e in Re , avevano le stesse due chiavi dello chalumeau, una per il La e l’altra, oltre a fungere da portavoce per ampliare l’estensione, poteva finalmente produrre il Si naturale se azionata insieme a quella del La.
Il materiale di costruzione dei bocchini, quando divennero corpi separati dal barilotto, fu in gran parte ancora il bosso e occasionalmente l’ebano e il cocus. Dei 31 clarinetti originali a due chiavi rimasti in Belgio, Olanda e Germania nessuno è in La. Ed è proprio al particolare timbro dei primi clarinetti, squillante e penetrante, che i compositori affidarono parti solistiche in brani che rispecchiavano il tipo di stile a fanfara, come si può chiaramente osservare nell’Ouverture per due clarinetti in Re e corno da caccia di G.F. Händel, testimonianza confermata dalla copia di un clarinetto in Re costruito da Jacob Denner e conservato a Norimberga. Nei sei concerti di Johann Melchior Molter (1696-1765) per clarinetto in Re e archi si predilige il registro medio-acuto, con totale esclusione del registro dello chalumeau.
Nel 1843 venne presentato a Parigi il clarinetto sistema Boehm o clarinetto ad anneaux mobiles (anelli mobili), caratterizzato dalla presenza di tre anelli nel pezzo inferiore, frutto della collaborazione fra Hyacinthe Klosè, clarinettista, e Luis Auguste Buffet, costruttore dell'omonima fabbrica Buffet Crampon, attuale leader mondiale nella costruzione di clarinetti. I così detti "anelli mobili" vennero applicati per la prima volta dal flautista tedesco Theobald Boehm nel 1830.
Hyacinthe Klosè, clarinettista della banda reale e allievo di Friederich Beer, di cui rilevò la cattedra al conservatorio di Parigi, diede preziosi consigli a Buffet, il quale accolse con entusiasmo anche la proposta di applicare gli anelli mobili sperimentati sul flauto. Nel suo metodo Klosè fornisce un'esauriente spiegazione dei suoi principi evolutivi atti a valorizzare la bellezza timbrica dello strumento, indiscusso solista ed accompagnatore.
Il clarinetto sistema Boehm di Klosè aveva ed ha tuttora diciassette chiavi, sei anelli e ventiquattro fori, indispensabili per poter suonare agevolmente in tutte le tonalità evitando le diteggiature a "forchetta" obbligatorie nei sistemi Müller e Öhler (ad esempio il FA e il DO) e con doppie possibilità di utilizzo di alcune chiavi a destra o a sinistra. La presenza di tante chiavi non peggiorò l'effetto timbrico dello strumento mentre migliorò notevolmente l'aspetto estetico.
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