Adesso apprende che il tempo bracca gli uomini come un sicario, determinato, cieco, raccogliendo gli indizi degli anni. Nulla va perduto. Era tutto arroganza e ignoranza. Nulla è andato perduto, e il silenzio non era silenzio bensì solo la sua sordità.
[…]
1772
In un afoso e nuvoloso pomeriggio d'agosto, tre uomini attraversano un cortile di stalla nei pressi del villaggio di Cow, nel Devon. Il drappello è bizzarramente solenne; con sussiego da araldi o da guardiani i due più giovani precedono il loro ospite, o forse, più probabilmente, lo conducono - la sua sagoma nerovestita, la sua faccia rossa - tramite le redini di un invisibile giogo. Uno dei due reca in mano una borsa di pelle da cui, mentre si avvicina alla soglia della stalla, proviene una sorta di soffocato acciottolio.
È l'uomo più anziano, dopo un breve indugio, ad aprire l'uscio e a farsi da parte per lasciar entrare gli altri. Essi lo fanno, lenti contro il buio. La stalla è stata pulita a fondo. Il lezzo di cavalli, di fieno, di cuoio e sterco è mischiato all'odore di lavanda bruciata. Nonostante la stagione, il cadavere non sprigiona alcun sentore sgradevole. Il Reverendo si domanda se Mary conosca i segreti per preservare la carne. Nei tempi antichi gli dèi mantenevano fresche le salme degli eroi sino alla conclusione dei ludi funerari, sino all'accensione delle pire. E non v'è dubbio che tuttora esistano sistemi per farlo. Unguenti, formule, preghiere specifiche. Era seduta per mungere accanto al tavolo, su uno sgabello: al loro ingresso si alza, figura schietta, tozza, ombreggiata di buio. "Bene," dice il Reverendo, "eccoci qua. Questi gentiluomini" - e indica gli altri due - "sono il dottor Ross e il dottor Burke. Dottori, Mary."
Rembrandt, La lezione di anatomia (particolare)
Mary guarda alle spalle del Reverendo, attenta non a Burke né a Ross bensì alla valigetta che Ross ha in mano.
"Dottori" ripete lui, con voce soffocata. Vorrebbe chiamarla "fanciulla", eppure, a considerarne lo sguardo, benché sia più giovane di lui, sembra incommensurabilmente più anziana, e non semplicemente più anziana bensì appartenente a una differente epoca, a un differente regno; una parente di pietre, di alberi venerandi.
Mary si allontana, in un silenzio che è totale assenza di suono che sia udibile. Burke guarda Ross, sillaba la parola "strega". Si segnano con discrezione, come sistemando qualche bottone del panciotto. Dice Burke: "Converrà sbrigarci, altrimenti ci toccherà tornare indietro in piena tormenta. Avete una lanterna, Reverendo?"
Ecco la lanterna, portata quando avevano spostato il corpo. Il Reverendo cava di tasca l'astuccio delle esche e, accesa la lanterna - tac, tac; scintilla su acciaio -, la passa a Ross. Ross e Burke si avvicinano al tavolo dov'è disteso James, vestito con una camicia da notte di lana. I suoi capelli, quasi bianchi al suo arrivo nella canonica, da un anno avevano cominciato a scurirsi. Mary li ha lavati, spalmati d'unguento, spazzolati e raccolti indietro con un nastro nero. Non sembra che stia dormendo.
Illustrazione da Andrea Vesalio, De humani corporis fabrica
"Un bel cadavere," dice Burke. "Ottime condizioni."
Sotto le mani incrociate di James c'è un libro dalla rilegatura in marocchino, consunta. Burke lo prende, fa una smorfia e lo passa al Reverendo, che l'ha già riconosciuto: I Viaggi di Gulliver. James lo aveva preso in prestito dallo studio solo una o due settimane prima. Chi gliel'ha messo tra le mani? Sam? Mary? Sam potrà averlo, se lo vorrà. Bisogna pur dargli qualcosa, al ragazzo. Ross denuda il cadavere e lascia cadere a terra la camicia da notte. Dalla valigetta estrae un coltello e lo passa a Burke, che ne osserva la lama e annuisce. Burke, posta sul mento di James la mano libera, con l'altra squarcia il tronco dalla cima dello sterno a un punto poco sopra il pelo pubico. Poi taglia orizzontalmente lungo il costato, producendo una sanguinolenta e rorida croce rovesciata. Si interrompe per prendere le lenti dall'astuccio in una tasca del giustacuore, e se le fissa sul naso ammiccando. Bofonchia qualcosa, afferra un lembo di pelle e grasso e lo tira. Per liberarlo dalla materia sottostante usa la punta del coltello. Le sue mani sono muscolose come quelle di un marinaio. Ross regge alta la lanterna. Ha in mano un bastoncino che ha strappato dai rovi lungo il cammino. Lo usa per sondare le viscere di James.
"Vi interessa una vista un po' più intima, Reverendo? Temo che da lì possiate vedere ben poco."
Il Reverendo avanza svogliatamente di qualche passo. Quel Burke lo stomaca.
Il dottor Ross dice: "Più che alla magione in sé, l'interesse del Reverendo è rivolto al suo invisibile ospite. Non è così, Reverendo?"
Ka
Il Reverendo Lestrade si limita a un: "Proprio così, signore."
"E adesso dedichiamoci al cuore," dice Burke.
Cominciano a squarciare il costato, lavorando le costole con un seghetto e poi usando il coltello per aprirsi la strada tra i grandi vasi sanguigni. I dottori sono visibilmente eccitati, lustri come biglie. Qui ci scappa la pubblicazione, il saggio, la conferenza davanti agli illuminati: "Alcune Considerazioni, hmm, circa il Caso del fu Jm Dyer. Una Indagine nel... Mondo del Bizzarro e Misterioso... il quale Jm Dyer, sino al suo ventiqualchesimo anno d'età, era insensibile al... ignorava... interamente privo di sensazione... senso... esperienza del... dolore. Con prove, illustrazioni, reperti e quant'altro."
Il Reverendo si volta, guarda fuori nella corte dove due uccelli beccano grani da una toppa di sterco. Più oltre, nel muro ai cui piedi egli coltiva garofani, si apre una porta verde che conduce al giardino. Il Reverendo associa questa porta a James; James che la varca e osserva i peri, o più semplicemente che indugia, corrugando la fronte come non ricordando il da farsi.
Un rumore, come di stivali nel fango, lo disturba. Ross l'ha preso in mano, l'infranto muscolo cardiaco di James Dyer.
Andrew Miller, Il talento del dolore, Milano, Bompiani, 1998