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venerdì 9 ottobre 2020

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 9 ottobre.
Alle 22.39 del 9 ottobre 1963 quello che da anni sembrava un disastro annunciato, si compie nel Vajont. Dal monte Toc, che sovrasta il bacino della diga costruita alcuni anni prima, si stacca una frana lunga 2 km di oltre 270 milioni di metri cubi di rocce e terra. In circa 20 secondi la frana arriva a valle, generando una scossa sismica e riempiendo il bacino artificiale. L'impatto con l'acqua genera tre onde: una si dirige verso l'alto, lambisce le abitazioni di Casso e ricadendo sulla frana va a scavare il bacino del laghetto di Massalezza; un'altra si dirige verso le sponde del lago e attraverso un'azione di dilavamento delle stesse distrugge alcune località in Comune di Erto-Casso e la terza (di circa 50 milioni di metri cubi di acqua), scavalca il ciglio della diga, che rimane intatta, ad eccezione del coronamento percorso dalla strada di circonvallazione che conduceva al versante sinistro del Vajont, e precipita nella stretta valle sottostante. I circa 25 milioni di metri cubi d'acqua che riescono a scavalcare l'opera raggiungono il greto sassoso della valle del Piave e asportano consistenti detriti che si riversano sul settore meridionale di Longarone causando la quasi completa distruzione della cittadina (si salvano il municipio e le case poste a nord di questo edificio) e di altri nuclei limitrofi e la morte, nel complesso, di circa 2000 persone (i dati ufficiali parlano di 2018 vittime, ma non è possibile determinarne con certezza il numero).
È stato stimato che l'onda d'urto dovuta allo spostamento d'aria fosse di intensità eguale, se non addirittura superiore, a quella generata dalla bomba atomica sganciata su Hiroshima. Vi sono testimonianze di superstiti scagliati a diverse centinaia di metri di distanza prima ancora che la massa d'acqua piombasse al suolo, alla velocità di quasi 100 km/h.
Si parla di disastro annunciato perché da diversi anni decine di perizie segnalavano la possibilità che una frana di grosse dimensioni potesse cadere nell'invaso, e le iniziative da parte della dirigenza dell'impianto furono numerose e a volte contrastanti tra loro: si fecero gallerie di alleggerimento, successivi sversamenti e riempimenti del bacino per limitare l'impatto che la spinta dell'acqua dava alle montagne circostanti, modelli in scala per simulare frane, tuttavia nessuna azione concreta venne presa in considerazione per proteggere la popolazione sottostante, che al contrario si sentiva minacciata dalle scosse sismiche, dai rumori che sentiva provenire dalla montagna e in generale sembrava aver capito meglio di chiunque altro ciò che stava per accadere.
Al fine di dirimere una delle questioni maggiormente controverse della vicenda, va chiarito che la frana presente sul monte Toc e poi innescatasi nella notte del 9 ottobre 1963 era stata ampiamente individuata già dall'estate del 1959. Inoltre se almeno inizialmente i tecnici avevano discusso sulle sue effettive dimensioni (come metri cubi di materiale franoso in movimento), a partire almeno dall'anno 1961 nel quale vennero installati i piezometri (profondi circa 175m), è oggettivamente poco credibile ritenere che gli specialisti non avessero chiara l'evidenza che il movimento franoso interessasse in blocco una massa di grande spessore (profondità) e quindi di enorme volume, in quanto i piezometri non denunciavano rotture o deformazioni.
Le indecisioni riguardavano la velocità di movimento (connessa al piano di scivolamento) ed eventualmente i tempi di caduta della frana, in quanto taluni dubitavano sull'effettiva unicità della stessa, essendo più propensi a dividerla in due porzioni (a est e ovest del torrente Massalezza), destinate a distaccarsi in tempi diversi. Va infatti ricordato che la decisione di costruire una galleria di sorpasso o bypass della frana sul fianco della valle opposto a quello "pericolante" (che avesse salvato l'invaso in caso di caduta della frana) fu avanzata già nel novembre del 1960 e i lavori di costruzione della stessa iniziarono già dal febbraio del 1961. Era dunque chiaro che la frana era di tale portata da essere in grado di rendere inefficiente il serbatoio interrandone completamente circa 2–3 km dello stesso, e riducendone la portata di quasi la metà. Le rilevazioni sui movimenti della frana attraverso capisaldi cominciarono già nell'estate del 1960, mentre dati sui livelli di acqua nei piezometri furono raccolti dall'estate successiva.
L'oggettiva imprevedibilità dell'evento riguardava solo il "momento esatto" nel quale la frana si sarebbe effettivamente messa in movimento e, solo in parte, di quali sarebbero stati gli eventi scatenanti. Le variabili in gioco furono subito legate all'altezza dell'acqua nell'invaso e a una sua eventuale, ma quasi certa, correlazione con le precipitazioni atmosferiche.
Va tuttavia ricordato che i movimenti dei capisaldi nei punti di rilevamento del movimento franoso installati già dall'estate del 1960 erano risultati assolutamente allarmanti già dagli inizi di agosto del 1963, andando di fatto peggiorando durante tutto il periodo che portò al distacco della frana agli inizi di ottobre.
Una maggiore cautela avrebbe dovuto spingere i tecnici dell'ENEL-SADE a interrompere la terza prova d'invaso già in agosto, anche se essi potrebbero essere stati inizialmente fuorviati dalla teoria-ipotesi della "prima bagnatura" formulata dagli esperti. Essi tralasciarono purtroppo l'importanza della piovosità pure affermata da Müller già nel 1961. Infine va fatta menzione del fatto che durante la mattina e il pomeriggio di quel tragico 9 ottobre 1963, a causa dei movimenti impressionanti registrati dai capisaldi rispetto ai giorni precedenti (30 cm contro 5 cm) fu chiaro che la caduta della frana era imminente tanto che molte località del Comune di Erto furono sgomberate durante quella giornata. Fu anche deciso di sospendere la circolazione stradale sulla statale Alemagna, ma non vennero sgombrati i paesi del fondovalle e tutte le frazioni di Erto più prossime alle sponde dell'invaso.
A Longarone l'anniversario del 9 ottobre viene ogni anno celebrato con particolare solennità. E' giornata di lutto cittadino: fabbriche, uffici, scuole, negozi rimangono chiusi e il tempo è dedicato alla preghiera, al ricordo, alla riflessione.

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