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lunedì 19 ottobre 2020

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 19 ottobre.
Il 19 ottobre 1987, lunedì, fu il giorno della prima grande crisi finanziaria mondiale, passata alla storia come "lunedì nero".
In questa giornata infausta per le borse mondiali, vi fu un autentico tracollo degli indici del Dow-Jones, che trascinarono dietro sé buona parte degli indici delle borse di tutto il mondo.
Il completo sistema informatizzato interno alla borsa newyorchese fece perdere il controllo sulle vendite delle azioni e, ulteriormente, la ferma convinzione di lasciare che il mercato si regolasse da sé risultò, ancora una volta, fallimentare.
Gli indici finanziari americani, che da lungo tempo erano in costante aumento, finirono per risultare enormemente sopravvalutati, e quindi, a rischio di crollo.
Il Dow-Jones, a fine seduta, perse circa il 23% del proprio valore, crollando quasi uniformemente in tutti i propri indici.
Differentemente da altre crisi finanziarie, la crisi del '87 si risolse in breve tempo, e dunque gli indici ritornarono a livelli medi senza alcun problema.
Inoltre dopo questo episodio i meccanismi automatici delle borse vennero aggiornati in maniera tale da sospendere i titoli per eccesso di ribasso, e questi miglioramenti evitarono che altre crisi simili accadessero nuovamente.
Fra le ulteriori cause della esasperata fiducia che gonfiò la borsa americana prima della crisi, possiamo certamente considerare la situazione politica mondiale, con l'URSS che andava piano piano a sgretolarsi, il risolversi dell'equilibrio verso una delle due potenze in causa, nonché l'importanza del dollaro, che assieme alla valuta tedesca e giapponese, rimaneva la più forte valuta di scambio a livello mondiale.
Un altra particolarità dell'avvenimento fu che, contrariamente a tante altre crisi simili, gli economisti avevano da tempo annunciato la situazione, senza però riuscire ad evitarla.
Da segnalare inoltre che, a livello mondiale, la borsa che venne trascinata più a fondo nel ribasso fu quela della Nuova Zelanda, con un 60% complessivo di perdite azionarie.

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