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mercoledì 14 ottobre 2020

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 14 ottobre.
Il 14 ottobre 1066 si svolse, tra Sassoni e Normanni, la famosa battaglia di Hastings.
Anche se molti ritengono che la causa della battaglia sia da riscontrare nella perpetua sete di potere dei vari successori e delle casate e regioni contrastanti, la scintilla che innesco la lotta tra sassoni e normanni, fu sì la voglia di Guglielmo il conquistatore, duca di Normandia, di rubare il trono ad Aroldo II, re di Inghilterra, ma giocò un ruolo notevole anche Aroldo III di Norvegia, in quanto pretenzioso contendente come erede al trono. Come succede spesso, aiutate dalla voglia che il proprio re fosse ancora vivo, cominciarono a nascere leggende sulla morte di Aroldo II.
La prima, la più accreditata, vedeva il re morire in battaglia trafitto da una freccia all’occhio e successivamente finito dai soldati avversari. Per altro si narra della maledizione del nome Aroldo, nome legato alla morte con una freccia. La seconda invece riguarda la sua fuga dal campo per rifugiarsi in Cornovaglia dove morì nel 1080.
In tutto questo anche la sua sepoltura ha diatribe tra gli studiosi. Secondo alcuni non venne sepolto, Guglielmo si rifiutò di concedergli il rito. Secondo altri venne posto in una bara nell’Abbazia di Waltham o nell’Abbazia di Battle, quest’ultima sorta proprio sul campo di battaglia a Hastings.
La battaglia, come ogni scontro che si rispetti, inizia con lo schieramento. Fu una schermaglia con quantità di soldati omogenea per numero (8000 da entrambe le parti), ma eterogenea per qualità degli individui. Infatti la tattica dei due comandanti veniva a a costruirsi in diverso modo. Guglielmo, forte di 2000 cavalieri, cercò di scoprire il nemico facendolo correre in campo aperto, in modo da tale da facilitare l’operazione dei suoi uomini a cavallo.
Aroldo II invece, privo di cavalleria, doveva fare affidamento su di una formazione salda e compatta, attorniata di forti scudi e difesa strenuamente dalla sua migliore fanteria, gli huskarli, che avrebbero spaccato l’avanzata nemica con i loro grandi scudi. Fu così che la mattina iniziò lo scontro.
Aroldo era posto su di una collina dove i suoi uomini stretti e chiusi negli scudi aspettavano il nemico. Guglielmo cominciò a tempestare il nemico con nugoli di frecce dei suoi arcieri, ma l’effetto fu inutile. O sorvolavano il nemico o si piantavano negli scudi enormi. Guglielmo allora mise in campo la cavalleria e la sua fanteria più veloce, corazzata leggermente. Anche qui la sortita offensiva fu quasi inutile. La collina ripida sfiancò sia gli uomini appiedati, sia i cavalli che cozzarono contro la linea preparata da Aroldo.
Un’unica nota positiva venne da un distaccamento di fanti di Aroldo che presi dall’euforia inseguirono i nemici, staccandosi dal resto del gruppo e sancendo di fatto la loro fine. In seguito, forse con un poco di ritardo, Aroldo fece contrattaccare i suoi che si lanciarono sulla sinistra dell’esercito di Guglielmo, dove i Bretoni erano posizionati, rendendoli privi di stabilità e facendoli separare leggermente dal centro dove il loro comandante portava lo stendardo papale.
Un’ulteriore voce che vedeva Guglielmo ucciso da una freccia, serpeggiò nelle file normanne che cominciarono a credere di aver già perso la battaglia. “Guardatemi bene, sono ancora vivo, e per grazia di Dio sarò vincitore”. Con queste parole lo stesso duca uscì da una mischia gridando e risollevando gli animi dei suoi uomini.
L’abilità tattica di Guglielmo, visto che i suoi uomini si stavano sfaldando sempre più, venne fuori nel momento migliore. Forti della loro posizione rialzata e delle file sempre compatte, gli anglosassoni mentalmente avevano la vittoria in pugno. Guglielmo fece una finta. Ordinò alla fanteria centrale di ritirarsi per permettere al resto della cavalleria di rifiatare ed essere ignorata per qualche momento. I sassoni inseguirono i fanti Bretoni che subito si fermarono per affrontarli. Era troppo tardi ormai. La posizione sopraelevata della collina era stata sgombrata e i cavalieri, approfittando dell’avventata decisione di inseguimento del nemico, si gettarono sulle prime linee dei fanti sassoni, falciandoli letteralmente.
Aroldo corse incontro agli uomini attaccati, ma era ormai troppo tardi. In quell’incursione Aroldo venne trafitto da una freccia e nonostante l’abilità degli huskarli, senza un comandante, in poco tempo i sassoni capitolarono. Tra le file di Guglielmo infine, quasi 2000 furono i soldati che morirono, mentre tra quelle di Aroldo, oltre allo stesso comandante, pochi furono quelli che riuscirono a fuggire al di là delle colline.
Quello che successe in seguito è storia: incoronazione di Guglielmo a re d’Inghilterra, intreccio quasi totale, almeno fino al 1453, con la Francia con cui si combatterono cruente e importanti battaglie tra cui quella dei cent’anni, e infine nascita della potenza dei Tudor che nonostante la vittoria del 1453 dei francesi contro gli inglesi, continuò a far crescere l’ascesa di questo popolo che ha cambiato la faccia del mondo occidentale.
Una curiosità: buona parte di ciò che si sa dello svolgimento della battaglia provengono dall'"arazzo di Bayeux", sopra riprodotto: si tratta di un ricamo ad ago tracciato con fili di lana di colori diversi lungo approssimativamente 70 mt e largo 50 cm.
Vi sono rappresentati ben 626 personaggi: 250 tra cavalli e muli, 550 animali di ogni genere, oltre a castelli, chiese, navi, ecc., per un totale di 1500 figure. L'opera fu compiuta probabilmente tra il 1070 e 1077 forse su ordinazione di Oddone vescovo di Bayeux e fratellastro dello stesso Guglielmo il Conquistatore, per narrare la conquista dell'inghilterra attraverso la battaglia di Hastings. Questo arazzo infatti descrive con grande accuratezza tutte le fasi dello scontro da quelle precedenti fino alla morte di Aroldo, dandoci soprattutto le raffigurazioni dettagliate delle attrezzature usate e delle tattiche seguite in quella storica battaglia.

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