di Pietro
Perrone
Tutto comincia quando s'accende la luce.
Io vivo nell'ombra.
Ormai.
Si.
Devo dire ormai, perchè è proprio così.
Vivo nell'ombra, come i vampiri, i fantasmi, le oscure presenze dell'anima.
Ma io non sono uno di loro.
Io ero un uomo, una volta.
Tutto comincia, allora, quando s'accende la luce.
E l'ombra sparisce.
Di colpo, così, non posso più vivere.
Io ero un uomo, una volta.
Uno dei tanti.
Un nome qualunque.
Passavo davanti allo specchio ed ero certo di esistere.
Come te, per esempio, che adesso stai qui davanti e ti specchi in queste incomprensibili righe.
Ero fatto così.
Ero bello, pieno di me.
Come te, proprio come te, pronto a cestinare queste righe vuote di senso.
Portavo la barba, per nascondermi un poco.
Ma era un gioco sottile.
La seduzione, il languore, il desiderio di me.
Io ero un uomo.
Un essere umano.
Un maschio, una femmina..
Che senso ha più, oramai?
Nudo, mi piaceva guardarmi, dinanzi allo specchio.
Mi piaceva toccarmi.
Sentire la carne sotto le dita.
E vedevo lo specchio ammiccare, torbido.
Alle volte, nella penombra, sognavo conquiste, principi azzurri, regine, veneri bionde.
Poi mi vestivo con piume e pennacchi.
E pronto, partivo.
Ormai tutto finisce quando s'accende la luce.
La mia casa, adesso, è questo buio profondo.
Dove lo specchio, crudele, orribile mostro, se ne resta nascosto.
E dove, adesso, quello, implora, penoso, pietà.
Solo adesso m'implora pietà?
Adesso ch'è diventato un misero cieco?
Anch'io implorai la sua, di pietà, una sera dannata.
Ma me la concesse, lui, forse, la pietà ch'egli ora mi cerca?
Cieco, lui, disperato, quello specchio, diventò d'improvviso.
Un lampo, un gesto meccanico.Con un dito, era sera, accesi la luce.
Muto, lo specchio annerì.
Tutto cominciò, inatteso, quando cercai la luce.
Era sera d'ombre, nuvole oscure sugli occhi.
Nella stanza eran finiti i miei solitari giochi d'amore.
I sogni m'avevan lasciato.
Solo, nel buio, senza volto nè luce.
Il corpo aveva stillato i suoi ultimi fuochi.
Abbandonato, cercavo un sollievo, una conferma, un appiglio.
M'alzai dal braciere del letto che lentamente languiva.
M'aggrappai allo specchio.
Col dito grattai l'interruttore fatale.
Click. Piombò giù il lago di luce.
Tutto così cominciò, quella sera.
Con la pioggia iridescente, un silenzio irreale era caduto dal cielo.
Nera, continuava a rimandare del buio l'immagine, lo specchio accecato.
Una cappa strozzava la gola, un soffocante sudario.
Nel gorgogliante mare di luce dorata s'apriva, sprofondata pupilla, la nera voragine del Polifemo appeso sul muro.
Come un dannato mi precipitai nell'orrida bocca della famelica Gorgone.
Vorticando le mani, rovistavo in quel molle mare di nulla.
Cercavo il mio volto, una maschera, una fuggevole immagine.
Un riflesso, un sogno, un ricordo.
Ero sparito nel nulla.
Neanche più il nome appeso al cartellino sul collo.
Ecco, tutto ricomincia ogni volta che s'accende la luce.
Io vivo nell'ombra.
Ormai.
Si.
Devo dire ormai, perchè è proprio così.
Vivo nell'ombra, come i vampiri, i fantasmi, le oscure presenze dell'anima.
Ma io non sono uno di loro.
Io ero un uomo, una volta.
Tutto ricomincia, allora, quando s'accende la luce.
E l'ombra sparisce.
Di colpo, così, non posso più vivere.
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