di Alessandro D'Ausilio
Il suolo è il mondo.
Achille, piede veloce, camminava a passi lenti.
Un passo dopo l’altro.
Incassava il contatto con il suolo come una oscura voluttà alla quale si era abbandonato già da molto tempo; forse da quando aveva scoperto il piacere di passare la grattugia sotto la pianta del suo piede ancora giovane.
Aveva circa nove anni la mattina del primo novembre 1996. Indossava le sue scarpe preferite, converse grigio del 1994.
Consumate e strette, le aveva recuperate dalla spazzatura dei vicini e le aveva nascoste nello zaino, cosicché potesse utilizzarle durante ogni passeggiata.
Quel giorno stava andando tutto per il meglio quando sentì due mani stringerlo forte sulle spalle e premerlo fino a farlo cadere in ginocchio, privando i suoi amati piedi del contatto con l’asfalto.
Brisa, sua madre, aveva da tempo colto il suo strano modo di relazionarsi con quella parte del corpo e da tempo notava che le Bull Boys comprate otto mesi prima erano ligie come appena dopo la loro ultima lavorazione.
Lo trovò a camminare come una tartaruga su un tronco lungo almeno dieci metri e disteso sul suolo.
Notava le sue perverse espressioni di piacere.
Rivedeva le sue, in momenti del tutto diversi, e inorridiva fino a maturare la scelta della punizione corporea.
Lo piegò fin sulle ginocchia e lo strascinò fino a casa.
Lo condusse nella camera da letto e lo pregò, con tono solenne, di inginocchiarsi e poggiare la testa, con gli occhi chiusi, sul copriletto.
Erano passati circa dodici anni.
Achille era davvero diventato Piede Veloce.
Era il migliore centometrista dell’associazione atletica, cavalcava il Tartan in poliuretano rosso come non molti.
Per questa sua straordinaria attitudine fu subito accolto in Accademia militare.
Gridava forte l’ufficiale.
. Rispondevano fino a sgolarsi gli allievi.
L’ufficiale recitava come se non avesse fatto altro in vita sua.
Achille era divertito dalla simpatica incitazione del suo ufficiale.
Marciarono per 5 ore.
Ormai non contava più quante volte aveva sentito il comando “Passo” e quante volte il plotone aveva fatto alt e poi poco dopo dietro front.
Cadde in ginocchio.
Questa volta non furono le mani di sua madre a spingerlo a terra, ma solo la sofferenza di ore ed ore ritto in piedi senza nessun tipo di tregua.
Il plotone si fermò.
Pioveva.
L’ufficiale si avvicinò, lo avrebbe usato come esempio.
La voce si fece spazio tra le gocce fitte di pioggia.
Sembrava avesse posato lo sguardo sulla trapunta matrimoniale come fece e poi rimosse dai ricordi molti anni prima.
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e poi più dimesso < Signore>
Ci fu un silenzio nella sua vita e nel piazzale di marcia.
si voltò ma con la stessa solennità: .
La pioggia batteva prima lenta e poi, ad ogni alt, insieme alla punta della scarpa di Achille, batteva forte su tutto il piazzale.
Achille sentì le suole consumarsi rapidamente.
Un pietrisco si introdusse furtivo nella scarpa.
Fu come incontrare una persona e capire di averla aspettata per una vita.
L’ufficiale meravigliato dalle ben diciotto ore di marcia chiese ad Achille di interrompersi in quella estenuante pratica.
Achille non ascoltava più.
Questa volta non ci sarebbero state le sberle di sua madre sulle natiche d’acciaio a farlo trasalire da quell’aeriforme che aveva occupato ogni meandro della sua volontà.
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Il piede sinistro batteva ancora con il tempo forte.
Suonava nella testa di Achille il ticchettio di un metronomo impostato sulle battute di una marcia.
Un due, un due, un due.
Achille si trovò a marciare tra il piacere e il feticismo.
Molti anni dopo, Achille, piede veloce, era relegato su una panchina.
Achille si vide bambino, passeggiare su quel tronco.
Poi vide sua madre, premere da dietro sulle sue spalle minute.
Interruppe i ricordi.
Erano affiorati.
Pianse Achille.
Si tolse le scarpe e lavò i suoi piedi con le sue stesse lacrime: non ci sarebbero stati altri uomini a fare un gesto così umile.
Camminò a piedi nudi lungo tutta la strada che percorse.
Poi incontrò una donna.
Lo condusse nella sua abitazione.
Uno sguardo soddisfatto accompagnava la domanda della donna.
diceva Achille, piede feticista, mentre succhiava.
Achille si vide bambino, mentre passeggiava sul tronco ogni volta che la pratica aveva termine.
Ogni volta, aspettava sua madre.
Non arrivò mai.
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