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Il nome
Il nome fenicio era Bs’n, che significa semplicemente “il popolo di Bosa”, dunque un nome etnico collettivo, riportato in un’epigrafe del IX-VIII sec. a. C.La Storia
IX-VIII sec. a. C. , la fondazione fenicia di Bosa è testimoniata da un’epigrafe rinvenuta nell’area in cui sarebbe poi sorta la Bosa Vetus romana, sulla riva sinistra del fiume Temo.VIII-IX sec. d. C. , l’antico municipium romano, dopo essere stato capoluogo della “curadorìa” della Planargia, viene abbandonato a causa delle scorrerie dei predoni saraceni.
1122, il giudice di Torres concede il feudo di Bosa ai marchesi Malaspina, signori della Lunigiana, che edificano il castello dotandolo di una prima cinta muraria con quattro alte torri.
1300 ca. , la cinta muraria viene ampliata a seguito della minaccia costituita dagli Aragonesi, che contendono Bosa ai giudici d’Arborea; nel 1308 Bosa è ceduta dai Malaspina ai Catalani e nel 1328 entra a far parte dei territori degli Alborea.
1330, con la conquista catalano-aragonese Bosa è concessa in feudo al catalano Pietro Ortiz. La città poi torna agli Arborea con Mariano IV e rimane alla casata sarda finché, dopo la sconfitta dell’ultimo giudice d’Arborea nel 1409, è riconquistata dai catalano-aragonesi, dai quali viene infeudata all’ammiraglio aragonese Giovanni de Villamarì nel 1468.
1559, alla morte dell’ultima erede dei Villamarì, la baronia di Bosa torna alla Corona di Spagna con uno statuto giuridico di autonomia.
1807-21, sotto il governo sardo-piemontese, la comunità di Bosa è capoluogo di provincia.
1836, dopo la soppressione dei feudi, si sviluppa l’attività di concia delle pelli nel quartiere Sas Conzas e vengono rinnovati e abbelliti i palazzi del corso.
1877, inaugurazione dell’acquedotto.
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Il borgo medievale di Sa Costa
Le palme del lungofiume mosse dal vento, la linea di casette basse delle Concerie, i viottoli in sasso di fiume del quartiere medievale; e oltre, il verde nelle sue sfumature, il mare azzurro e, se si è fortunati, il volo del grifone intorno al Castello dei Malaspina. Questa è Bosa: luogo dal fascino strano, incerto tra fiume e mare, dai colori indefinibili, dai sentimenti forti ma introflessi, come di chi si sente ben radicato nella propria cultura.Nata fenicia, quando le navi dei cartaginesi solcavano il Mediterraneo, Bosa si trova sulla costa nord-occidentale della Sardegna, capoluogo della Planargia, regione a vocazione agricola. La città romana sorgeva lungo il corso del fiume, nei pressi (anzi, un po’ più a monte) dell’attuale Basilica di San Pietro extra muros, ormai in aperta campagna, edificata in forme romaniche nel 1062, con bellissima facciata del XIII secolo. Dopo l’abbandono causato dalle scorribande dei pirati saraceni, il nuovo insediamento – quello odierno - ha origine dal Castello dei Malaspina, fortezza militare costruita nel 1112, al cui interno si trova la chiesetta di Regnos Altos con interessanti affreschi di ambiente italo-provenzale del XIV secolo. Intorno al colle dominato dal castello si è sviluppato il borgo medievale, corrispondente al quartiere Sa Costa, caratterizzato da un intreccio di vicoli che seguono le curve del colle, raccordati da scalinate in trachite, e su cui si affacciano case nell’apparente disordine dell’architettura spontanea, in cui si mescolano abitazioni povere e edifici di pregio, in un amalgama urbano che è tra i più originali della Sardegna. Vi abita gente paziente, dedita ad un artigianato del ricamo e della filigrana in oro, che necessita di gesti antichi: di quando le donne intrecciando fili scongiuravano ritualmente i pericoli affrontati dagli uomini in mare. Guardando frontiere e arrembaggi, questa comunità è cresciuta accumulando tesori: palazzi, chiese e opere d’arte e i profumi della Malvasia ricavata dai vigneti assolati, quasi nascosta nelle cantine nella parte bassa di Sa Costa, dove oggi si può degustare.
Il salotto buono del borgo è Sa Piatta, ossia il corso Vittorio Emanuele dove, vicino al Ponte Vecchio, si trova la Cattedrale dell’Immacolata risalente al XV secolo ma ricostruita ai primi dell’Ottocento, con decorazioni pittoriche di Emilio Scherer (che ha eseguito le decorazioni anche della Chiesa di Santa Croce). Uscendo, si incontrano la Chiesa del Rosario, sormontata da un orologio bifacciale del 1875 e con la parte inferiore della facciata in trachite rossa, e la piazzetta con la fontana in marmo, circondata dagli archi del seicentesco Palazzo Delitala e dal settecentesco Palazzo Don Carlo. Da vedere anche la Chiesa del Carmine con annesso Convento (oggi sede del Comune) edificata nel 1779 in stile barocchetto piemontese perché qui – è bene ricordarlo – dal 1720 dominavano i Savoia. Nella penombra dell’interno risplendono i preziosi marmi policromi dell’altare maggiore (1791) e della cappella della Madonna di Mondovì.
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Tante sono, alla fine della nostra passeggiata, le immagini di Bosa che ci portiamo via: il lungofiume languido al tramonto, la veduta di Sas Conzas dal ponte pedonale e quella dell’Immacolata dal Ponte Vecchio, i misteriosi affreschi di Regnos Altos, la facciata di San Pietro in trachite rossa, le cupole della Stella Maris, i volti della gente stagliati sui fondali delle case di Sa Costa, i dipinti di Melis, il colore ocra della trachite che disperde il buio delle notti aragonesi.
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Il prodotto del borgo
Le vigne della celebre e ambrata Malvasia fanno da corona a un centro storico dove si vede ancora qualche donna anziana intenta a lavorare al telaio il filet di Bosa, ricamando al telaio antichi disegni. Altra tradizionale attività è la lavorazione della filigrana in oro.fonte web: http://www.borghitalia.it
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