Le oche in piazza
Quando ne uscì, con un Campari al gin in mano e altri due che, bevuti al banco, gli fluttuavano graziosamente nello stomaco, dovette ammettere che a volte poi uno tende a ingigantire situazioni che invece finiscono per risolversi da sole come anche nel suo disgraziato caso sarebbe, alla fine, accaduto. Così, mentre una piccola onda di speranza aveva ripreso a massaggiargli l’ego malridotto e tutto iniziava ad apparirgli sotto una luce più morbida e curiosa, si sedette a uno dei due tavolini che stavano lì davanti deciso a godersi la soave lentezza che l’alcol è capace di donare al mondo, contemplandone l’umanità in transito.
Ed essa in quel momento era rappresentata da: un giovane corpulento, avvoltolato in una giacchetta nera, lisa e stretta, con una camicia guru grigia, la folta barba da pope e degli occhiali dalla spessa montatura nera tipo Allen Ginsberg - diciamo pure che era lui stesso un tipo alla Ginsberg. Una coppia di ragazze in jeans neri, cinturoni a borchie, stivaletti affilati e capelli in due gradazioni di viola. Uno spilungone dalle chiome lunghe fino alle spalle, il gilet ricamato e i sandali in cuoio indiano che arrivava dalla stradina sull’altro lato della piazzetta dove era parcheggiata una Jaguar anni Sessanta. Per un attimo - certo l’attimo in cui s’era astratto dalle stamberghe di contorno e dal resto dei passanti, per lo più pensionati occhialuti pieni di catarro- Fusco ebbe l’impressione di trovarsi in un angolo di Carnaby Street o, almeno, di uno di quei paesini greci o spagnoli frequentati dal volgo hippy. Cosa che per lui non risultò affatto strana non essendo questa che l’ennesima conferma della sua scoperta antropologica.
Come, rielaborando gli studi sull’imprinting condotti da Lorenz sulle oche selvatiche, aveva ampiamente dimostrato nel suo Le oche in piazza, c’erano infatti interi paesi della Basilicata i cui stili di vita erano stati deviati in questa o in quella direzione da opinion leader “naturali” - tipo dirigenti in pensione, semplici emigrati di ritorno, studenti fuorisede - e questo perché laddove gli stimoli esterni sono ridotti al minimo – e dove più al minimo che in un isolato paesino lucano? – basta spesso un solo “messaggio forte” per dirottare la storia socio-culturale di un intero borgo.
(Gaetano Cappelli, Storia controversa dell’inarrestabile fortuna del vino Aglianico nel mondo, ed. Marsilio, 2007, p.31-32)
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