Chi si concentra sul bicchiere mezzo pieno, guarda alle
modifiche al codice di procedura penale approvate oggi a Pechino come a misure
che impongono garanzie e vincoli alla polizia: in pratica vengono attenuati i
rischi di arbitrii nel caso di fermo. Chi vede invece il bicchiere rimasto
mezzo vuoto, non può non notare che rimane la possibilità di detenere dei
sospetti in località segrete fino a sei mesi. Fermi ai limiti della legalità -
accusano critici e gruppi per i diritti umani - che continuano a pendere
minacciosi su chi esprima opinioni eterodosse.
I SI' E I 160 NO Le nuove norme
sono state approvate durante la seduta finale della sessione annuale
dell'Assemblea nazionale del popolo, il parlamento cinese. A favore 2.639
deputati, 160 no e neanche una sessantina di astenuti. Le detenzioni
extragiudiziali, spesso associate all'uso della violenza fisica se non della
tortura, sono state impiegate finora soprattutto nei confronti di dissidenti o
spiriti critici come l'avvocato Chen Guangcheng o come l'artista Ai Weiwei. C'è
ora l'obbligo di avvertire le famiglie entro 24 ore, sempre che siano
reperbili, ma non sembra chiaro l'obbligo di rivelare la località della
detenzione. Altre aggiunte, dai maggiori poteri concessi agli avvocati alla
tutela dei disabili, sono state invece apprezzate anche da gruppi come Human
Rights Watch altrimenti severi (al pari di Amnesty International) su ulteriori
passaggi della legge.
RIFORME POLITICHE Le nuove norme
sulla detenzione hanno preceduto l'ultima conferenza stampa da primo ministro
da parte di Wen Jiabao. Che, dopo aver esercitato una modestia e un profilo
bassissimo ("spero che la Storia si dimentichi di me", anche se
"io mi assumo le mie responsabilità, criticare chi comanda è
naturale") pur rivendicando i successi del suo esecutivo, ha parlato di
riforme politiche.
ELEZIONI Termini generici,
come è tipico di Wen. Il premier ha messo in relazione le riforme economiche a
quelle politiche, che sole possono dare profondità e tenuta al sistema
produttivo cinese. Incalzato da una domanda del corrispondente del Washington Post
che gli chiedeva, in un anno in cui russi francesi e americani scelgono il loro
presidente,quando i cinesi potranno scegliere i loro leader, Wen ha risposto
che "se il popolo può amministrare un villaggio, allora può governare
anche una comune e un distretto", però tutto deve avvenire tenendo conto
delle "particolari condizioni della Cina". Piuttosto, Wen ha citato
come termine negativo la Rivoluzione Culturale, il decennio di estremismo che
fu scatenato da Mao Zedong nel 1966 ed esauritosi alla sua morte.
TRAGEDIE "Senza
riformare con successo la struttura politica" del Paese possono ripetersi
"tragedie storiche come la Rivoluzione Culturale". Il passaggio è
stato interpretato come uno schiaffo all'ala di "sinistra" del
Partito comunista e in particolare a Bo Xilai, carismatico segretario a
Chongqing dalle vivaci ambizioni. Se le fortune di Bo, dopo la rimozione del
suo ex capo della polizia ora "investigato" e gli eventi connessi,
stanno davvero tramontando è ancora presto per tentare di intuirlo. Ma il
congresso del Pcc che si terrà in autunno scioglierà tutti i dubbi.
Dalla rassegna stampa del 15.3.2012, curata da Manlio Lo Presti
Nessun commento:
Posta un commento