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domenica 26 maggio 2013

TULLIA

 di Vittoria Farina



 Tullia,
Guidava con calma.
Lo scorrere veloce di alberi, casa, pietre miliari, orti in fiore, non attiravano la sua attenzione.
La striscia grigia della strada si snodava, ma lei pensava.
Il gabbiano Johnny era lì, in alto, che planava e l'auto era le sue ali e la strada grigia il suo cielo.
Possibile! Perché mai tra gli uomini ci dovevano essere tanti gabbiani Johnny e tra le donne no?
Non vivevano forse anche i gabbiani femmine? Non volavano anche loro? Forse non così in alto, ma volavano.
E lei ad un tratto si sentì invadere da un'enorme forza; sentì dentro di se di potersi librare nel più fantastico dei voli, di poter salire in alto, salire nella grande immensità del cielo terso, volare sul vento nell'alto dell'azzurro e scendere giù, veloce, in picchiata e osservare le cose microscopiche divenire forme reali.
L'immensità l'avvolse e lei volava e nulla potè fermarla.
Il sole era lì e le scaldava il corpo sempre più forte....,sempre di più........
L'acuto dolore al collo la fece destare; avvertì gli sguardi smarriti dei passanti accorsi allo schianto dell'auto vicino ad un ciliegio.
Fu un attimo e non ebbe esitazioni.
Spiccò il suo ultimo grande volo.
Un sorriso gli restò pietrificato sulle labbra.

Tullia volava per sempre nell'immensità del cielo, molto più in alto del gabbiano Johnny.

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