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domenica 26 maggio 2013

LA CITTA' DEI GATTI

 di Pietro Perrone




 Le vie della città sono piene di sogni.
Basta andare.
Non c'è una linea precisa, una rotta, una meta da raggiungere.
Basta solo andare.
Non è come nella città degli uomini, dove tutto sta finendo, lentamente soffocato da un male che nessuno conosce.
Nella città degli uomini ci sono gli incubi.
Mostri, fantasmi, creature terribili, assetate di sangue.
Nella città degli uomini i morti camminano.
Non sanno, non si accorgono di essere morti.
Gli uomini sono pieni dei loro pensieri.
Non si sa cosa sono, quei pensieri, nessuno li vede.
Ma loro hanno la testa sempre immersa là dentro, come fossero le gocce di un mare immenso.
Non sanno nuotare, in quel mare.
Eppure hanno sempre la testa là dentro.
Ombre che allungano le mani, toccano, tastano, palpano.
Prendono, afferrano, arraffano, arruffano, spremono, sprecano...
Il tempo, per gli uomini è un grave pensiero.
Così disse uno di loro, prima di tornare ad immergere la testa là dentro.
Il tempo è come un mare, anche il tempo è un grande mare che nessuno conosce.

Nella città dei gatti abitano i sogni.
Volano leggeri.
Bolle colorate.
I sogni sono i pensieri dei gatti.
Negli occhi dei gatti restano impresse le forme del giorno, le luci, le soffici nuvole che corrono leggere lassù.
Sono attenti, i gatti, quando osservano, curiosi, un particolare.
Lo sguardo acuto lo cattura come un movimento rapido della zampina felina.
Prima ci gioca, a lungo, per fissarselo, fermo, negli occhi.
E quando quella forma, infine, si è impressa, ecco, lo scatto animale diventa caccia feroce, arma crudele.
Negli occhi dei gatti restano impressi i particolari della vita degli uomini.
Una strana memoria popolata di misteriosi particolari sconosciuti.
Non come il familiare profilo di un topo con i baffi e la coda sottile.
O la sagoma filiforme di un'affilata lucertola verde.

I sogni dei gatti sono diversi dai sogni che un tempo facevano gli uomini.
Gli uomini chiamano sogni i pensieri notturni.
La vita che scorre di notte, quando nessuna la vede.
La vita nascosta, che si vergogna di essere esposta alla luce del sole.
Gli uomini spesso dimenticano i sogni che popolano il regno del sonno.
Un regno abitato da leggiadre creature che vivono libere di fare quello che vogliono.
I baci, l'amore, gl'inutili tentativi di fuga.
I salti che non finiscono mai, i sentieri tortuosi, i laghi che sprofondano nell'infinita inconsistenza della vita notturna...
Gli uomini dividono i sogni dagli incubi.
Nelle ore di veglia, mentre la testa annega nei pensieri inspiegabili, la paura diventa sovrana.
In quel momento, lei chiama con voce tonante, cupa e arrogante.
Le creature notturne che le obbediscono si volgono a lei.
Quelli sono, per gli uomini, i terribili incubi obbedienti al cieco terrore.
Gli altri abitanti, i disobbedienti, i sordi, gli spensierati, gl'increduli, li chiamano sogni.

Questo i gatti lo sanno perchè, nella loro città, vivono liberi tutti gli effimeri sogni.
Le ore notturne non sono infestate, nell'affollata città eterna dei gatti, dal nero terrore di perdere il senso del vero.
I gatti vivono liberi.
Il vero, pei gatti, è il vero degli occhi.
Un odore che arrovella le punte dei baffi.
Un colore che spunta improvviso da un cespuglio fiorito.
Un suono strisciante, un movimento improvviso, una fugace apprensione,l'improvviso chetarsi del temporale che muore.
Anche la città degli uomini, piano, languisce.
Muore annegata nel mesto lago dei pensieri perduti.
Affollato di guizzanti schegge d'inferno, raggi di luna distorti che affondano nelle liquide carni annottate del lago.
Fantasmi impazziti che vagolano in cerca di un castello in cui trovare rifugio.
Una torre, le mura, gli arcieri, la sala della tortura.
Il fuoco innaturale del rovente dolore usato per scacciare i dubbi dell'anima.
Una prigione sempre affollata.

La città dei gatti sorge sul fianco del corso di un fiume.
I millenni l'hanno scavata, non stanche mani infelici.
La corrente che scorre, eterna, da infinite distanze, l'accende d'un mormorante canto di vita.
A volte soave a volte impetuoso, lo schiaffo del vento la scuote .
E mentre il ciclo dei soli tutta l'indora, al miagolìo sognante, di notte, s'offre la rotonda beltà della ninfa d'argento.
Pigri, in quel sogno, languono i gatti, fieri della loro città.
Raccontano storie, e sogni, per tutti.
Anche per chi, indifferente, passa di corsa loro davanti.
Io stamattina non avevo voglia di correre.
Lenti i minuti, sulla riva del fiume.
Pochi passi soltanto...
Poi, una magìa, il peso dei pensieri s'è fatto leggero, il tempo sospeso.
Loro mi hanno chiamato.
Non so quanto tempo sono rimasto.
Ho fatto una foto, così, tanto per esser sicuro....

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