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sabato 25 maggio 2013

IL RUMORE DELLE ROSE

 di Giulia Rossi Giuliana Ravaglia



 Sull’orlo del prato, a due passi dal bosco che si apriva a ventaglio verso la rupe, sgusciava un ruscello che rotolava a perdifiato lungo i fianchi scoscesi d’un sentiero azzurrino.
Piccole cascate bianche sciabordavano di neve sui rovi clandestini.
Oasi di lino nascoste fra le dita del sottobosco.
Limpide.
Capricciose.
Argentine.
Come nubi senz’ali sull’orlo d’un precipizio.
Geometrie scomposte a braccetto con l’aurora.
Protese verso il seno della valle.
Di spalle a un cespuglio rosato, a ridosso d’una grotta scavata nella roccia,
giocava una sorgente.
Acqua chiara sgorgava fra il muschio che rideva di primule aperte all’orizzonte.
Briciole di pioggia pura e cristallina.
Dipinte dalla luce.
Dall’aria rosa.
Dalla folgore del tempo.
Di fronte al profilo mosso accovacciato sulla riva.
La casa nella roccia occhieggiava inaccessibile avvolta nel silenzio d’una tana addormentata, oltre gli spigoli bianchi d’un vuoto rappreso.
Muta.
Senza entrata.
Una tenda verde svettava potente fra gli arbusti scalzi .
A proteggere la distanza d’una cella di segreti.
A nascondere l’ombra che danzava nella grotta.
Incollata al succo ambrato d’un fruscio di misteri.
Ma nel tessuto d’edera lucente ,ingabbiato dalle liane aggrovigliate, s’intravedeva il sospetto d’un passaggio.
Un filo di fumo tracimava dall’orlo.
Curvo.
Sinuoso.
Denso di resa.
Richiamo di vetro in un ventre d’inchiostro.
Folletto malandrino sul greto dell’alba.
La sorgente colava lieve nell’ansia silente di parole scarlatte.
Si adagiava fra i seni gonfi e spavaldi nell’incanto viola di un capriccio di fiaba.
Tiepido mare nel prato d’organza.
Fremito dolce.
Quieto.
Stretto di luce.
Acqua di mele a lambire la gola mentre il capo reclinato all’indietro ghermiva quel fumo che abbaiava alla luna.
Morbido grido sulla bocca di corallo.
Spazio oltre la meta annodato fra i capelli.
Impetuoso.
Beffardo.
Libertino.
Nebbia gialla nell’istante cieco che spumeggia la marea.
Che scroscia bastardo nella festa che abbaglia.
Che galoppa ribelle nell’ebbrezza che divora.
Fuga di maggio fra i passi dell’oblio.
Cuore senza pelle.
Appeso al rumore delle rose.

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