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sabato 25 maggio 2013

IL NETTARE DEL POETA

 di Paolo Lorussi

 Conobbi Maria su un social network, era nata una bella amicizia consolidata dall'amore per la poesia. Dapprima era tutto un gioco ma grazie anche a lei i miei versi avevano entusiasmato molti. Decisi di incontrarla e volli intraprendere il viaggio in auto, sebbene non fossi mai uscito in auto fuori dalla Puglia, terra di sole, olio, pesce e vino. Al casello di Bari avevo i brividi, trasudavo emozione da tutti i pori: avrei affrontato chilometri di strada tra musica e sigarette. Maria mi aveva suggerito di addentrarmi nella Maremma per vie secondarie, così da respirare aria pura mista al profumo di mosto dopo la vendemmia. Al casello d’uscita mi avvisarono che il tempo peggiorava, in arrivo grandine e pioggia. Cordiali, mi dissi ,salutai e mi avviai attraverso distese di tendoni di viti. Un ultimo raggio di sole penetrò le nubi. Peccato! Ormai non c’erano più grappoli a splendere. Notai lì vicino un campo con ancora grappoli d’uva e volli provarne il sapore.
Adesso aveva iniziato a piovere e la strada era sconnessa. Tralci sporgenti sulla via rigavano l'auto, ma ormai ero lì.
A un tratto un lampo, un albero prese fuoco; un ramo spezzato cadde sulla carreggiata bloccandomi. Scesi e provai a spostare l’ostacolo, senza esito. Ormai diluviava e la strada pareva un fiume. Risalii in auto e innestai la retromarcia ma le ruote giravano a vuoto. Bene, mi dissi, impantanato. Mi avviai a piedi sperando d’imbattermi in qualche abitazione. Le scarpe erano inzuppate. D’un tratto scorsi una luce in mezzo al campo e qualcuno che raccoglieva l’ultima uva,strano, sotto la pioggia e a quell'ora tarda. Chiamai ma non rispose. Mi avvicinai sguazzando. Si girò, no non era un lui era una lei, una bella ragazza in un impermeabile nero. Mi scusai dell'intrusione e lei, con voce sommessa, mi domandò se volevo un riparo. Ci avviammo a una vecchia fattoria, non vi era luce, solo candele a illuminare l'ambiente, il camino acceso. Chiesi se avesse un telefono, rispose di no,era solo un posto dove di giorno i contadini col padrone lavoravano fino all'imbrunire e poi andavano via. Domandai cosa ci facesse lei lì, sostenne di essere la guardiana del posto.
Le raccontai la mia disavventura , mi offri salame e vino e poi, per la stanchezza e l'ora tarda, mi assopii vicino al camino. Ero in pieno sonno quando rumori dal fienile mi svegliarono. Curioso, da una fessura tra le travi vidi la ragazza spogliarsi ed entrare in un tino: pensai che volesse fare il bagno ma invece, nuda, iniziò a pestare grappoli d’uva come si faceva un tempo.
Era cosi bella e così forte il profumo del mosto, che mi venne voglia di scriverne.
Fu facile, i versi venivano fuori come se conoscessi già le parole.
DOLCE NETTARE
Al chiar della luna triste
ti vidi danzare,
mentre le vesti scendevano lente,
il tuo sorriso splendeva,
i miei occhi t'ammirarono,
mentre su dolce uva,
ponevi i tuoi piedi,
e come nettare
che nasce dall'amore,
un vin soave nacque .
Alla prima luce sentii rumori all'esterno: auto che arrivavano e brusio di gente; dall'uscio vidi i contadini e il loro capo mi chiese chi fossi e se fosse mia l'auto ferma sulla stradina; assentii e domandai della custode della fattoria. Stralunato replicò che ogni giorno all'alba loro arrivavano: era una zona tranquilla e non serviva un custode. Allora gli raccontai l’accaduto e lui rimase basito: aveva già sentita una cosa del genere da suo nonno. Mi raccontò la leggenda di una ragazza che abitò in quella casa secoli prima e che un giorno accolse un Poeta nella sua dimora ospitandolo per una notte; lui fu tanto preso da quella giovane che improvvisò per lei una poesia e lei, di contro, dal suo vigneto creò un vino che chiamò Nettare dei Poeti. Ma un giorno lui partì e morì lontano per la peste. La ragazza perì d’amore e si tramanda che stia ancora aspettando il ritorno del suo Poeta per gustare con lui quel vino speciale.
Oggi, ripensandoci, sento ancora venirmi i brividi. Ottenni aiuto per spostare l'auto e tornai verso il paese. Una voce si levò tra quelle vigne, forse era il vento, o forse chissà!

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