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sabato 25 maggio 2013

DICOTOMIA

 di Biianca Neve




Venerdì. Finalmente un’altra settimana si era conclusa. Appena fu fuori dall’ufficio, allentò il nodo della cravatta e se ne liberò. Il portiere gli aveva già parcheggiato l’auto sul vialetto dell’azienda che dirigeva e lo attendeva con le chiavi in mano.
“Buona serata, Presidente. Ho fatto pulire l’auto come mi ha ordinato.” Parole coronate da un inchino dell’uomo, sempre molto educato e al suo posto. Riccardo scambiò le chiavi con una lauta mancia e saltò sull’auto.
A casa, la prima cosa del venerdì era una doccia, ed era come un rito. Entrava nel box e apriva l’acqua, senza prima farla scaldare. La prima esplosione faceva sempre un po’ male, il contrasto era violento: acqua gelida e piatto freddo sotto i piedi, poi il tepore fino ad arrivare a temperature bollenti. Faceva parte del rituale, il sibilo dell’acqua e il rantolo basso che eruttava dalla sua bocca, quando il calore diventava insopportabile e spingeva contro la pelle come una miriade di aghi. Una sensazione familiare per un processo familiare, ed era in momenti come questi che si sentiva folle, quasi rasentare la schizofrenia, ma le sensazioni che provava erano di pulizia assoluta. Forse pulizia da quella vita che non si era scelto, obbligato a mettersi alla guida dell’azienda di famiglia quando suo padre venne a mancare. Poteva sentire letteralmente spostarsi la propria personalità, abbandonare comportamenti che non sentiva suoi, quelli di tutti i giorni, e si trasformava. Due personalità completamente opposte. Il Presidente dedito al comando, sempre in posizione dominante e dal venerdì alla domenica sera…
L’acqua sul viso, sul petto e sulle gambe, sempre bollente. Poi sul capo, in rivoli quasi purificatori. Sapeva che da li a un’ora sarebbe stato perfetto, essendo esattamente chi voleva essere. Ancora un urlo liberatorio e l’ufficio fu in un angolo della mente, voleva sfuggire alla monotonia del lavoro, l’acqua ancora bollente, ma ora si sentiva pulito, giusto. Il calore eliminava via l’ultima essenza dell’altro e si fondeva per essere nuovamente ricostruito. Una mano in su, contro il muro, inclinato, con la testa in avanti e il flusso deviato sulla schiena. Lottò ancora qualche istante contro l’uomo dominante e potente, poi chiuse il getto della doccia. Rimase qualche secondo eretto e fiero, godendosi i caldi vapori del bagno prima di affrontare il freddo del corridoio che lo portava alla sua camera. La testa e i pensieri rivolti verso quella donna che lo attendeva. Due giorni di assoluta dominazione e obbedienza, ma non sarebbe stato lui a comandare. Non sentiva venir meno il rispetto verso la sua persona. Godeva nel sentirsi amato da quella donna e ricambiava il suo amore piegandosi, inchinandosi alle sue voglie e capricci, adorandola come lei chiedeva e ordinava.
Era una fuga, piuttosto che una routine. Una fuga da tutte quelle persone che lo rispettavano per i suoi modi e per il suo potere. Riccardo aveva trovato il suo personale equilibrio sdoppiandosi. Il venerdì attuava la separazione e mentre uno esauriva il suo potere, l’altro si ricaricava e guadagnava forza. Un compromesso con se stesso per nascondere la sua vera natura che nel mondo “normale” nessuno avrebbe approvato, come se una posizione professionale dominante doveva essere la stessa anche sessualmente.

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