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martedì 6 marzo 2012

#Economia #lavoro domenicale #riposo


LAVORO DOMENICALE
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«Io, mamma e cassiera, chiedo tregua»
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L’incubo di Monica Olivari è l’orario “9-24”. L’ha sperimentato per i primi tre giorni dei saldi 2012 e non le è piaciuto affatto. «Adesso i capi stanno pensando di istituzionalizzarlo – dice la 35enne commessa dell’Orio Center di Bergamo – ma speriamo ci ripensino. Per noi donne sarebbe un impegno veramente pesante, soprattutto per quelle con figli».
Monica, al momento, ancora non ne ha anche se desidererebbe tanto allargare la famiglia. «Ma come si fa?», sbotta la lavoratrice, che considera un evento riuscire a stare a casa dal lavoro due giorni consecutivi. «Lavorando a tempo pieno anche la domenica – prosegue a raccontare – capita che i giorni di riposo siano, per esempio, il mercoledì e il venerdì. Anche i turni di lavoro cambiano continuamente. Una settimana puoi cominciare alle 7 e quella dopo alle 9. Ci sono turni che prevedono 4 ore alla mattina presto e altre tre la sera tardi. In queste condizioni è difficile organizzare la propria vita e riuscire a conciliare i tempi di lavoro con quelli riservati alla famiglia».
Alla fine quasi non riesci nemmeno più a incrociare i familiari, perché esci quando ancora dormono e torni che sono già a letto. E tutto questo per 365 giorni l’anno, domeniche e feste comandate comprese.
«Da cinque anni lavoro all’Orio Center – aggiunge Monica – ma, a volte, rimpiango i miei dieci anni da operaia in una piccola fabbrica del bergamasco. Anche lì il lavoro era tanto ma i ritmi erano più umani. E a sera ero meno stanca e soprattutto non dovevo lavorare alla domenica, che, per inciso, porta sì tanta gente al centro commerciale ma non fa aumentare i guadagni».
Totalmente contraria al lavoro domenicale è Paola Ravelli, 40 anni, da 20 cassiera all’Iper di Seriate (Bergamo). Dagli anni ’90 ad oggi ha visto l’evoluzione della grande distribuzione, passata dalle prime, timide aperture festive sotto Natale, alla totale deregolamentazione di oggi.
«Vent’anni fa – racconta – le domeniche di apertura erano veramente poche. Allora lavoravo anche alla festa ma poi, quando le aperture sono aumentate sempre di più ho avuto una vera e propria crisi di rigetto. Mi veniva la nausea al solo pensiero di andare al lavoro anche di domenica. Così ho smesso».
Da una decina d’anni, Paola alla domenica non lavora più e, a maggior ragione, da tre anni a questa parte, da quando cioè è diventata mamma. Fino ai tre anni del bambino, che li compirà a settembre, è esentata dal lavoro festivo, ma poi dovrà prepararsi a far fronte alle nuove richieste dei superiori.
«Avendo un part time – ricorda Paola – non dovrei lavorare la domenica perché il contratto prevede sia facoltativo. So che i sindacati si stanno muovendo perché sia così, ma mi aspetto che vengano a chiedermelo. Cercherò di tenere duro per mantenere la mia libertà e poter stare con il mio bambino. Spero che ci sia un accordo sindacale in questo senso perché sono tante le colleghe mamme che, come me, già sono costrette a fare i salti mortali per conciliare lavoro e famiglia. Che almeno la domenica sia preservata».

Paolo Ferrario 

Dalla rassegna stampa del 6.3.2012, curata da Manlio Lo Presti

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