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mercoledì 19 giugno 2019

#Almanacco quotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 19 giugno.
Il 19 giugno 1938 l'Italia vince il suo secondo mondiale di calcio.
Campione del mondo, campione del mondo. L’urlo strozzato in gola è del radiocronista Niccolò Carosio che annuncia appunto via radio in onde medie a tutta l’Italia la conquista della seconda Coppa del mondo. Dopo il trionfo di quattro anni prima in casa, la nazionale di Vittorio Pozzo si aggiudica la Coppa Rimet anche nel 1938 in Francia.
È una formazione di fuoriclasse come Silvio Piola, Giuseppe Meazza e Gino Colaussi modellata alla perfezione dal commissario tecnico Vittorio Pozzo, fine stratega ma anche abile psicologico. Uno studioso del calcio ma anche dello spogliatoio.
Quella del 1938 è l’ultima edizione della Coppa del mondo prima dell’interruzione forzata a causa della Seconda guerra mondiale. Ed è una rassegna in tono minore, un po’ per i venti di guerra che già soffiano e anche per la defezione di squadre importanti. Argentina e Uruguay infatti non prendono parte alla manifestazione a causa dalla mancata concessione dell’organizzazione a un paese sudamericano, la Spagna si lecca ancora le ferite della guerra civile e la grande Austria deve piegarsi all’annessione da parte della Germania nazista.
Sono 16 le squadre in tabellone con l’esordio di Cuba, Norvegia, Polonia e Indie Orientali, la prima formazione asiatica in lizza a un mondiale. È un’Italia forte, reduce dal successo di quattro anni prima e dall’alloro olimpico del 1936 a Berlino. Ed è anche una squadra mal sopportata a causa di quel saluto romano-fascista che nella Francia liberale viene tollerato a fatica.
Sul campo però gli azzurri, che sfoggiano una divisa celeste con lo stemma di Casa Savoia, impartiscono lezioni a tutti e per assurdo la partita più problematica si rivela quella d’esordio con la Norvegia, battuta 2-1 solo ai supplementari con reti di Pietro Ferraris e Piola.
Nei quarti ci pensano Piola (doppietta) e Colaussi a battere i padroni di casa della Francia davanti a 60mila persone. La semifinale di Marsiglia con il Brasile è la vera finale: la Selecao annovera tra le sue fila il bomber Leonidas che però viene ingabbiato dalla retroguardia azzurra e là davanti ci pensano Colaussi e Meazza a sancire il successo. I brasiliani erano così convinti di accedere alla finale che avevano già comprato i biglietti aerei per la capitale ma si rifiutano per la rabbia di cederli agli azzurri che così raggiungono Parigi in treno.
La finalissima allo stadio de Colombes (quello del film Fuga per la vittoria), davanti a 60mila spettatori è contro quell’Ungheria che è la madre di quella che sarà poi la grande Ungheria di Ferenc Puskas degli anni cinquanta.
E in effetti sul campo non c’è storia e il calcio danubiano si rivela troppo acerbo per impensierire il vaccinato undici azzurro che finisce per imporsi 4-2 con le doppiette dei soliti due: Colaussi e Piola.
Il rientro in patria con la Coppa Rimet è il miglior spot per il regime fascista che vuole conquistare il mondo anche politicamente: ma quello però resterà a lungo l’ultimo trionfo azzurro. Per il tris bisognerà attendere addirittura il 1982.

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