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martedì 25 giugno 2019

#Almanacco quotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 25 giugno.
Finalmente, il 25 giugno 1917 cessa la battaglia del Monte Ortigara, costata all'Italia migliaia di morti.
Il 10 giugno del 1917, l’esercito italiano attacca le truppe austro-ungariche che, dopo la Strafexpedition (spedizione punitiva o battaglia degli Altopiani), si erano ritirate su posizioni più facilmente difendibili e da cui minacciano il Cadore, la Carnia e l’Isonzo.
 La linea difensiva italiana era stata costretta a retrocedere fino ai margini dell'altopiano dei Sette Comuni, abbandonando posizioni che il comando riteneva di capitale importanza per il mantenimento dei  confini.
 Obiettivo dell’attacco è quello di sfondare il fronte austriaco tra i monti Ortigara e Forno, sull’altipiano di Asiago. L’ impresa non è facile perché le difese nemiche, disposte ad arco, controllano dall’alto il territorio e possono agevolmente difendersi con l’artiglieria.
 Questa loro collocazione non consente un attacco di sorpresa perché ogni concentramento di forze è subito individuabile; inoltre lo scontro si sarebbe svolto su un terreno impervio, tra i 1.000 e i 2.000 metri di altitudine.
 Il compito di compiere questa offensiva è affidato al XX e al XXII corpo d'armata, agli ordini del generale Ettore Mambretti : il primo deve sfondare le linee austriache tra i monti Ortigara e Fondo, il secondo deve attaccare fra i monti Zebio e Mosciagh.
Per fare questo, le truppe sono costrette a scendere in una zona molto esposta al tiro del nemico, nel Vallone dell’Agnelizza, per poi risalire alle quote 2003, 2101, 2105.
 Il 10 giugno inizia la battaglia dell’Ortigara, che verrà ricordata come il “Calvario degli alpini”, per il massacro inutile e sconsiderato di migliaia di uomini appartenenti alla 52ª divisione.
Concordato col Capo di Stato Maggiore generale Luigi Cadorna , l’attacco viene ordinato dal generale Mambretti, mentre il tempo si fa sempre più brutto e la pioggia battente si trasforma in nebbia e nevischio che rendono ancor più difficile avanzare.
L’offensiva italiana, preceduta da un fortissimo attacco dell’artiglieria, mostra subito la sua inadeguatezza: a una simile altitudine è inutile sferrare un attacco in massa, serve un tiro preciso e mirato. Anche sulle balze del monte Zebio viene fatto un tragico errore: il tiro troppo corto delle artiglierie si abbatte sulla brigata “Sassari”, in attesa di sferrare l’attacco.
 Verso le 11 l’azione viene sospesa, per riprendere alle 13.30, con un fuoco d’artiglieria ancor più intenso. Tuttavia gli effetti di questa prolungata azione sono deludenti.
Alle 15 inizia l’attacco della fanteria, bersagliata da ogni parte dal tiro nemico. Alcuni successi iniziali sono frutto degli sforzi disperati degli alpini della 52ª divisione, composta da 18 battaglioni, divisi in due colonne: la “Cornaro” e la “Di Giorgio”. A quota 2101 il battaglione “Bassano”, terribilmente e tragicamente decimato, viene salvato dall’arrivo dei compagni del “Val Ellero” e del "Monte Clapier”, che consentono di mantenere per breve tempo la posizione conquistata. Nonostante gli strenui sforzi e le ingenti perdite non si ottiene alcun risultato positivo. Per gli alpini il bilancio delle vittime di questa prima giornata è tragico: la 52ª divisione perde circa 3000 uomini tra morti, feriti e dispersi.
Il giorno successivo si riprende l’offensiva, con la stessa tattica e gli stessi piani falliti il giorno precedente. Gli assalti si rivelano inutili, nonostante gli sforzi dell’artiglieria che, ostacolata dalla nebbia, non riesce a rendere precisi i propri tiri. Si assiste a un nuovo bagno di sangue.
Sotto una pioggia battente, nel tardo pomeriggio, l’esercito italiano è costretto a indietreggiare.
Il generale Mambretti dirama l’ordine di sospendere le operazioni per tre giorni.
 Dopo inutili riprese delle ostilità e nuove sospensioni, che aumentano solamente il già tragico numero delle vittime,  il 19 giugno arriva nuovamente l’ordine di attaccare l’Ortigara.
Alle 6 parte l’attacco e dopo vari tentativi, la cima del monte, che sembrava imprendibile, è conquistata dagli alpini e dai fanti della decimata “Brigata Regina”.
La gioia per la conquista dura poco: le posizioni conquistate (quote 2101 e 2105) si dimostrano subito insicure.
 Dopo giorni di stallo, il 25 giugno alle 2.30, si scatena la controffensiva nemica, con un tremendo tiro d’artiglieria. Alle 3.10 l’Ortigara è di nuovo in mano austriaca.
 Incredibilmente, il Comando italiano ordina un nuovo attacco verso sera; non sarà altro che un ultimo grande massacro per i soldati italiani. Il battaglione “Cuneo”, appena arrivato, conquista quota 2003 che riesce a mantenere per qualche giorno, fino a quando, il 29 giugno, viene catturato dal nemico insieme al battaglione “Marmolada”.
 La battaglia dell’Ortigara è perduta; si è trattato di una tragica e inutile carneficina. Il generale Ettore Mambretti, ritenuto responsabile del disastro, viene sollevato dal suo incarico e le sue truppe distribuite in altre armate (nella I e nella IV).
 La battaglia dell’Ortigara è costata agli italiani la perdita di 25.199 uomini di cui 8.465 fra morti (2.865) e dispersi (5.600) e 16.734 feriti.
Le perdite austro-ungariche ammontano a 8.828 uomini, di cui 992 morti, 6.321 feriti e 1.515 dispersi.

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