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martedì 11 giugno 2019

#Almanacco quotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è l'11 giugno.
L'11 giugno 1903 il re di Serbia Alessandro I e sua moglie Draga vengono uccisi da un gruppo di cospiratori.
La Serbia, elevatasi a Regno nel 1882, era lo stato più importante e meglio organizzato della penisola balcanica. Sorto in corrispondenza alle guerre di indipendenza tenutesi contro il Grande Malato d’Europa, ovvero l’Impero Ottomano, impero che, durante le rivolte slave dei primi due decenni dell´Ottocento, si vide costretto a cedere grandi autonomie ai principati slavi di Serbia prima e al Montenegro poi.
La Serbia visse in qualità di principato autonomo nei territori della Sublime Porta per 73 anni, quando, successivamente alla Guerra Russo-Ottomana del 1878, venne riconosciuta ufficialmente dalle Potenze europee durante il Congresso di Berlino. Tale scelta venne fatta anche per ridimensionare le pretese russe, sempre in cerca di uno sbocco nei Balcani, ed una delle maggiori potenze europee che spinse per l’indipendenza del Principato di Serbia fu l´Impero Austro-Ungarico che, nella persona di Gyula Andrássy, costrinse gli altri stati a riconoscere l´indipendenza del nuovo stato balcanico.
Successivamente, nel 1882, il principe Milan IV Obrenović si proclamò Re di Serbia, dando poi inizio ad una politica austricante. La prima mossa del sovrano, sostenuta dalle forze liberali e conservatrici filo-austriache, furono la serie di accordi commerciali con Vienna e la costruzione di una ferrovia che collegasse Belgrado con la capitale asburgica. Nell’opposizione alla monarchia di Obrenovic si sviluppò, invece, una corrente filo-russa, nella persona di Nikola Pašić, leader del partito radicale serbo, che professava una Belgrado vicina all’Impero dello Zar.
Con il passare del tempo – e dei tributi richiesti dal nuovo stato -il regno di Milan cadde in disgrazia. Il malcontento popolare vedeva oramai l’apparentamento austro-serbo come una vessazione. Come se non fossero sufficienti le già disperate situazioni socio-economiche, si aggiunse a queste la pesante sconfitta serba contro i principati di Rumelia e Bulgaria nella guerra del 1885-86. Al termine del conflitto solo l’intervento diretto di Vienna negli affari Serbi riuscì a salvare la situazione, mostrando ancor di più quanto la Serbia fosse dipendente dagli Asburgo.
La svolta alla durissima fase venne data dalla concessione di una nuova carta costituzionale, nel 1888. Più liberale nella forma, si occupava anche di regolamentare la successione al trono, permettendo al Re Milan di assicurare la corona ai suoi discendenti e, nel contempo, di aprire una nuova era per la Serbia: l´abdicazione in favore dell’allora tredicenne Alessandro che venne posto sotto l’autorità di un Consiglio di Reggenza, presieduto dal fedele liberale Jovan Ristić.
Con l’allontanamento di colui che aveva fortemente sostenuto l’apparentamento con Vienna, fu più facile, per i detrattori dell’ex-re prendere il sopravvento e il 1 novembre 1893, Re Alessandro I, non ancora maggiorenne decise di sbarazzarsi del peso del Consiglio di Reggenza e di assumere direttamente le redini del paese. Il primo atto del neo-sovrano fu la sfiducia al gabinetto conservatore-liberale e la decisione di consegnare il governo al Partito Radicale, aprendo così un primo spiraglio all’influenza Russa sul paese che lo caratterizzerà poi negli anni a venire. Bisogna, però, ricordare che la politica estera di re Alessandro fu incentrata nella neutralità dello stato serbo e nel mantenimento di buoni rapporti sia con Vienna che con Pietroburgo.
Emblematica, in tal senso, la fermezza mantenuta da Alessandro durante il conflitto per il controllo dell’isola di Creta tra Ottomani e Greci del 1897. Durante la guerra, che ebbe una grande eco internazionale, la Serbia decise di assumere una posizione neutrale. La neutralità di Alessandro, nonostante la guerra fosse portata contro uno dei due “nemici” storici della Russia, Costantinopoli, è simbolo della volontà di mantenere buoni rapporti con la vicina Austria-Ungheria. Volontà che spinse il governo dello Zar e del vicino principato del Montenegro – sotto chiara influenza russa – a raffreddare i rapporti con lo stato serbo.
Una prima riconciliazione con la Russia ebbe luogo nel 1900, quando Alessandro, con una decisione drasticamente impopolare, decise di ammogliarsi con la nobildonna vedova Draga Mašin. Tale scelta gli mise contro una grande fetta del paese che non desiderava tale imparentamento. Draga Mašin aveva quindici anni in più di Alessandro, era vedova di un ingegnere civile ceco ed aveva la fama di seduttrice e di donna sterile: per questo era giudicato inopportuno che il sovrano la prendesse in moglie. Ciò scatenò molte proteste nel paese e fuori di questo e l’unica personalità che riconobbe tali nozze fu lo Zar di Russia, Nicola II che spinse per un riavvicinamento e una rappacificazione intorno alla figura del sovrano serbo. Lo zar di Russia consentì a fare da testimone alle nozze, che furono celebrate il 4 agosto 1900. Questo matrimonio indignò il corpo degli ufficiali, e invano il re obiettò di aver portato sul trono “la prima regina serba dopo Còssovo”.
La risposta di Alessandro allo Zar non si fece attendere e, nel 1901, così come fece il padre per ricambiare il riconoscimento asburgico dello stato serbo nell’alveo delle potenze occidentali, saldò una solida alleanza con l’impero russo per assicurarsi protezione ed una politica sicura. Sempre nello stesso anno il sovrano promulgò una nuova costituzione, più liberale di quella del padre Milan, che completo la sua politica di conciliazione con la popolazione ed i partiti presenti nel Parlamento serbo. Nella nuova costituzione veniva concepito per la prima volta un assetto bicamerale, con l’affiancamento di un senato alla già esistente Assemblea Nazionale e concedendo ampia libertà di stampa. Ma queste due nuove concessioni – Senato e Libertà di stampa – si rivelarono un grande passo falso per il sovrano, poiché, tramite l’ampia libertà di stampa concessa, i giornali non fecero altro che parlare male della dinastia regnante e soprattutto del suo apparentamento con una “sgualdrina e sterile”; la nuova camera, invece, godendo di ampia autonomia, si costituì come un contraltare del sovrano, ostacolando molte delle sue politiche.
Già a partire dalla fine del 1901, un gruppo di sette ufficiali, risoluti e nazionalisti, aveva concepito l’idea di sopprimere la famiglia reale per metter fine alla lotta fra dinastia e nazione. Il problema degli ufficiali non era tanto il mal digerito matrimonio con Draga, ma il fatto concreto che, data la sterilità della moglie, il re non poteva avere eredi diretti. Le cose peggiorarono quando si sparse la voce che, per istigazione di Draga, egli pensasse di cercarsi un erede tra i Lunjevica, membri della famiglia di Draga; una cosa queste che mandò su tutte le furie parecchi ufficiali che cominciarono seriamente a ponderare un modo per togliere di mezzo la “pericolosa” famiglia reale. L’idea dei futuri congiurati era chiara: spazzare via l’impopolare dinastia degli Obrenović per far spazio all’altra dinastia rivale, i Karagjorgjević che segnerà poi le sorti della Serbia prima e del Regno di Jugoslavia poi fino all’occupazione tedesca del 1941.
La difficile situazione in cui il regno balcanico era finito di nuovo vide i due “soli” della Serbia, ovvero Austria-Ungheria e Impero russo, assolutamente indifferenti alle sorti di Alessandro che, divenuto una figura impopolarissima in patria, perse molto credito anche in ambito internazionale. Alla sua vasta impopolarità si sommò, poi, l’inquietudine e i progetti degli ufficiali della bassa Serbia, che anelavano di redimere i fratelli della Macedonia e della Bosnia, e che mal tolleravano la politica austrofila e puramente dinastica di Alessandro. La figura di spicco degli ufficiali ribelli ed intransigenti fu il capitano Dragutin Dimitrijević, futuro fondatore della spietata setta della Crna Ruka, a noi nota come Mano Nera. Prendendo spunto dai movimenti carbonari dell’Italia del XIX secolo, mirava a costituire un grande e forte stato slavo nei Balcani, avente nella Serbia – che i membri paragonavano al Regno di Sardegna – il motore principale per l’unificazione dello stato jugoslavo.
Una serie di ulteriori passi falsi dell’impopolare sovrano, come quello di decretare decaduti tutti i senatori ostili, sostituendoli con persone a lui fedeli, nonché  la sospensione della costituzione (1903), non fecero altro che peggiorare la sua situazione e renderlo sempre più debole e solo. Egli tentò invano di costituire un nuovo esecutivo e di cambiare, ancora una volta, la linea dinastica, proponendo una iniziativa di legge in parlamento che avrebbe decretato, in caso non avesse avuto figli legittimi, il principe Mirko del Montenegro, secondogenito del principe Nicola I, legittimo erede al trono di Serbia.
Tale ulteriore smacco fu, per i congiurati, il tuono dietro il fulmine. Tra la notte del 10 e 11 giugno del 1903 la congiura militare, guidata da Dimitrijević, decise di porre per sempre fine alla odiata dinastia e alle sue politiche troppo dinastiche e poco nazionaliste. I congiurati circondarono il Palazzo Reale di Belgrado e vi fecero irruzione, catturando i due sovrani e massacrandoli seduta stante. Dopo la loro morte, i loro cadaveri vennero più volte mutilati ed infine gettati dalle finestre del palazzo.
A compimento di ciò, forti del potere acquisito, i congiurati decisero di affidare il trono alla dinastia avversaria dei Karagjorgjević, già principi di Serbia in passato, nella figura di Pietro I.
Con questa mossa i militari nazionalisti misero le mani sulle leve del potere serbo, mantenendo legami strettissimi e di dipendenza sia con il governo che con la monarchia, segnando così il brusco cambio di rotta della Serbia nel panorama delle relazioni internazionali, allontanandola sempre di più da Vienna e spingendola verso Pietroburgo. Iniziava così il conto alla rovescia verso la fatidica data che avrebbe per sempre infranto quel mondo: il 28 di giugno del 1914.

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