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sabato 1 giugno 2019

#Almanacco quotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il primo giugno.
Il primo giugno 193 d.C. il Senato Romano condanna a morte l'imperatore Didio Giuliano.
Marco Didio Salvio Giuliano è stato un imperatore romano per un ridottissimo periodo, dal 28 marzo al primo giugno del 193, circa solo due mesi.
Didio era di ragguardevole famiglia della Gallia Cisalpina, e divenne un ricchissimo senatore, figlio di Quinto Petronio Didio Severo. Divenne imperatore comprando l'impero dai pretoriani che lo vendevano all'asta al miglior offerente. Venne riconosciuto dal Senato, visto che era uno di loro e dai pretoriani che gli avevano venduto l'impero, ma non dalle legioni, che desideravano i loro generali al comando.
Didio Giuliano da giovanissimo arrivò a Roma, accolto in casa di Domitia Lucilla, la madre di Marco Aurelio, parente di sua madre Aemilia Clara. Grazie a tale parentela ebbe una carriera rapida e di gran successo, divenendo questore a ventiquattro anni, uno meno dell'età minima, fu poi edile e pretore nel 162, prefetto della Gallia Belgica nel 170, durante il regno di Marco Aurelio.
Sotto Commodo fu prefetto dell'Annona, console e governatore della Bitinia, e poi dell'Africa. Quindi fu legatus, una specie di generale, della XXII Primigenia a Mogontiacum.
Questa legione, dedicata alla Dea Fortuna Primigenia, fu creata dall'imperatore Caligola nel 39, ed era ancora presente a Moguntiacum (Magonza) per la difesa del confine retico.
Successivamente fu nominato governatore della Gallia Belgica, della Dalmazia, della Germania Inferiore e infine prefetto dell'annona.
Nel 192 fu acclamato imperatore Pertinace, grazie all'appoggio delle coorti pretorie, ma dopo soli tre mesi fu assassinato dagli stessi pretoriani che decisero di mettere all'asta il trono al migliore offerente.
I pretendenti erano Sulpiciano e Giuliano. Alla fine il vincitore fu Giuliano, sia perché offrì di colpo un aumento notevole di 5000 sesterzi, promettendone 25000 (otto anni di paga) per ciascun pretoriano, sia perché insinuò che Sulpiciano, suocero di Pertinace, avrebbe poi messo a morte gli assassini dell'imperatore appena morto.
Dunque Giuliano divenne imperatore; lo stesso giorno fu riconosciuto anche dal Senato, che nominò augustae la moglie Manlia Scantilla e la figlia Didia Clara.
Giuliano non fece mettere a morte Sulpiciano; ma, malgrado il suo buon governo, i generali degli eserciti fedeli a Pertinace non lo riconobbero. Iniziò così la guerra civile tra quattro fazioni. Giuliano venne assassinato dalla popolazione inferocita all'arrivo di Settimio Severo, il quale sconfisse poi i rivali Nigro in Oriente e Albino in Occidente.
Dopo la morte del marito, che venne decapitato, fu Manlia a seppellirlo, al V miglio della Via Labicana. Il nuovo imperatore Settimio non fece nulla contro la vedova, e ovviamente nemmeno alla figlia, a cui il senato ritirò i titoli di Augusta, che decise di ritirarsi a vita privata per cui di lei non si hanno altre notizie.
Per la breve durata del regno del marito, appena 66 giorni, sono pochi i busti di Scantilla, ma uno in ottime condizioni fu ritrovato nel 1872 nel sito di Villa Palombara, a Piazza Vittorio, dove si stava procedendo alle sistemazioni del quartiere Esquilino di Roma.

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