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sabato 29 giugno 2019

#Almanacco quotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 29 giugno.
Il 29 giugno 1950, nel corso dei campionati mondiali di calcio, gli Stati Uniti battono l'Inghilterra, nella partita che verrà ricordata come "il miracolo di Belo Horizonte".
È il 1950. Siamo alla metà esatta del secolo. La guerra è finita da qualche anno e l’Europa è un cantiere a cielo aperto. In Asia scoppia la guerra di Corea, l’America, invece, dopo la crisi del 29’ e la fine della guerra si trova in un periodo florido dal punto di vista economico. È il periodo delle migrazioni negli Stati Uniti alla ricerca di maggiori fortune. Ma è anche il periodo in cui la musica cambia, nasce infatti il rock’n’roll, quello che poi si evolverà in rock puro. Insomma, il mondo è in piena rivoluzione.
È sempre il 1950 quando, dopo 12 anni di inattività, ritorna il campionato mondiale di calcio. L’Europa, come detto, è in totale ricostruzione e il solo Brasile si propone di organizzare la massima competizione, durante la conferenza avvenuta a Lussemburgo nel 1946. La FIFA sceglie di escludere in partenza Germania e Giappone, ritenute le massime responsabili della guerra. L’Italia tentenna, i costi sarebbero troppo elevati e buona parte dei componenti della nazionale sono scomparsi l’anno precedente nella tragedia di Superga che aveva coinvolto il grande Torino. In seguito la FIFA riesce a convincere gli azzurri, gli ultimi ad essersi aggiudicati la coppa nel 1938, che proprio dal 1950 assumerà per la prima volta la denominazione di ‘’Coppa del mondo Jules Rimet’’, a partecipare.
L’inizio della competizione è alle porte, è estate e i pronostici non lasciano dubbi. Hanno già individuato chi si contenderà la vittoria finale. Dovrebbero essere infatti i campioni del mondo in carica dell’Italia al fianco dei padroni di casa del Brasile i favoriti, ma regna l’ombra della selezione inglese, ritenuta dallo stesso popolo brasiliano la più temuta. Gli inglesi dal punto di vista calcistico vivono una situazione particolare, si tratta infatti della loro prima presenza in ambito mondiale a causa di vari diverbi con la FIFA e la conseguente uscita da essa, ma nel 1946 avviene la riammissione che li porta dunque a partecipare alla competizione che si sarebbe svolta quattro anni dopo.
Tra le sorprese della competizione vi è anche l’umile selezione statunitense, già alla terza partecipazione e che addirittura è riuscita a conquistare un terzo posto nel 1930 in Uruguay. Caso curioso: gli statunitensi giocano la loro prima partita dopo 10 anni di inattività nel 1947, l’ultima era stata giocata nel 37’ e per tale motivo, da aggiungersi al fatto che la nazionale era composta per lo più da dilettanti e da gente che praticava il ‘’soccer’’ come hobby, quando il sorteggio decreta Stati Uniti ed Inghilterra nello stesso girone, gli inglesi sorridono. Irrisoriamente.
Gli inglesi, dal canto loro invece, sono forti, molto forti, possono annoverare campioni del calibro di Stanley Matthews, che passerà alla storia come uno dei calciatori più longevi di sempre ma soprattutto per essere stato nominato in seguito, nel 56’, il primo pallone d’oro della storia. Gli inglesi non sono solo forti, sono spavaldi, molto spavaldi ed è su questo che si sviluppa la nostra storia, costituita da protagonisti contrapposti.
È il 24 giugno quando la competizione, dopo una lunghissima attesa, ha finalmente inizio. I padroni di casa del Brasile affrontano il modesto Messico. 4-0, una partita senza storia e che nessuno mai ricorderà. Eppure, l’edizione del 1950 passerà alla storia, sarà infatti l’edizione delle sorprese, l’edizione dove la presunzione e l’arroganza non troveranno spazio, ma saranno punite amaramente dal destino. E’ il 24 giugno, il mondiale è già iniziato, ma nessuno sa ancora cosa riserverà.
Gruppo 2, il sorteggio decreta che Spagna, Cile, Inghilterra e Stati Uniti si affronteranno per decidere chi andrà al secondo turno eliminatorio della fase finale. Come sempre i pronostici, spesso crudeli e spietati, non lasciano dubbi. E non hanno dubbi neanche gli inglesi, forse neanche gli statunitensi che già partono sconfitti in cuor loro. È il 25 giugno quando gli inglesi esordiscono sbarazzandosi del Cile con un secco 2-0, contemporaneamente la Spagna ne rifila tre proprio agli Stati Uniti. Tutto come previsto insomma. Nel secondo turno toccherà proprio alle compagini inglesi e statunitensi affrontarsi.
La partita si gioca il 29 giugno, la vigilia viene vissuta in modo opposto. In modo arrogante e spavaldo dagli inglesi, gli inventori del calcio. In modo quasi rassegnato dagli americani. Gli inglesi, dall’alto della loro superiorità, riconoscono come sola imitazione il calcio praticato fuori dai confini nazionali; non era lo sport praticato da loro. Il calcio, quello vero, si giocava in Inghilterra e per questo, dopo anni di soli tornei giocati tra le loro ‘’mura’’, era venuta l’ora di dimostrarlo anche nella massima competizione: il Mondiale. Gli inglesi però non avevano ancora fatto i conti col destino, beffardo e punitivo talvolta.
Il 29 giugno è arrivato, dopo 24 ore di bombardamento mediatico ai danni delle vittime sacrificali americane da parte dei media inglesi, si scende in campo. Gli Stati Uniti schierano la loro migliore formazione, composta non solo da calciatori non professionisti, ma anche da calciatori di nazionalità non americana. E’ il caso del capitano Ed McIlvenny, scozzese di nascita ma che aveva chiesto la cittadinanza americana e ciò era già sufficiente per essere convocato secondo le regole di allora. Ma è soprattutto il caso di Joe Gaetjens, haitiano di nascita. A proposito, segnatevi questo nome. Gli inglesi invece lasciano a riposo la loro stella, Matthews, e la leggenda narra che prima della partita i calciatori consumarono birra e sigari a volontà. Non sappiamo se sia vero, ma a noi piace crederci.
Belo Horizonte è la sede designata, gli spalti sono pieni soprattutto di sostenitori brasiliani per sostenere la causa americana al fine di evitare gli inglesi nel secondo girone eliminatorio. Sono le 15 quando l’arbitro italiano Dattilo fischia il calcio d’inizio e la partita prende subito la piega immaginata con gli inglesi che attaccano e i dilettanti americani alla ricerca del miracolo. Gli inglesi hanno già concluso in porta diverse volte, si pensa sia solo questione di tempo, solo sfortuna sotto porta, solo la giornata positiva del portiere, ma prima o poi quel pallone entrerà, come da pronostico, come da copione. Ma il destino sa essere crudele e beffardo, sa punire gli stolti e premiare gli audaci, come la fortuna. E’ la stessa fortuna mista al destino che al minuto 38’ decreta il passaggio chiave di questa vicenda, una frazione di secondo che darà un senso a quella competizione data per scontata dai pronostici. Un minuto per cambiare il corso degli eventi. Un tiro parte dalla distanza, è pronto ad andare fuori o tra le braccia comode del portiere inglese, ma il destino si materializza nella figura di quel Joe Gaetjens, che si tuffa di testa avverando l’impossibile. Gli Stati Uniti sono clamorosamente in vantaggio!
Sembra scontato il ribaltone. Nel secondo tempo iniziano meglio gli Stati Uniti, ma gli inglesi prendono il sopravvento col passare dei minuti. Attaccano come se non ci fosse un domani e la partita prende la stessa piega del primo tempo con gli statunitensi che soffrono e si rintanano. Ma non accade nulla, poi una punizione ravvicinata per gli inglesi che viene battuta male, palla respinta e sulla ribattuta un colpo di testa sembra stia per insaccarsi e consegnare agli inglesi quel pareggio che avrebbe almeno attutito l’umiliazione. Il tragitto del pallone verso la rete viene però interrotto sulla linea dalle mani di Borghi, portiere statunitense, con gli inglesi che reclamano il gol a gran voce. Non è gol, l’arbitro non convalida, il pallone non ha attraversato la linea, gli Stati Uniti sono ancora in vantaggio.
I ritmi calano, gli inglesi sembrano quasi arrendersi, addirittura gli Stati Uniti sciupano il clamoroso raddoppio. Ma non ce ne sarà bisogno, non servirà alcun secondo gol per evitare la beffa ed anche gli inglesi iniziano ad arrendersi a ciò che nessuno immaginava potesse accadere. Sembrava scontato il ribaltone ed invece non erano bastati neanche gli ulteriori 45’ agli inglesi per recuperare ciò che dall’alto qualcuno aveva in serbo per loro. L’arbitro Dattilo fischia tre volte, è finita. Gli Stati Uniti hanno compiuto il miracolo, Davide ha battuto Golia. Il pubblico invade il campo, sono per lo più brasiliani felici per la sconfitta di quella che sarebbe dovuta essere la più temuta tra le rivali. Tutti vanno ad abbracciare l’eroe, quel Joe Gaetjens che vivrà quel lampo di popolarità. Viene portato in trionfo come mezzo mediante cui Davide compì la sua impresa contro Golia, quel colosso inglese che sembrava insuperabile fino alla vigilia.
I media inglesi non credettero quasi a quanto successo e ritardarono l’uscita dei giornali, credevano ad un errore di dicitura, ma anche loro dovettero arrendersi all’umiliazione e alla dura realtà di quanto accaduto a chilometri e chilometri di distanza. Per la cronaca, l’Inghilterra perse anche contro la Spagna e fu eliminata, un’umiliazione totale per coloro che si erano limitati ad osservare da lontano uno sport che non reputavano altro che una copia di quello da loro inventato.
Era il 29 giugno 1950, quando Joe Gaetjens e gli Stati Uniti fecero capire agli inglesi che i miracoli esistono e a Belo Horizonte se lo ricordano ancora bene.

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