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giovedì 7 marzo 2024

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 7 marzo.
Il 7 marzo 1911, convenzionalmente, ha inizio la rivoluzione messicana, la prima del 900.
La “rivoluzione messicana” terminerà nel 1930 e porterà via 900.000 vite. I protagonisti sono rimasti nella storia, Madero il primo presidente liberale del Messico, Pancho Villa il coraggioso comandante popolare ed ex campesino, Emiliano Zapata l’invincibile capo rivoluzionario, Venustiano Carranza e Álvaro Obregón.
La Costituzione del 1917, lo stesso anno della rivoluzione di ottobre, sarà una delle più avanzate ed introduce per prima il concetto di inalienabilità dei terreni comuni (le terre degli ejjdos). Una clausola che sarà eliminata solo nel 1994, avviando la rivolta del Chiapas.
Il 20 novembre 1910 un gruppo di intellettuali borghesi liberali in esilio negli USA scrisse il Plan de San Luis Potosì che denunciava l’irriformabile regime di Porfirio Diaz e chiamava alla lotta armata.
La rivoluzione attraversa molte diverse fasi e rivolgimenti, dopo la presa di Ciudad Juárez (Chihuahua), alla quale partecipa, distinguendosi sul campo, anche il nipote di Giuseppe Garibaldi, le elezioni del 1911 portano Madero al potere. La politica liberale prudente e classista di questo (era un grande industriale legato agli investitori USA), che le correnti socialiste e anarchiche del movimento vedono come un tradimento porta alla ripresa delle ostilità ad opera di Emiliano Zapata e Pascual Orozco a insorgere di nuovo.
Emiliano Zapata è una delle grandi figure di quella lotta. Nato da una famiglia poverissima di contadini nel 1879 e morto in un agguato nel 1919 a quaranta anni, ed orgoglioso della sua origine nahuati (antica lingua locale di origine Maya), Zapata viene avvicinato da giovane al pensiero anarchico (di Kropotkin) dai suoi maestri di scuola Burgos e Montano e dalla rivista clandestina “Regeration”. In una prima fase cercò di svolgere politica legalitaria, diventando anche sindaco di Anenecuilco e appoggiando i politici riformisti locali, quando la reazione dei latifondisti ne mostra l’impossibilità, procede a distribuire la terra ai contadini e avvia la lotta armata.
Al grido «Uomini del Sud! È Meglio morire in piedi che vivere in ginocchio!», e sotto la bandiera nera con la scritta “Tierra y Libertad”, fronteggia al sud le forze di Diaz sino alla sua fuga nel maggio 1911. A giugno incontra Madero e a novembre prende di nuovo le armi contro di lui, accusandolo di tradimento. La lotta dell’irriducibile Zapata, nella sua roccaforte al sud del paese si svolge prima contro Madero, poi contro il suo assassino Huerta (che avvierà una fase controrivoluzionaria) e poi contro Carranza, che lo sostituisce e promulga l’avanzata Costituzione del 1917.
Le unità mobili di due-trecento uomini di Zapata praticano una guerriglia spietata ed innovativa che i Federales non riescono mai a contrastare efficacemente.
Nel 1913, grazie all’azione vittoriosa al nord delle forze di Pancho Villa, Huerta deve fuggire, ma non si trova un accordo tra le troppe correnti delle forze rivoluzionarie (ed in particolare con Carranza, che rappresenta gli interessi della borghesia agraria del nord) e questo porta alla continuazione della guerra. Saranno in un primo momento le truppe contadine unite di Pancho Villa ed Emiliano Zapata a prevalere, e nel dicembre 1914 entrano a Città del Messico. Zapata rifiuta la Presidenza e torna nel Morelos. Sperimenta una forma di democrazia diretta, di ispirazione anarchica, nella Comune di Morelos (1915). La reazione di Carranza, che porta dalla sua parte gli operai promettendo alleggerimenti delle condizioni di lavoro, costringe le forze di Villa e Zapata a ritirarsi dopo solo sei mesi. Nel nord si apre quindi una guerra civile rivoluzionaria entro la guerra civile, Obregon sconfigge Pancho Villa (anche se non in modo definitivo) e rovescia i rapporti di forza.
In questa condizione di debolezza, il colonnello Guajardo, fingendo di volersi unire alla causa attira Emiliano Zapata in una trappola e lo uccide nei pressi dell'hacienda di Chinameca. E’ il 1919.
Nel 1920 i successori si accorderanno con Obregon che era tra i mandanti dell’omicidio, fidandosi del suo Plan de Agua Prieta.
La restituzione della terra ai contadini, l’espropriazione dei latifondi, e la nazionalizzazione delle principali risorse ed una nazione decentralizzata di pueblos federati, il richiamo all’eredità Maya, sono i capisaldi del pensiero e dell’azione di Zapata che lo pongono in condizioni irriducibilmente incompatibili con i poteri del suo tempo (e del nostro). El caudillo del sur morirà senza mai giungere a compromesso con quel che pensa e difende.
L’altra grande figura emergente è Doroteo Arango Arámbula, che nasce un anno prima e muore anche lui assassinato in un agguato quattro anni dopo. Pancho Villa opererà nel nord del paese (Chihuahua) e diventerà una figura famosissima anche grazie ai reportage di Jack London e John Reed. Avviò la sua azione come latitante (a causa di una lite con un ranchero quando aveva sedici anni) nella Sierra, poi si arruolò con Obregon e nel 1910 prese parte alla rivoluzione.
I “dorados” di Villa, imitando le tattiche degli indiani Apache, agivano in piccoli e mobili gruppi a cavallo. Con alterne vicende (incluso un breve esilio negli USA) riuscì ad assumere il controllo della regione di Chihuahua (combattendo anche contro le truppe americane di Woodrow Wilson che usarono anche aerei e camion per la prima volta). Alla caccia a Villa partecipò il generale Pershing e George Patton. 10.000 uomini e mezzi imponenti non bastarono, Villa era imprendibile.
Nel 1920 Obregon prende il potere, assassinando Carranza, e Villa si ferma. Si ritira nella enorme “hacienda” di Canutillo regalata dal Presidente nella quale introduce elementi egualitari (salari alti e servizi scolastici per tutti).
Faceva però ancora paura, quindi quando nel 1923, dovendo fare da padrino al figlio di un suo amico, va in macchina con una piccola scorta alla città di Parral lo fermano per sempre. All’uscita infatti gli assassini si erano organizzati e lo aspettavano in una strettoia armati di fucili militari con munizioni speciali (incluso il proiettile ad espansione che spaccò il suo grande cuore).
La rivoluzione messicana, iniziata nel 1911 è la prima rivoluzione del XX secolo (se si escludono i moti del 1905 in Russia) e pur nella confusione delle sue basi ideologiche (tra l’anarchismo ed il primitivismo comunitario di Zapata, il populismo vagamente socialisteggiante di Villa, e le correnti borghesi liberali legate comunque alla proprietà terriera di Carrasco o di Obregon) pone le basi di tutti i moti insurrezionali successivi nel continente americano. In particolare quella di Sandino in Nicaragua, di Martì nel Salvador e degli zapatisti nel Chapas (il subcomandante Marcos) di oggi.

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