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domenica 17 marzo 2024

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 17 marzo.
Il 17 marzo 45 a.C. Giulio Cesare vince la sua ultima battaglia, nei pressi di Munda.
Nel 46 a.C., mentre Rola festeggiava la vittoria di Cesare in terra d'Africa, a Tapso, i seguaci di Pompeo, sconfitti, si erano raccolti nella Spagna meridionale e avevano organizzato un esercito. Questo fu possibile perché il governatore cesariano Quinto Cassio Longino amministrava il territorio con tirannia, provocando così l'indignazione dei comuni spagnoli.
In questo modo i figli di Pompeo, Gneo e Sesto, che erano fuggiti dal nord-Africa con Labieno e Attio Varo, trovarono in Spagna un campo d'azione ben preparato. In breve tempo i Pompeiani riuscirono a mettere insieme una forza di ben tredici legioni, reclutate prevalentemente fra la popolazione locale. Un esercito potente, tanto da indurre i due legati inviati da Cesare a rifiutare lo scontro, avendo a loro disposizione truppe più deboli.
All'inizio di novembre del 46 a.C., Cesare decise di recarsi in Spagna con due legioni. In diciassette giorni, con una marcia di 90 chilometri al giorno, raggiunse Saguntum, a nord di Valencia, e dieci giorni dopo era nell'accampamento di Obulco, a est della città di Cordova occupata dai nemici.
Cesare aveva a disposizione un valoroso esercito composto da quattro legioni di veterani, quattro legioni di nuova formazione e ottomila cavalieri. Gli avversari, però, con truppe di poco inferiori, occupavano, a sud e a sud-ovest di Cordova, le città più importanti; un vantaggio che rese enormemente più difficile la campagna invernale di Cesare.
La città di Ulia, a sud di Cordova, fedele a Cesare, era da mesi assediata da Gneo Pompeo e prossima alla capitolazione. La situazione poté essere sbloccata con un abile manovra. Cesare si diresse contro Cordova e costrinse gli assediati ad abbandonare Ulia e ad accorrere in aiuto della capitale. L'iniziativa, tuttavia, non provocò una svolta decisiva, anche perché i Pompeiani si sottrassero costantemente allo scontro aperto.
Nella metà di gennaio del 45 a.C., Cesare pose l'assedio alla città di Ategua, utilizzata dal nemico come deposito di scorte. Gneo Pompeo giunse con il suo esercito nelle vicinanze, senza però tentare nessun attacco per alleggerire la pressione sulla città. Il 19 febbraio, dopo diverse settimane d'assedio, abbandonata al suo destino dalle stesse legioni pompeiane, la città di Ategua capitolò.
Dopo questo fatto i comuni spagnoli cominciarono a diffidare della disponibilità a combattere dei loro protettori pompeiani. Questi si spostarono verso sud e immediatamente Cesare si mise alle loro spalle. A Gneo Pompeo e Labieno non lasciò il tempo di rafforzare le loro truppe. I Pompeiani, per evitare lo sfaldamento della loro forza, si videro costretti ad affrontare una battaglia decisiva.
Il mattino del 17 marzo 45 a.C., presso Munda, l'odierna Montilla, i due eserciti si scontrarono in battaglia.
Contro le ottanta coorti e gli ottomila cavalieri di cesare, i Pompeiani opponevano una forza di combattimento numericamente superiore, ed occupavano anche una posizione favorevole, sui pendii di una catena di colline, in attesa dell'attacco dei Cesariani dalla pianura.
Si trattò di una delle più dure battaglie affrontate da Cesare. I Pompeiani assaltarono venendo giù dai pendii e riuscirono ad aprirsi un varco nella falange nemica. Cesare, vedendo lo sbandamento delle sue formazioni, si lanciò di persona nel combattimento in prima linea.
Il suo esempio ebbe l'effetto di fermare le barcollanti legioni. Decisivo fu però l'attacco di uno squadrone di cavalleria al fianco destro e alle spalle dei Pompeiani. Per mettersi sulla difensiva, Labieno fece arretrare in tutta fretta cinque coorti, e questo fu scambiato dai combattenti pompeiani per l'inizio della ritirata.
Nella confusione, Cesare approfittò per l'attacco decisivo e di colpo le sorti della battaglia si rovesciarono. Alla sera la vittoria di Cesare era assicurata, suggellando l'ultima terribile sconfitta dei Pompeiani. Questi ultimi lasciarono sul terreno trentamila morti, fra cui anche Tito Labieno e Attio Varo. Gneo Pompeo venne bloccato durante la fuga e ucciso in combattimento.
Cesare rimase nelle province spagnole fino al giugno del 45 a.C.

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