Buongiorno, oggi è il 22 marzo.
Il 22 marzo 1885 Re Umberto I posa la prima pietra del monumento dedicato a suo padre: Il Vittoriano.
Contestato al suo nascere e paragonato ad una torta o ad una macchina da scrivere, se trovi il coraggio di salire uno dopo l’altro i gradini che ti portano in cima, sei quasi in cielo, ti trovi allo stesso livello del volo dei gabbiani, e tutt’intorno i tetti di Roma sono quasi ai tuoi piedi, unici colossi a sovrastare la città, con le loro architetture, sono i simboli del potere religioso, politico e laico, che vivono e palpitano nel cuore di Roma.
Qui con l’Urbe , finalmente capitale d’Italia, ecco sorgere il monumento, simbolo della conclusione delle guerre d’indipendenza, della raggiunta unità tanto vagheggiata del suolo italiano, celebrazione della casa regnante che aveva reso possibile il sogno di tanti italiani, e poi mausoleo del Milite Ignoto, di quel soldato senza nome, morto come tanti altri per dare alla Nazione le terre irredenti.
Il Vittoriano, che prende il nome da Vittorio Emanuele II, primo re d’Italia, ha troneggiato nel cuore di Roma per tanti anni senza troppo amore da parte della cittadinanza che l’ha visto come la colossale imposizione marmorea di una dinastia straniera, che ha rivoluzionato il piano urbanistico della città, abbattendo case e palazzi nobiliari (Torlonia) per farlo sorgere, ma lontani dai furori dell’epoca, dai fautori e detrattori, il monumento ha finito con il conquistare il cuore dei romani per i simboli che rappresenta.
La costruzione fu decisa pochi mesi dopo la morte del re, promulgata la legge nel 1878 che accoglieva il progetto del ministro Zanardelli d’erigere a Roma un monumento nazionale alla memoria, furono banditi ben due concorsi, e si scelse l’area a fianco del Campidoglio come zona densa di significato storico e la prima pietra fu posata da re Umberto I nel 1885.
Non doveva essere un monumento da poco, si voleva un fondale scenografico che si stagliasse con il suo biancore all’orizzonte di via del Corso, per chi entrava a nord della città, da piazza del Popolo. Qualcuno malignamente insinuò che si volesse occultare la prepotente presenza clericale della chiesa di S. Maria in Aracoeli. Per ottenere un’opera imponente, si progettò una costruzione a terrazze, che ricordava l’architettura dei grandi santuari ellenistici come l’altare di Pergamo e ripresa nelle città latine da Palestrina e Tivoli, privilegiando la radice classica dell’arte nazionale, piuttosto che l’eclettismo che allora imperversava in Europa.
Inoltre l’abbellimento statuario serviva a nobilitare le virtù civili in cui fortemente si credeva essere il presupposto di una nazione sana e forte.
I lavori si protrassero per ben mezzo secolo, sia per cause di natura economica (lo stato sabaudo aveva già investito notevoli risorse per portare avanti le guerre d’indipendenza e gli altri stati italiani liberati dallo ”straniero” per uniformarsi alle regole dei Savoia ed amalgamarsi tra di loro non se la cavavano meglio, anzi forse stavano peggio di prima!) inoltre si sono incontrate difficoltà a livello tecnico, a causa delle pendici del colle che non erano compatte e solide come si credeva, al punto che si apportarono delle modifiche nella dimensione e nelle proporzioni del progetto originario. La direzione dei lavori fu assunta da Giuseppe Sacconi e in successione da Gaetano Koch, Pio Piacentini e Manfredo Manfredi. Tutti personaggi famosi come gli artisti ai quali furono commissionate le sculture, in particolare quelle delle città furono eseguite da artisti delle rispettive località. Fu inaugurato nel cinquantenario dell’Unità da Vittorio Emanuele III, anche se con l’inserimento del Milite ignoto (1921) fu rimodellato e nuovamente inaugurato nel 1995 come Altare della Patria.
Alla fine della I guerra mondiale si sparse a macchia d’olio l’idea di un Altare della Patria, e anche l’Italia ha voluto avere il suo. Qualcosa era cambiato nel modo di vedere la guerra e il soldato che moriva per la patria, dal tempo della rivoluzione francese e da quella franco-prussiana, da quando insomma tra i combattenti ci furono molti volontari, per non parlare delle nostre guerre d’indipendenza; sicché nel 1871 si ebbe il primo cimitero militare tedesco, e nel 1915 la Francia sancì il dovere di seppellire i morti, sulla cui tomba venne posta una croce, simbolo di risurrezione, il nome e una pietra. Ma anche il milite ignoto deve avere la sua glorificazione, e quindi si scelsero luoghi simbolo della propria nazione: in Francia fu sepolto sotto l’Arc de Triomphe, in Inghilterra nella abbazia di Westminster, in Italia lo si volle a Roma, da pochi decenni capitale del regno, e fu collocato nel monumento più significativo per l’epoca: il Vittoriano.
Ormai c’è. Nessuno ricorda più come erano un tempo le pendici del Campidoglio, il monumento spicca nel cuore della città con il biancore abbagliante del calcare di botticino bresciano, che brilla ancor di più grazie alla luce cristallina dell’azzurro cielo romano, un bianco che contrasta con quello più pacato del travertino locale, tipico dei monumenti romani, sin dall’antichità classica.
Sia il museo risorgimentale, che custodisce cimeli preziosi, sia il monumento di per sé, sono sempre affollati di turisti che salgono le sue gradinate, perché dalla sommità ti si offre il paesaggio della città, a tutto tondo, con tutte le sue bellezze artistiche; panorama che si può godere gratuitamente a differenza di altri monumenti in altrettanti capitali europee. Su tabelle descrittive, site in loco, è possibile scoprire la configurazione di architetture più famose viste da un punto di osservazione diverso. A vista d’occhio si può vedere la Roma del potere: a sinistra c’è quella antica con i mercati traianei, il foro e in lontananza il Colosseo. C’è poi la Roma del potere spirituale, quello della cristianità rappresentata, tra le tante cupole, da quella di san Pietro. E’ ben visibile un altro potere religioso, la cupola della Roma Ebraica. Svetta poi nell’azzurro cielo romano la bandiera tricolore del Quirinale, simbolo del potere temporale, prima dei papi, poi della monarchia ed infine della Repubblica. Infine sul colle del Gianicolo, ad imperitura memoria, si vede il monumento equestre a Garibaldi, e a mezzogiorno si può perfino sentire arrivare il suono dello sparo del cannone a ricordo di quella Roma laica, che ha combattuto per strappare la città ai Papi ed ha lottato in proprio, con i suoi volontari per conquistarla, e con la sua presenza vuole ricordarci che esiste.
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