Buongiorno, oggi è il 23 marzo.
Il 23 marzo 1919 Mussolini fonda i Fasci Italiani di Combattimento.
Nell'immediato primo dopoguerra, la situazione italiana era molto difficile, infatti nonostante la vittoria le condizioni sociali e politiche del nostro Paese erano tutt'altro che rosee. Vi era per prima cosa la difficile situazione dei reduci della Grande Guerra che dovevano fare i conti oltre che con le ferite fisiche, le mutilazioni (tanto è vero che molti furono quelli curati presso l'istituto Rizzoli di Bologna) anche con un difficile reinserimento post-bellico nella vita quotidiana, un reinserimento tutt'altro che agevole vista anche la grave crisi economica in cui versava l'Italia a causa dei debiti contratti con le spese belliche.
In primis vi era la situazione dei contadini, i quali erano l'ossatura del nostro esercito e ai quali il Generale Diaz aveva promesso come incentivo, a guerra finita la terra, o meglio una equa distribuzione delle terre che avesse "accontentato" tutti; ma ciò si scontrava con l'opposizione dei grandi proprietari terrieri, gli agrari i quali sostenevano che le terre vanno date ai contadini quando si perde una guerra e non quando la si vince. Tutto ciò finì col fare da catalizzatore ad una situazione già tesa, tanto che gli ex combattenti senza terra in molte regioni invasero i latifondi incolti, insieme con i contadini più poveri. Se quindi nelle campagne la situazione era al limite, meglio certamente non andava nelle città, infatti il costo della vita aumentava a dismisura anche a fronte di provviste scarse, i salari allo stesso tempo rimanevano fissi e addirittura in qualche caso diminuivano; tutto ciò portò anche al saccheggio di molti negozi da parte di persone allo stremo, ridotte alla fame.
Gli operai abbinavano alle loro rivendicazioni economiche ideologie politiche sull'esempio della rivoluzione russa, tutto ciò avrebbe portato al "biennio rosso" (1919-1920) caratterizzato dall'occupazione delle fabbriche da parte degli operai che in alcuni casi cercarono di ispirarsi al motto diffusosi in quegli anni in tutta Europa, "fare come in Russia". Paradossalmente chi risentì maggiormente della difficile situazione economica, furono i cosiddetti "ceti medi", tra i quali figuravano molti complementari dell'esercito e anche generali, senza dimenticare il malcontento degli "arditi di guerra" un gruppo di assalto costituito negli ultimi anni di guerra, che ora si trovava a disagio nel nuovo clima di democrazia e di pace.
E' in questo scenario che si inserisce la figura di Benito Mussolini, che fino allo scoppio della prima guerra mondiale era dirigente socialista e, dal 1912, addirittura direttore de l'Avanti!. Dopo un'iniziale adesione alla linea di neutralismo del partito, Mussolini divenne interventista e allora il 20 ottobre del 1914 si dimise dalla direzione del giornale. In novembre realizzò un suo quotidiano, "Il popolo d'Italia", ultranazionalista, radicalmente schierato su posizioni interventiste a fianco dell'Intesa. Espulso immediatamente dal Psi, qualche anno dopo, nel '18, ruppe anche gli ultimi legami ideologici con l'originaria matrice socialista, in nome di un superamento dei tradizionali antagonismi di classe. Finita la guerra, nel 1919 fondò i fasci di combattimento. Il nuovo movimento era inizialmente noto come "sansepolcristi" (da P.zza San Sepolcro a Milano, dove il 23 Marzo 1919 furono fondati i "fasci italiani di combattimento" e fu emanato il "programma di San Sepolcro") che non a caso fece leva sul disagio diffuso soprattutto tra i ceti medi, i militari e gli ex combattenti, per ottenere un consenso sempre maggiore, rivendicando inoltre la cosiddetta "vittoria mutilata" in cui l'Italia non aveva ottenuto il giusto riconoscimento ai suoi sacrifici, bellici e umani, che aveva sostenuto.
Analizzando il "Programma di San Sepolcro" possiamo notare tra gli altri punti trattati da Mussolini e i "sansepolcristi", una serie di provvedimenti volti a cercare di risolvere la difficile situazione sociale instauratasi nel Paese all'indomani della fine della guerra: tra le altre cose si chiede una legge che sancisca la giornata legale di otto ore di lavoro, una modifica alla legge sull'assicurazione e sulla vecchiaia (la pensione potremmo dire) con abbassamento del limite di età da 65 a 55 anni. Da questo momento cominciò l'escalation dei fascisti che avrebbero fatto largo uso della violenza squadrista per prendere il controllo, prima con il "fascismo agrario" con squadre fasciste che, pagate dai proprietari terrieri, cercavano di far tornare nelle loro mani il controllo dei latifondi in cui le cosiddette "leghe rosse" sembravano aver preso il potere, obbligando tra l'altro i proprietari terrieri ad accettare condizioni come l'imponibile di manodopera (ovvero erano le stesse leghe rosse a imporre al proprietario la lista dei lavoratori per quel certo latifondo). Tra gli squadristi più rappresentativi del fascismo agrario, va senza dubbio ricordato Roberto Farinacci "ras" di Cremona.
Quindi la situazione si profilava sempre più favorevole ai fascisti che tra l'altro già nel 1919 avevano assaltato la sede del giornale socialista "Avanti" e che giunsero anche all'occupazione militare di ampie zone del nord Italia nel corso del 1921 grazie alla connivenza allo stesso tempo delle forze dell'ordine, come è dimostrato da molti documenti. Divenuto deputato al Parlamento con le elezioni del 1921, Mussolini si avvicinò maggiormente alla monarchia (mentre il suo programma originario era di fedeltà agli ideali repubblicani) con il discorso di Udine (20 settembre 1922). In quel 1921, un'accelerata agli eventi fu molto probabilmente svolta dalla conclusione dell'occupazione di Fiume, città a maggioranza abitata da italiani che era stata data con un accordo siglato dal governo Giolitti alla Jugoslavia, da parte delle truppe o meglio dei volontari guidati dal poeta Gabriele D'Annunzio (Gabriele Rapagnetta) che già durante il conflitto mondiale aveva dimostrato tutto il suo coraggio con diverse azioni tra le quali il famoso volo su Vienna; molto probabilmente il grande consenso acquisito dai "fiumani" di D'Annunzio, portò Benito Mussolini a voler prendere l'iniziativa, anche perché il futuro Duce non nascondeva il timore per il consenso sempre maggiore ottenuto da D'Annunzio che si proponeva come, possiamo dire, "capo naturale". del fascismo.
Così il 24 ottobre del 1922 a Perugia fu formato un quadrumvirato composto da Italo Balbo, Cesare Maria De Vecchi, Mario Rossi tra gli altri, che aveva il compito di coordinare la "marcia su Roma"; il 28 ottobre 1922 bande non molto organizzate di fascisti cominciarono a confluire su Roma e qui il Re, preso atto della situazione, invece di allertare l'esercito per disperdere i fascisti, non firmò lo stato d'assedio, ma anzi il giorno seguente affidò a Mussolini, che nel frattempo era giunto a Roma comodamente in treno, il compito di formare il nuovo governo; così il Duce cominciava quel cammino che avrebbe condotto l'Italia ad una dittatura ventennale e ad una guerra disastrosa.
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