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sabato 1 agosto 2020

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il primo agosto.
Il primo agosto 1944, per l'ultima volta, Anna Frank scrive un brano sul suo Diario.
“Il diario di Anna Frank” è il racconto autobiografico di una bambina, che per il suo tredicesimo compleanno riceve in dono un quaderno che diventerà il suo migliore amico. Anna, infatti, inizia a scrivere la sua Storia.
Lei è una ragazza ebrea che, nel 1942, in pieno regime Nazista, assieme alla famiglia, scappa dalla Germania ad Amsterdam per sfuggire alla persecuzione. Anna, sentendosi sola, senza qualcuno della sua età con cui parlare, trova sfogo nel suo diario e scrive ad un’amica immaginaria, Kitty, a cui si confida mettendosi a nudo.
Nel frattempo la guerra dilaga a macchia d’olio e quando i tedeschi arrivano in Olanda, Anna, con la sua famiglia, è costretta alla clandestinità e si nasconde in un posto segreto, che si trova sopra una fabbrica di proprietà del padre.
Alla sua famiglia si aggiungono altre persone e Anna sul suo diario comincia a raccontare tutto quello che avviene nel loro rifugio, spiegando le difficoltà della convivenza e il peso delle giornate che proseguono diffondendo il panico. Anna racconta la paura in ogni sua forma, quella per la guerra, per la clandestinità, per la violenza psicologica subita.
Scrive del terrore che prova nel temere che qualcuno parli e sveli il loro segreto, che qualcuno tradisca la loro fiducia e li faccia arrestare. Scrive del distacco che sente da parte di sua madre, delle solite incomprensioni con il padre, incomprensioni che sono esasperate, poiché la convivenza in un momento così estremo, porta delle conseguenze ancora più invasive e difficili da gestire. E poi racconta la sua paura più grande: quella di morire.
Ma ci sono anche momenti in cui lei descrive le strane sensazioni che prova verso Peter, uno degli abitanti del nascondiglio. Parla di questo ragazzo che le fa vivere un amore ricco di emozioni fino ad allora sconosciute.
Intanto i mesi passano e tra i bombardamenti, lo spavento e la voglia di cancellare quegli attimi, c’è spazio per sensazioni normali, contrastanti. C’è posto per i discorsi semplici, per quelli che fanno arrabbiare e c’è persino il tempo per mostrare la propria incapacità e la propria delusione nel non riuscire a farsi capire dagli altri.
Nel suo diario, ingenuamente, Anna sogna la libertà e dà sfogo al suo desiderio, quello che le fa sperare una vita al di fuori di quello spazio ristretto, in cui lei e i suoi familiari sono costretti a nascondersi.
Nel 1944 il Ministro dell’Educazione olandese annuncia alla radio il suo intento di pubblicare le testimonianze del suo popolo, ed Anna, che da sempre desidera diventare una scrittrice, si convince che alla fine della guerra il suo diario possa diventare realmente un libro.
E’ in quello stesso anno che in seguito ad una segnalazione, quattro olandesi e un tedesco irrompono nel rifugio della famiglia Frank, arrestando tutti e portandoli nei campi di concentramento.
Anna muore di tifo a Bergen-Belsen nel marzo 1945, pochi giorni dopo sua sorella; non aveva ancora compiuto 15 anni. Appena tre settimane dopo, il loro campo di sterminio viene liberato dagli inglesi.
Due anni dopo, nel 1947, il padre, unico superstite della famiglia, fece in modo che il sogno di Anna si realizzasse facendo pubblicare il suo diario che, tutt’oggi a distanza di più di mezzo secolo, resta una delle testimonianze più importanti e toccanti del dolore subito dagli ebrei durante il Nazismo.
La casa dove Anna e la famiglia si nascondevano è ora un museo. Si trova al 263 di Prinsengracht, nel centro della città, raggiungibile a piedi dalla stazione centrale, dal palazzo reale e dal Dam.

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