Buongiorno, oggi è l'11 agosto.
L'11 agosto 480 a.C. re Serse I di Persia vinceva contro la lega greca guidata da Sparta la battaglia delle Termopili, vendicando così la disfatta di suo padre Dario nella battaglia di Maratona.
Dopo un viaggio lunghissimo, Serse re dei re di Persia, nel 480 a. C. si trovava ad un passo dal proprio obiettivo: sottomettere i turbolenti e rissosi greci.
La sua diplomazia e le sue spie avevano seminato con successo la discordia tra i nemici e oggi c'erano più greci nel suo esercito che contro di lui: i pochi che resistevano si erano segnalati per l'irritualità con la quale avevano risposto alla sua offerta di cedergli la terra e l'acqua, la formula con la quale egli chiedeva la sottomissione. Gli ateniesi avevano scaraventato i suoi emissari in una fossa e gli spartani in un pozzo, e avevano aggiunto, per colmo di misura, che se volevano la terra e l'acqua le scavassero fuori da lì.
La campagna si sarebbe comunque presto conclusa con l'invasione tanto dell'Attica e quanto del Peloponneso, le ultime aree di resistenza: un'armata mai vista prima in Grecia sarebbe avanzata inarrestabile, seppure a fatica vista la sua mole, lungo le frastagliate coste della Grecia, seguita a distanza da una flotta dalla quale dipendeva il suo sostentamento.
L'unico problema per i Persiani era riuscire a muoversi perché un esercito tanto grande avrebbe dovuto marciare su più strade per essere meno lento. Ma da un lato la Grecia non ne forniva molte e dall'altro la presenza del re dei re rendeva in qualche misura anche "coreografica" (avrebbero detto i greci) la colonna persiana che si estendeva per decine di chilometri.
Così, quando Serse giunse ad un passaggio obbligato del percorso costiero, chiamato le Termopili per via delle fonti calde che vi sgorgavano, luogo scelto dai suoi avversari per sbarrargli la strada, decise di offrire loro l'occasione di andarsene indisturbati: 5 giorni di tempo, quanto a lui serviva affinché la lunga colonna del suo esercito si radunasse.
Le Termopili oggi ricordano appena quello che erano 25 secoli fa. La terra ha preso il posto del mare ed è quindi difficile rendersi conto di quanto fosse stretto allora il passaggio: non più di 15 metri.
In una simile condizione, i persiani non avrebbero potuto impiegare altro piano di battaglia che l'attacco frontale, ammesso che si possa definire tale: sarebbe stato come fare una battaglia in un corridoio.
DI fronte a loro un esercito sicuramente risibile ma comunque nelle migiiori condizioni possibili per resistere a lungo.
Erodoto enumera con una certa precisione le forze greche presenti al comando del re spartano Leonida: 300 Lacedemoni (l'Hippeis spartana, ovvero la cavalleria, in effetti la guardia di fanteria montata del re), 500 di Tegeia e altri 500 di Mantineia, 120 dall'Orcomeno, 1.000 dall'Arcadia, 400 da Corinto, 200 da Pilos e 80 da Micene. Quindi 700 da Tespi, 400 da Tebe, 1.000 dalla Focide ai quali si deve aggiungere un numero sconosciuto ma consistente dalla Locride. QuIndi oltre 5.200, forse 6.200, secondo Erodoto.
Le cifre di Diodoro Siculo riducono i greci a 4.000, mentre Pausania arriva ad 11.000.
Dovendo aggiungere alle cifre di Erodoto anche gli Iloti al servizio dei Lacedemoni e un po' di truppe ausiliarie non si dovrebbe andare molto lontano dai 7,500 uomini.
Quanti fossero i Persiani non si sa. Per Erodoto tra esercito e truppe di supporto in Grecia entrarono oltre 4 milioni di nemici: un numero che l'avrebbe fatta sprofondare solo per il loro peso.
Erodoto cita però 29 comandanti di Baivabaram, un'unità dell'esercito persiano composta da 10.000 uomini, e quindi in linea teorica i persiani non dovevano essere più di 290.000, probabilmente molti di meno, considerando la fatica compiuta per arrivare fino alle Termopili.
Nonostante la sproporzione dei numeri, i greci non accettarono la proposta di Serse e lasciarono trascorrere i 5 giorni di tregua. Alcuni se ne sarebbero andati volentieri ma non re Leonida e gli Spartani: e il loro esempio valse a trattenere i più titubanti.
Giunto il quinto giorno Serse fece un ultimo tentativo di accordo: offrì a Leonida di nominarlo re di tutta la Grecia, con l'unica condizione di essere subordinato allo stesso re dei re.
Ricevuto il rifiuto di Leonida, Serse allora gli ingiunse di cedere le armi, ma lo Spartano rispose semplicemente "vieni a prenderle".
I Persiani si infilavano nell'imbuto costituito da quella lingua di sabbia tra mare e dirupo: in una colonna lunga quasi un chilometro, 10 mila alla volta, settecento tonnellate di carne umana si gettavano contro uno sbarramento irto di punte di lancia: già dopo poche ore davanti ai Greci dovevano esserci centinaia e centinaia di cadaveri.
La schiera degli opliti greci sembrava inattaccabile: la loro compattezza e le loro armature li difendevano dagli attacchi persiani che si succedevano uno dietro l'altro, e nelle pause i Greci si alternavano al combattimento.
I Persiani avrebbero potuto bersagliare i Greci con giavellotti e frecce, ma l'attacco corpo a corpo sembrò non solo la soluzione più rapida, ma anche l'unica praticabile.
Contro gli arcieri, infatti, i Greci avrebbero potuto chiudere la distanza con una carica e la folla di nemici si sarebbe trasformata in un caotico ingorgo di uomini ancora peggiore.
Per due giorni, Serse insistette negli attacchi, provando anche ad inviare gli Immortali, la sua guardia personale. Ma l'unico risultato visibile era l'innalzarsi della montagna di morti davanti alla posizione dei Greci.
In realtà le fila dei Greci si stavano assottigliando, la loro resistenza fisica doveva essere allo stremo perché non erano abituati a combattimenti così prolungati. Il caldo e il sudore dovevano rendere impossibile l'uso delle armature e degli elmi e persino reggere il pesante scudo oplitico doveva essere una tortura.
Alla fine del secondo giorno, un Greco di nome Efialte spiegò a Serse che il valico delle Termopili poteva essere aggirato percorrendo un sentiero sulle colline. Era un colpo di fortuna inatteso ed era l'unico modo per scardinare la posizione.
Il re dei re non perse tempo e inviò immediatamente truppe sufficienti a prendere i Greci in una tenaglia.
Sulla strada incontrarono un contingente di Focesi che Leonida aveva appositamente collocato a cavallo di un passo proprio per impedire simili eventualità.
La sorpresa fu reciproca: ma i Persiani reagirono per primi inondando di frecce i Focesi che non seppero fare di meglio che ritirarsi su un colle per apprestarsi a resistere.
Ma i Persiani non avevano tempo da perdere e un nemico più importante che li attendeva, e proseguirono per loro strada.
Avvisato dell'imminente apertura di un secondo fronte alle sue spalle Leonida permise a chi voleva di lasciare in tempo la posizione per mettersi in salvo.
Lui con gli Spartani e i loro Iloti, i Tespiesi e i Tebani, sarebbe rimasto a trattenere i Persiani.
Che i Persiani fossero tutt'altro che sprovveduti si può capire dall'abilità con cui gestirono questo doppio attacco: in entrambe le direttrici avevano un'enorme superiorità numerica ma, visto i precedenti, le cose sarebbero potute comunque andare storte.
Invece i due attacchi furono ben coordinati e i Greci furono costretti a trovare rifugio per un'ultima disperata resistenza su un poggio alle spalle del muro.
Leonida era già morto, il suo cadavere conteso cambiò di mano 4 volte e quando alla fine rimase nelle mani di Serse questi lo oltraggiò decapitandolo e facendone crocifiggere il corpo.
Per impadronirsene aveva dovuto vincere l'ultima resistenza dei Greci e sterminarli lì dove si erano arroccati: circondatili li fece sommergere di frecce per evitare di subire altre perdite.
La battaglia era finita, ma non la guerra di Serse che però non si sarebbe risolta con una battaglia di terra, ma con lo scontro navale a Salamina.
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martedì 11 agosto 2020
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