Buongiorno, oggi è il 30 agosto.
Una fine estate torrida quella del 1970 a Roma. L’elegante quartiere dei Parioli alle sette di sera del 30 agosto è praticamente deserto. Gli abitanti di quella zona così ricca ed esclusiva sono quasi tutti ancora in vacanza. Nessuno dalla strada ode quei tre colpi di fucile da caccia che, in rapida successione, squassano il silenzio del lussuoso attico di via Puccini 9. Li sente solo la servitù che non osa però entrare nello studio del marchese Camillo Casati Stampa di Soncino. L’ordine è stato tassativo: nessuno deve disturbare. Non resta loro che chiamare la polizia.
Lo spettacolo che si presenta agli increduli agenti è sconvolgente: Anna Fallarino, coniugata Casati, la moglie del marchese, ancora bellissima e seducente, nonostante i suoi 41 anni, è riversa senza vita su una poltrona, un seno spappolato da una raffica di pallini sparati da un fucile da caccia calibro 12. Dietro un tavolino rovesciato c’è il corpo esanime di un giovane: è Massimo Minorenti, 25 anni, amante della donna. Lui, il marchese Casati, 43 anni, è sdraiato a terra con accanto il fucile ancora caldo. Un colpo gli ha staccato una parte del viso. Un orecchio penzola dalla cornice di un quadro.
Per gli investigatori è un caso che si chiude prima ancora di essere aperto. Il marchese, che aveva convocato i due fedifraghi per un ultimo chiarimento, in preda ad un raptus di follia dettato dalla gelosia, ha prima ucciso la moglie, poi ha fatto fuoco sul giovane e alla fine si è tolto la vita. Nessun mistero.
Eppure la strage di via Puccini diventa il giallo dell’estate, tra i delitti dell’Italia del dopoguerra certamente quello che più eccita la morbosità dei media e dell’opinione pubblica. Il risvolto morboso sta nelle personalità delle tre vittime: lui, nobile e ricchissimo; lei, poverissima, che grazie alla sua bellezza prorompente aveva scalato tutti i gradini della scala sociale; l’altro il giovane studente fuori corso, bello e squattrinato.
Ma soprattutto nei retroscena nascosti in una sterminata collezioni di foto osè dove la marchesa è ritratta in posizioni oscene, sola oppure con altri uomini e altre donne. E poi dal minuzioso diario tenuto dal marchese, dove si racconta del suo voyeurismo e delle sensazioni che provava a spiare la moglie posseduta da altri maschi, spesso compagni occasionali, che lui pagava un tanto a prestazione.
L’Italietta di quell'inizio dei tremendi anni Settanta - che legge di nascosto Playboy dove al massimo riesce a scrutare la curva di un seno velato – di fronte all'emergere così palese di quel mondo viziato e vizioso perde la testa. Le foto di lei finiscono su riviste scandalistiche specializzate. La storia di quel triangolo maledetto appassiona il pubblico: dopo anni di giochi erotici che forse appassionavano anche lei, ma piacevano tanto a lui, Anna aveva scoperto l’amore di un ragazzo di tanti anni più giovane di lei. Lui, che sopportava che altri uomini possedessero quel corpo così bello, impazzì, uccise e si uccise perché lei aveva scoperto l’amore. Che il corpo appartenesse anche ad altri, lo eccitava. Che qualcuno ora possedesse il suo cuore questo no, non poteva sopportarlo.
Tra le curiosità annoveriamo il fatto che tra le proprietà del marchese vi erano numerose ville nei dintorni di Milano, una delle quali, Villa San Martino, fu poi comprata da Berlusconi.
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