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sabato 8 agosto 2020

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è l'8 agosto.
L'8 agosto Bologna ricorda la battaglia della Montagnola, avvenuta l'8 agosto 1848.
Successe proprio un '48. Quel '48. La più genuina sollevazione popolare che Bologna ricordi, l'emblema del Risorgimento sotto le due torri. Quell'Otto agosto di 172 anni fa alla Montagnola, la città prese la storia sulle proprie spalle trascinandola avanti coi fucili e le baionette. E fu il popolo a farsene motore in un vuoto di potere che aveva liquefatto ogni autorità.
Il dominio del Papa svanito nelle sembianze pavide del cardinal legato Luigi Amat in fuga verso Porretta, la Guardia civica tentennante in una città in ebollizione, finanzieri, carabinieri e altre forze disorientate. E sullo sfondo, come un nembo, l'aquila degli Asburgo pronta a calare sulla città dopo aver inghiottito Carlo Alberto e il suo esercito. Ma Bologna, già in fortissima fibrillazione risorgimentale, si ribella.
In realtà l'otto agosto rivoluzionario comincia nelle osterie in un crescendo di scaramucce che aumentano la tensione fino alla deflagrazione della battaglia. A essa parteciparono una parte minima della nobiltà liberale e una fetta rilevante della borghesia, ma l'ossatura della rivolta era rappresentata dalla "bassa gente" fra la quale ribolliva da tempo il rancore verso il potere tout court, in particolare quello straniero come in parte era considerato quello della Roma papalina. Di questa giornata sono rimaste tre memorabili testimonianze. La prima è rappresentata dalle Cronachette bolognesi di Pompeo Bertolazzi, commerciante di spirito liberale che, quando le campane a distesa chiamano alle armi, indossa il berretto della Guardia civica e armato scende in strada arrivando alla Montagnola. Lì si combatte tra morti e feriti e il Bertolazzi confessa di aver "provato un gusto e una voluttà indicibile" nello sparare agli austriaci. Ma un colpo lo colpisce ferendolo e nel retrocedere per cercare aiuto, incappa in un gruppo di facchini che vorrebbero il suo fucile.
L'episodio narrato nelle Cronachette è emblematico di come si mischiassero nel tumulto autentiche passioni risorgimentali e un generico ribellismo. Bertolazzi confesserà che nella sua breve guerra, fu quello dei facchini "il maggior pericolo". Del resto è proprio una nobildonna come Carolina Piepoli a confessare che "fu del popolo il merito della vittoria" contrapposto a una certa vile neghittosità del nobilato e di parte della borghesia. Fu lei a mischiarsi coi facchini nella costruzione delle barricate a porta Santo Stefano e a medicare i feriti. Compito a cui si dedicò anche uno strano popolano che sarà annoverato fra i meritevoli della medaglia commemorativa di quella battaglia. Luigi Paioli, detto il matto dei bastoni, è un esempio di eroismo pacifista dentro la più efferata disumanità della guerra. In una lingua ibrida tra l'italiano sgangherato e la veracità del dialetto bolognese, ha lasciato la sua testimonianza della giornata al Marchese Gioacchino Piepoli che l'ha salvata trascrivendola come un resoconto stenografico. La formidabile giornata comincia all'osteria quando al caffè Dei Grigioni, un paio di austriaci, arrogantemente, chiedono due caffè e tre colori.
All'insulto, i popolani prendono a botte gli ufficiali: benzina sul fuoco in una città già in subbuglio. Si accendono baruffe e più tardi cominciano a fischiare i proiettili. Il Paioli finisce nella sarabanda della Montagnola e vede cadere i feriti a uno a uno. D'istinto si mette a fare il barelliere consegnandoli al rudimentale pronto soccorso delle retrovie. Ma in questo trambusto s'innesca un conflitto a fucilate con un austriaco che ha la peggio. Ferito a un braccio, viene fatto prigioniero dal Paioli. A questo punto, mentre tutti intorno i popolani gridavano di ammazzarlo, avviene il miracolo. Al matto di bastoni spunta l'aureola. Nell'anima più semplice della sanguinosa rivolta, sopravvive una fiamma d'umanità. Paioli spinge l'austriaco, ormai preda della folla, contro il portone della chiesa della Pioggia dov'erano arrivati nel frattempo e si pone lui davanti col suo fucile e la baionetta innestata a difendere il nemico. Al '48 non poteva mancare anche uno spiraglio di pietà.
Fu una vittoria breve, gli austriaci in poco tempo tornarono e fucilarono i capi della rivolta, tra cui Ugo Bassi e Giovanni Livraghi. A ricordo di quell'evento la piazza del mercato dove furono più forti gli scontri fu ribattezzata piazza dell'8 agosto, e vi fu eretto un monumento commemorativo, detto "il popolano", opera di Pasquale Rizzoli nel 1903, ancora oggi visibile davanti all'ingresso del parco della Montagnola.


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