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venerdì 3 maggio 2019

#Almanacco quotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 3 maggio.
Le rivolte a Madrid contro Napoleone ispirano Francisco Goya a dipingere la tela "Il 3 maggio 1808".
Il quadro celebra la lotta del popolo spagnolo contro l'occupazione napoleonica. Goya, in una lettera, descrisse così il suo lavoro: "Sento forte il desiderio di perpetuare, per mezzo dei miei pennelli, le azioni e le scene più eroiche e notevoli della nostra gloriosa insurrezione contro il tiranno d'Europa".
La rivolta del due di maggio 1808 si generò a Madrid a fronte della situazione di incertezza politica causata dalla presenza degli occupanti francesi. La protesta venne ferocemente repressa dalle forze napoleoniche presenti in città, ma si sparse per tutto il paese un'ondata di proclami di indignazione e di incitamento all'inserruzione armata che ben presto sfociò nella guerra d'indipendenza spagnola.
A Madrid il comandante francese Gioacchino Murat ordinò una feroce repressione contro coloro che si erano ribellati agli occupanti francesi.
Gli scontri più violenti avevano avuto luogo nel Parco dell'Artiglieria. Dopo varie ore di lotta cruenta gli spagnoli furono debellati, molti di loro si rifugiarono nelle case o nelle stalle, ma i contadini in particolare trovarono le porte chiuse e restarono in balia dei soldati, i quali ebbero l'ordine di catturare e giustiziare chiunque fosse trovato in possesso di un'arma, da fuoco o anche da taglio.
Le fucilazioni avvennero all'alba del giorno seguente nel Valle del Manzanares, ai piedi della montagna del Principe Pio.
Goya, nel 1814, propose al Consiglio della Reggenza di dipingere scene della sollevazione di Madrid, per perpetuare la memoria dell'eroica resistenza della gente madrilena contro le forze napoleoniche. Ottenuto l'incarico, realizzò questo dipinto e "Il 2 maggio 1808: la carica dei Mammelucchi" entrambi esposti al museo del Prado a Madrid.
Questo secondo dipinto raffigura gli avvenimenti del giorno precedente, appunto il 2 maggio, nella capitale spagnola, con la rivolta dei popolani e la repressione dei soldati francesi.
Nel 1850 il pittore José de Madrazo, direttore del Prado, mise in dubbio che Goya avesse dipinto questa tela affermando che "l'immagine è di qualità nettamente inferiore rispetto alle altre del maestro".
Settant'anni più tardi, durante il periodo d'oro dell'impressionismo e del Romanticismo, il quadro finalmente divenne famoso in tutto il mondo, essendo considerato un precursore diretto di tali stili.
Durante la guerra civile, nel 1937, il quadro fu spostato a Valencia insieme con l'intera collezione del Prado per prevenire possibili danni. Durante il viaggio, però, la tela ebbe un incidente. Il danno venne riparato con i restauri effettuati nel 1938, 1939, 1941 e 2008. In quest'ultimo caso si è proceduto a una pulizia completa che ha eliminato le vernici ingiallite che coprivano gran parte del dipinto.
La novità di questo dipinto sta nel fatto che non solo esprime il sentimento e la sensibilità dell'artista, ma segna l'inizio di un'arte che diventa anche manifesto di denuncia sociale.
Rompendo con il tradizionale trionfalismo della pittura di guerra, ne condanna violenza e brutalità, ponendo come protagonisti gente del popolo.
Goya propone un forte contrasto di chiaroscuri: l'ombra controluce della lanterna simboleggia la luce della libertà e l'ombra della guerra. Non ci sono margini ben definiti, quindi le pennellate sono veloci e approssimative. I violenti contrasti di luce e ombre alludono allo scontro tra le forze della morte e dell'irrazionale contro quelle della vita e della ragione.
Ma è dalla camicia bianca del condannato che si irradia la luce più intensa che illumina il dipinto. Ancor più che dalla lanterna davanti ai soldati. Questa luce, quasi abbagliante, attira l'occhio dell'osservatore che viene così guidato subito al nucleo centrale dell'opera.
La posizione a mani aperte, la ferita sulla mano, la luce che irradia, ricordano il Cristo.
Il senso del dramma è accentuato dal fatto che i soldati che sparano gli sono così vicini.
Per attirare ulteriormente l'attenzione sulla figura centrale, Goya non rispetta le proporzioni: il protagonista è in ginocchio ma se si sollevasse le figure intorno apparirebbero piccolissime.
La figura centrale non è un eroe classico, anzi è un antieroe, un civile senza nome, ucciso da soldati anonimi.
Il bianco degli occhi della ragazza è un richiamo al suo terrore.
Le sensazioni così forti destate dal quadro sono dovute al fatto che il pittore, seppur da lontano, assistette a queste scena da una fattoria. Come racconta il suo domestico Isidro: "Il mio padrone osservò la scena da una finestra, con un cannocchiale in una mano e un fucile carico nell'altra, pronto a reagire se i francesi fossero venuti dalla nostra parte".
A notte inoltrata, poi, sempre seguito da Isidro, il pittore si recò sul luogo delle esecuzioni e alla luce della luna schizzò alcuni abbozzi di quello spettacolo terribile.
Così la scena è vivida come una fotografia, senza bisogno di essere realista: le pennellate spesse e rapide, quasi violente, non perdono tempo nei particolari, ma colgono l'emozione, che ci fa quasi sentire il respiro pesante dei condannati, il loro senso di terrore impotente. Ma quel che più conta fanno sentire impotente anche lo spettatore: impotente a reagire o a fare qualcosa. Il che sintetizza il dramma universale della guerra e dell'ingiustizia.
Ad incrementare il paragone con la figura del Cristo, il personaggio centrale ha, sulla mano destra, una ferita, quasi una stigmata.
I soldati sono raffigurati di spalle, senza nessun volto visibile, tutti nella stessa posizione, non uomini ma macchine di morte. Questo consente a Goya di abbinare questa scena specifica a un'immagine universale di crudeltà.
Sembrano quasi dei burattini in uniforme, sinonimo di un ordine che è violenza, con gli sguardi fissi sulle canne dei fucili, quasi per non voler vedere (e capire) quello che stanno facendo.
I fucili si stagliano netti nella scena scura quasi a sottolineare la bestialità umana rappresentata in tutta la sua crudele realtà.
Un concetto enfatizzato dai contrasti luci-ombre, dall'atmosfera tragica, dagli effetti cromatici e dai contrasti netti tra staticità e movimento, impassibilità e angoscia.

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