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martedì 28 maggio 2019

#Almanacco quotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 28 maggio.
Il 28 maggio 1999, dopo 22 anni di restauri, viene riaperto al pubblico a Milano il Cenacolo di Leonardo.
Tra il 1495 e il 1497 Leonardo dipinge nel refettorio di Santa Maria delle Grazie, a Milano, un'Ultima Cena, conosciuta anche come ”Cenacolo”.
In quest´opera Leonardo rappresenta le emozioni dei protagonisti della storia, Gesù e gli Apostoli. Sappiamo che per il pittore è molto importante illustrare i ”moti dell'animo”: nel suo Trattato della Pittura scrive che il bravo pittore deve saper rappresentare non solo l'aspetto esteriore dell'uomo ma anche i suoi pensieri,  le sue emozioni; la prima cosa non è difficile da fare, ma la seconda sì, perché pensieri ed emozioni si devono rendere con i gesti e gli atteggiamenti (Lo bono pittore ha da dipingere due cose principali, cioè  l'homo e il concetto della mente sua. Il primo è facile, il secondo difficile perché s'ha a figurare con gesti e movimenti delle membra).
Per questo motivo Leonardo decide di rappresentare il momento successivo alle parole di Gesù "Uno di voi mi tradirà". È il momento più drammatico della Cena: ogni apostolo si domanda, e domanda agli altri, chi può essere il traditore. Leonardo si concentra sull'effetto che le parole di Gesù provocano sugli apostoli, sulla loro reazione: proprio per questo cambia il modo di rappresentare la scena rispetto agli artisti precedenti. 
Cominciamo da sinistra. Il primo gruppo è formato da tre personaggi in piedi: Bartolomeo, Giacomo Minore e Andrea. Bartolomeo ha le mani poggiate sul tavolo e si tende con il corpo verso Cristo: dà l'impressione di non voler credere alle terribili parole che ha sentito e chiede come una conferma. Giacomo Minore poggia una mano sul braccio di Andrea, e con l'altra tocca la spalla di Pietro, nel gruppo successivo. Andrea sta fermo al suo posto e solleva in alto le mani con i palmi rivolti all'esterno, come per allontanare da sé i sospetti. 
Nel secondo gruppo troviamo Pietro, Giuda e Giovanni. Giovanni, uomo di carattere tranquillo, ascolta in silenzio le parole che Pietro sussurra nel suo orecchio; Pietro ha in mano un coltello e reagisce con rabbia alle parole di Cristo. Giuda è isolato, con il gomito destro poggiato sul tavolo.
 Il terzo gruppo è composto da Tommaso, Giacomo Maggiore e Filippo. Giacomo è seduto ed allarga le braccia: con il suo gesto vuole dimostrare che non ha niente da nascondere. Tommaso, con il dito teso, si piega verso Cristo: la sua caratteristica è quella di mettere sempre in dubbio le parole degli altri. Filippo è in piedi, con le mani sul petto in segno di innocenza.
Nel quarto gruppo ci sono Matteo, Simone e Taddeo. Matteo tende le braccia verso Cristo, ma il busto ed il viso sono rivolti all'indietro, verso Simone e Taddeo, come per comunicare la sua angoscia; Taddeo è rappresentato con le mani aperte verso l'alto, per manifestare la sua meraviglia.
Leonardo fa capire il carattere di ogni apostolo e come ognuno di loro reagisce alla stessa situazione emotiva in modo diverso, in base al suo diverso carattere: è veramente l'applicazione della sua teoria dei moti dell'animo.
Il restauro dell’Ultima Cena spesso viene ricordato come una delle opere più complesse nel campo della conservazione del patrimonio artistico italiano, non solo per la lunghezza della sua durata e per il numero di persone coinvolte. Occorre, infatti, considerare anche le difficilissime condizioni in cui si trovava il dipinto, realizzato tra il 1494 e il 1498.
Con l’Ultima Cena Leonardo aveva voluto sperimentare una nuova tecnica; anziché fare un affresco, aveva dipinto con una tecnica mista a secco su due strati di preparazione dell’intonaco. Ma i risultati ben presto si erano rivelati insoddisfacenti e già alla metà del Cinquecento l’opera presentava evidenti segni di usura. A più riprese, in seguito, vennero decisi vari interventi di restauro, spesso ottenendo l’effetto contrario a quello desiderato: l’opera divenne quasi illeggibile, ricoperta di innumerevoli strati di pitture, colle, stucchi che, insieme alla polvere, alla sporcizia e all’umidità, convinsero molti esperti a giudicare l’Ultima Cena un’opera “irrestaurabile”.
Al degrado avevano contribuito anche l’uso del Cenacolo come magazzino per le truppe napoleoniche alla fine del Settecento, l’apertura da parte dei frati di Santa Maria delle Grazie di una porta proprio sotto la figura del Cristo e, nel 1943, i bombardamenti che colpirono in pieno l’Ultima Cena, distruggendo la volta e una parete, ma lasciando miracolosamente in piedi, seppure senza la protezione del tetto, la parete con il dipinto di Leonardo e quella antistante con un grande affresco del Montorfano.
Il lavoro della restauratrice Pinin Brambilla e di tutti i suoi collaboratori si è quindi dimostrato estremamente complesso e laborioso. E’ stato necessario compiere un numero incredibile di campionature e di studi per trovare le tecniche migliori con cui restaurare l’opera e, soprattutto, per riportare alla luce i colori e le sagome originali di Leonardo.
Grazie agli enormi sforzi compiuti, si è potuto scoprire come il tempo e i restauri del passato avessero completamente stravolto l’opera vinciana, trasformando, ad esempio, i capelli di Matteo da biondi a scuri, oppure alcune bocche dei presenti a tavola da aperte, in segno di stupore, a chiuse. Tutti particolari, questi, che hanno dato nuova vita ad una delle opere più famose del mondo e che hanno permesso di riportare alla luce i veri tratti disegnati alla fine del 1400 da Leonardo.
Il restauro è stato completato con la realizzazione di impianti per la conservazione ambientale: filtraggio dell'aria, abbattimento delle polveri, isolamento della sala, monitoraggio statico della parete e delle condizioni termo-igrometriche, regolazione di intensità e calore dell’illuminazione, impianti di sicurezza.
Dal 28 maggio 1999, all’indomani di una festosa inaugurazione, il dipinto di Leonardo, completamente rigenerato, è tornato ad essere una delle maggiori attrazioni artistiche di Milano.

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