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mercoledì 22 maggio 2019

#Almanacco quotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 22 maggio.
Il 22 maggio 1939 Germania e Italia firmano il "patto d'acciaio".
Con il termine Patto d’Acciaio si fa riferimento all’alleanza stretta tra Regno d’Italia e Germania nazista il 22 maggio del 1939 a Berlino. Tale accordo, con durata decennale, stabiliva un’alleanza politico-militare tra i due stati.
La politica estera italiana nei primi anni ’30 è caratterizzata dall’incertezza: da un lato vi è la volontà di mantenere il peso determinante acquisito grazie alla vittoria nella Prima guerra mondiale, che ha portato l’Italia a far parte del consesso di potenze che vigila sulla stabilità delle condizioni definite con il trattato di Versailles; dall’altro l’insoddisfazione riguardante alcuni punti del Trattato stesso e la volontà di espandersi spingono l’Italia a cercare nuovi spazi di intervento. Nel 1933 Hitler prende il potere in Germania e fin da subito caratterizza il suo agire con la forte volontà di modificare lo status quo e in generale cambiare gli equilibri generati dal trattato di Versailles, che aveva penalizzato molto la Germania sconfitta.
Mussolini, già favorevolmente attratto dal regime nazista per le affinità ideologiche che questo presenta con la sua linea politica, è interessato alla volontà tedesca di contestare l’assetto europeo post Versailles, in quanto vede in questo atteggiamento uno spazio di manovra per l’Italia stessa. D’altro canto però, Mussolini si preoccupa fin da subito per la possibile espansione nazista verso l’Europa balcanica e danubiana, zona nella quale l’Italia cerca di espandere la propria influenza. Il duce teme soprattutto la volontà hitleriana di unire tutte le popolazioni germaniche sotto il suo dominio e quindi, in primo luogo, di annettere l’Austria (questa operazione diverrà poi nota come Anschluss). Proprio la questione austriaca porta ad un raffreddamento nei rapporti tra le due potenze, in seguito al mancato colpo di stato nazista in Austria il 25 luglio del 1934.
Così, mentre Hitler prosegue nella sua contestazione dell’ordine europeo con l’uscita dalla Società delle Nazioni avvenuta nell’ottobre del 1933, Mussolini, dopo gli eventi riguardanti l’Austria, inizia un processo di riavvicinamento con la Francia. Tale processo sfocia negli accordi firmati a Roma tra Mussolini e il Ministro degli Esteri francese Pierre Laval il 7 gennaio del 1935. Ciò che interessa di tali accordi in questo contesto è l’assenso della Francia alla conquista dell’Etiopia da parte dell’Italia, che aveva già iniziato le operazioni militari alla fine del 1934.
Il 1935 vede quindi un avvicinamento dell’Italia a Francia e Gran Bretagna, sancito anche dagli accordi di Stresa di aprile: il fronte di Stresa nasce a seguito dell’annuncio, nel marzo ‘35, del riarmo tedesco. In questo frangente possiamo vedere ancora una volta la doppiezza dell’atteggiamento italiano: da un lato condanna il superamento del trattato di Versailles compiuto dalla Germania con l’annuncio del riarmo, dall’altro viola essa stessa gli accordi con la già citata occupazione dell’Etiopia. Secondo la retorica fascista l’occupazione della colonia è però da considerarsi non un punto di rottura ma un giusto compenso per il ruolo di grande potenza mediatrice svolto dall’Italia in Europa.
Frattanto però la conquista italiana dell’Etiopia non si ferma, costringendo la Società delle Nazioni ad affrontare il tema. Gran Bretagna e Francia cercano un compromesso con Mussolini al fine di evitare un acuirsi delle tensioni: offrono quindi all’Italia porzioni sempre maggiori di territorio etiope, raggiungendo il punto massimo con il piano Hoare-Laval, che pone di fatto l’intera Etiopia in mani italiane. L’opinione pubblica inglese e francese però reagisce in modo fortemente contrario a tale risoluzione e i due governi sono spinti a fare marcia indietro e a votare sanzioni economiche contro l’Italia.
Alle sanzioni votate dalla Società delle Nazioni, si uniscono nello stesso periodo l’accordo tra Francia e URSS con fini antifascisti e gli accordi navali della Gran Bretagna con la Germania oltre alla sua esplicita volontà di mantenere un ruolo importante nel Mediterraneo. Tutte queste questioni portano ad una definitiva rottura del cosiddetto fronte di Stresa e all’avvicinamento dell’Italia, ormai politicamente isolata, alla Germania hitleriana.
Il 1936 si caratterizza per l’avvicinamento dell’Italia alla Germania nazista: seppure all’interno del Partito Fascista vi siano alcune perplessità sull’instaurare relazioni più strette con il nazismo, il legame con la Germania appare al momento l’unica possibilità. Per questo motivo, nel gennaio del 1936 Mussolini, in un incontro con l’ambasciatore tedesco Ulrich von Hassel a Roma, si dice a favore della possibilità di un’Austria formalmente indipendente ma satellite della Germania nelle decisioni di politica estera. D’altra parte la Germania riconosce la conquista italiana dell’Etiopia e la nascita dell’Impero. Con l’ammorbidirsi della posizione italiana sull’Anschluss si aprono quindi nuove strade di collaborazione tra i due paesi, favorite anche dalla nomina, nel giugno 1936, di Galeazzo Ciano a Ministro degli Esteri: Ciano è infatti notoriamente a favore di un accordo con la Germania.
Nell’estate del 1936 lo scoppio della guerra civile spagnola contribuisce ulteriormente a rinsaldare il legame tra Italia e Germania: nonostante la firma da parte delle grandi potenze di un patto di non intervento nel confronto che vede contrapporsi il Fronte popolare - al governo - e i ribelli guidati dal generale Francisco Franco, Mussolini e Hitler danno un grande aiuto al secondo, fornendogli sia uomini che mezzi.
In un discorso tenuto a Milano il 1 novembre del 1936 il Duce annuncia un nuovo passo in avanti nelle relazioni tra i due stati: la nascita dell’Asse Roma-Berlino. Firmato in ottobre a Berlino dai ministri degli esteri dei due paesi, l’Asse Roma-Berlino consiste in un protocollo segreto di collaborazione tra i due regimi in vari ambiti, dall’appoggio ai generali ribelli in Spagna alla lotta al bolscevismo. Secondo quanto annunciato da Mussolini, l’accordo avrebbe dovuto essere “un asse intorno al quale possono collaborare tutti gli stati europei animati da volontà di collaborazione e di pace”; il Duce infatti non desidera vincolarsi in un’alleanza esclusiva, ma cerca di utilizzare il legame con la Germania come mezzo di pressione sulle altre potenze occidentali. Tuttavia, la realtà dei fatti è diversa: da un lato l’impegno italiano in Spagna rende difficili i rapporti con Gran Bretagna e Francia, dall’altro il dinamismo e la spregiudicatezza tedesca finiscono per incatenare sempre più l’Italia all’alleanza con Adolf Hitler. Così nel novembre del 1937 l’Italia aderisce al Patto Anticomintern stipulato da Germania e Giappone l’anno precedente: se per i due primi firmatari il patto aveva fondamentalmente una funzione antisovietica, l’impegno espresso diventa ora quello di opporsi in senso più ampio all’Internazionale Comunista.
Fino al 1938 il rapporto tra Italia e Germania è caratterizzato dall’ interesse di Hitler nei confronti del regime di Mussolini e dai tentativi di instaurare un’alleanza con l’Italia. Il regime fascista, dal canto suo, preferisce mantenere legami con tutte le potenze occidentali, portando avanti relazioni ambigue e oscillanti e respingendo continuamente la richiesta tedesca di un’alleanza più vincolante tra i due stati. Il 1938 si caratterizza per il sempre maggiore attivismo hitleriano (con l’obiettivo di includere tutti i popoli germanici sotto il dominio tedesco) e per la politica dell’appeasement portata avanti dalle principali potenze europee nell’illusione di poter limitare e controllare l’espansionismo hitleriano.
Il 13 marzo, senza nessun avviso previo all’alleato fascista, la Germania realizza l’Anschluss, mentre in settembre ottiene i Sudeti cecoslovacchi a seguito della Conferenza di Monaco, tenutasi tra Germania, Francia, Inghilterra e Italia. In questa situazione Francia e Gran Bretagna portano avanti una politica che non contempla più l’appoggio italiano, visto anche il cambiamento diplomatico e governativo di Hitler e il legame ormai molto forte tra Italia e Germania, visibile anche nel sempre maggiore allineamento fascista alla politica nazista, in particolare con l’adozione delle leggi razziali. Questo atteggiamento delle potenze occidentali non fa altro, in realtà, che spingere l’Italia a mettere da parte le ultime remore e ad accettare di stringere una vera e propria alleanza con la Germania: nel gennaio del 1939 Ciano comunica a Ribbentrop, Ministro degli Esteri tedesco, la disponibilità italiana. Le trattative si prolungano fino a maggio perché inizialmente si cerca di giungere ad un’alleanza tripartita anche con il Giappone (questo patto che si concluderà solo il 27 settembre del 1940 con la firma del “Patto Tripartito”).
Il 22 maggio 1939 nella cancelleria del Reich i ministri Ribbentrop e Ciano firmano il cosiddetto Patto d’Acciaio, con il fine di unire le proprie forze “per la sicurezza del loro spazio vitale e per il mantenimento della pace”. I primi due articoli del trattato definiscono l’obbligo di entrambi i contraenti a mantenersi in contatto su tutte le questioni e ad assicurarsi appoggio politico e diplomatico. Il terzo articolo affronta la questione centrale, delineando un’alleanza militare sia difensiva che offensiva:
[...] se, malgrado i desideri e le speranze delle Parti contraenti, dovesse accadere che una di esse venisse ad essere impegnata in complicazioni belliche con un'altra o con altre Potenze, l'altra Parte contraente si porrà immediatamente come alleata al suo fianco e la sosterrà con tutte le sue forze militari, per terra, per mare e nell'aria.
L’aspetto offensivo dell’alleanza è da considerarsi una novità rispetto a quelle precedenti, caratterizzate principalmente da accordi militari di tipo difensivo (come la Triplice Intesa o la Triplice Alleanza al tempo del primo conflitto mondiale). Gli articoli successivi si rifanno ai primi tre definendo la necessità di una maggiore collaborazione in campo militare e di economia di guerra, prevedendo l’obbligo di non concludere paci separate e impegnandosi a sviluppare relazioni comuni con potenze amiche. In ultimo la durata del trattato viene definita in dieci anni a decorrere dal momento della sua firma.
Tale accordo è molto impegnativo per l’Italia, che si trova in una situazione di maggiore debolezza militare. Anche Mussolini è consapevole dei limiti italiani, per questo fa consegnare a Hitler il cosiddetto “Memoriale Cavallero” nel quale indica i motivi che rendono impossibile per l’Italia la partecipazione ad una guerra prima di tre anni. Tra questi la necessità di portare a compimento il rinnovamento dell’artiglieria, l’ampliamento della flotta e il trasferimento delle industrie di guerra nel meridione. A questo si unisce la volontà di raggiungere una distensione nei rapporti tra Vaticano e nazismo, ma anche la necessità di fortificare l’impero appena conquistato. Hitler risponde al Memoriale in maniera evasiva dicendosi in linea di massima d’accordo. L’Italia, con il Patto d’Acciaio, si priva di una politica estera autonoma e diventa a tutti gli effetti dipendente dalla politica di Hitler che, anche a pochi mesi dal trattato, porta avanti i suoi piani di invasione della Polonia e conclude il patto di non aggressione con l’Urss, senza prendere in considerazione il parere dell’alleato italiano. Dal canto suo Mussolini è consapevole che l’alleanza con la Germania nazista è l’unica vera possibilità che ha per poter continuare una politica aggressiva (come nel 1939 con la conquista dell’Albania), forte dell’aiuto bellico tedesco, ritenuto invincibile.
Con l’invasione della Polonia, il 1 settembre del 1939, ha inizio la Seconda Guerra Mondiale. Mussolini, dopo un intenso scambio di lettere con Hitler, annuncia la non belligeranza italiana, che proseguirà fino all’intervento del luglio 1940 contro una Francia ormai prostrata e in una situazione militare che sembra preannunciare una grande vittoria tedesca.
Il Patto d’Acciaio resterà in vigore fino al luglio del 1943 quando, con la caduta del fascismo e la firma di un armistizio con gli alleati da parte del re, risulterà annullato, anche se l’alleanza con la Germania verrà portata aventi dalla Repubblica di Salò fino alla conclusione della guerra.

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