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sabato 4 maggio 2019

#Almanacco quotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 4 maggio.
La piccola frazione di Ribolla, nel comune di Roccastrada, in provincia di Grosseto, il 4 maggio 1954 fu il teatro della più grande sciagura mineraria in Italia dalla fine della Seconda Guerra Mondiale.
Da allora, sono passati sessantacinque anni e, a differenza dell’Italia intera, Ribolla non ha mai dimenticato: anzi, la memoria si fa di anno in anno più forte e viva. In tutto morirono 43 minatori, in una giornata iniziata come sempre alle 08.17, tra picconi e carrelli: pochi minuti più tardi, un boato forte e sordo scosse le viscere della terra. E, mentre un fumo acre e nero cominciava a uscire dai pozzi di discesa, si delineavano i tratti di una tragedia immane. La miniera di Ribolla, nel corso dei decenni, era diventata uno dei principali centri di estrazione italiano di lignite, il carbone utilizzato nelle attività industriali, tanto che durante il secondo conflitto mondiale ne venivano estratte fino ad oltre 270.000 tonnellate all’anno, per le esigenze belliche. Eppure, delle avvisaglie che potevano preannunciare una grave tragedia ce ne erano state, e tante. Ma in Italia, si sa, i provvedimenti per la sicurezza non vengono mai presi per tempo, oggi come sessant’anni fa. Lo scrittore Luciano Bianciardi, che in un saggio del 1954 ha narrato le vicende della miniera, ricorda come dai 150 incidenti lievi e 35 gravi del 1951, nel 1952 se ne erano avuti ben 200 lievi e 50 gravi, per non parlare di dodici frane nei soli primi sei mesi del 1953.
Anche le operazioni di soccorso furono condotte malamente. Le squadre di intervento, a causa della mancanza di maschere antigas, furono poco incisive, dovendo tornare quasi immediatamente in superficie per non rimanere intossicate: l’esplosione, infatti, che aveva investito moltissime gallerie, aveva saturato l’aria di un gas, il grisù, tristemente noto per altri gravi disastri. Fu questo gas che, nel 1907, nella miniera di Monongah, negli Stati Uniti, uccise 956 minatori e quasi 1100 nella catastrofe di Courrières, in Francia, nello stesso anno. Solo nel pomeriggio, intorno alle 17.00, i primi corpi poterono essere riportati in superficie: uno, due, cinque, dieci corpi. Fino alla drammatica “conta” di 43 vittime. Al processo, nessuno venne condannato, nessuno scontò un giorno di carcere per la mancanza di sicurezza all’interno dei profondi pozzi, cosicché la tragedia venne archiviata come “mera fatalità”. Ai funerali parteciparono oltre 50.000 persone, tra la commozione dei familiari e dei colleghi delle vittime. Ma partecipò anche tanta gente comune, unita nel dolore di quell’Italia che stava cercando di rinascere dalle macerie della guerra. E che continuava a morire. Quel maledetto 4 maggio 1954 era un martedì. Ribolla, e l’Italia tutta, non dimenticano.

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