Cerca nel web

martedì 14 maggio 2019

#Almanacco quotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 14 maggio.
Il 14 maggio 2018, a Gerusalemme, viene inaugurata la nuova ambasciata americana in Israele.
Si avvicinano alla frontiera e lanciano pietre in direzione dei soldati che rispondono sparando. Il ministero della Sanità di Gaza riferisce di 58 morti, otto hanno meno di 16 anni, c'è anche una donna, e di oltre 2.700 feriti, troppi per gli ospedali palestinesi. Tra le vittime anche un bambino ucciso dai gas lacrimogeni. Una strage, nel giorno dell'inaugurazione della nuova ambasciata statunitense a Gerusalemme, che coincide con il settantesimo anniversario della nascita dello Stato di Israele, la "catastrofe" per i palestinesi.
Il presidente palestinese Abu Mazen proclama uno sciopero per il giorno dopo, tre giorni di lutto per il "massacro" del settimo e si dice pronto a rifiutare qualsiasi mediazione di pace che arrivi dagli americani. La condanna è globale: arriva dall'Onu, dall'Unione Europea, dalla Francia, dal Regno Unito, dal Libano, dal Qatar, dalla Russia.
"La responsabilità di quanto sta accadendo è chiaramente di Hamas che sta intenzionalmente provocando la risposta di Israele", fa sapere un portavoce della Casa Bianca. L'amministrazione Trump difende la scelta di trasferire l'ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme, confermandone il riconoscimento come capitale d'Israele. Benzina sul fuoco. Da quando è stato annunciato lo spostamento, cinque mesi prima, la tensione è aumentata sempre di più e i venerdì della collera palestinese hanno visto morire decine e decine di persone. Inoltre, secondo fonti diplomatiche gli Stati Uniti avrebbero bloccato all'Onu una richiesta di inchiesta indipendente su ciò che è accaduto al confine tra Israele e Gaza.
La situazione è quella riassunta in pochi caratteri dal tweet del ministro degli Esteri iraniano Mohammad Javad Zarif, che accusa durissimo: "Il regime israeliano massacra innumerevoli palestinesi a sangue freddo durante una protesta nella più grande prigione a cielo aperto. Nel frattempo, Trump celebra il trasferimento illegale dell'ambasciata Usa ed i suoi collaboratori arabi cercano di distogliere l'attenzione".
Alla cerimonia nella sede Usa di Gerusalemme, Donald Trump non c'è. Ci sono la figlia Ivanka, il marito Jared Kushner, il segretario al Tesoro David Mnuchin e una delegazione e un messaggio video del presidente: "La nostra più grande speranza è per la pace". Gli Stati Uniti, aggiunge il capo della Casa Bianca, "mantengono il loro impegno per facilitare un accordo di pace duraturo". E mentre il numero dei morti a Gaza aumenta di ora in ora, il premier israeliano Benjamin Netanyahu, twitta: "Che giorno fantastico! Grazie @Potus Trump".
Ivanka e Mnuchin, scoprono la targa e danno il benvenuto "ufficialmente e per la prima volta alla missione diplomatica americana a Gerusalemme, capitale di Israele". Israele "ha il diritto di scegliere la sua capitale - ribadisce nel suo discorso il genero-consigliere Kushner che raramente prende la parola in pubblico - quando Trump fa una promessa, la mantiene. Abbiamo mostrato al mondo, ancora una volta, che degli Usa ci si può fidare".
Gli fa eco Netanyahu: "Grazie presidente Trump per avere avuto il coraggio di rispettare la sua promessa!". "È una giornata magnifica" continua il primo ministro israeliano, "riconoscendo che Gerusalemme è la capitale di Israele, Trump ha fatto la storia".
Fuori dalla sede diplomatica e in altre strade di Gerusalemme, va in scena la protesta. In piazza ci sono centinaia di persone, tra le quali profughi palestinesi, residenti nel campo profughi di Ain el Helweh, a Sidone, a sud di Beirut. "Il trasferimento dell'ambasciata statunitense è una dichiarazione di guerra contro il popolo palestinese", dice di fronte ai manifestanti Star Fouad Othman, rappresentante palestinese del Fronte Democratico. "A scuola, ci hanno insegnato che la Palestina è nostra, e che ci ritorneremo", afferma un bambino palestinese ai microfoni del Daily star. Piccole manifestazioni anche nei campi di Chatila e di Burj el Barajneh, a Beirut. "Un insulto al mondo e ai palestinesi", commenta Abu Mazen.
Dopo gli Stati Uniti, altri Paesi hanno in programma di trasferire la loro ambasciata a Gerusalemme. Mercoledì sarà la volta del Guatemala, che inaugurerà la nuova sede alla presenza del presidente Jimmy Morales. Anche il Paraguay ha annunciato che farà lo stesso prima della fine del mese. Stanno inoltre prendendo in considerazione questa opzione la Romania e la Repubblica Ceca. Mentre l'Honduras, che si è allineato con gli Stati Uniti e Israele il 21 dicembre durante il voto sulla risoluzione delle Nazioni Unite che condanna la decisione dell'amministrazione Trump, da allora non si è più pronunciato sulla sede dell'ambasciata, anche se il Parlamento ha approvato una risoluzione per il trasferimento.
Dalla fine di marzo, le manifestazioni da parte palestinese avevano già provocato più di 40 vittime, tutte palestinesi. Per sette venerdì consecutivi i giovani di Gaza hanno in massa partecipato alle manifestazioni che prendono il nome di "marcia del ritorno", fino a oggi, anniversario della Nakba, la "catastrofe", come i palestinesi chiamano la nascita dello Stato d'Israele nel 1948, quando la protesta è sfociata in un massacro. In giornata ci sono stati anche raid dell'aviazione israeliana contro cinque obiettivi in una struttura militare d'addestramento "dell'organizzazione terrorista Hamas nel nord della Striscia di Gaza". E Israele non ha intenzione di fermarsi: il ministro della Difesa Avigdor Lieberman "ha dato istruzioni di continuare ad agire con determinazione per prevenire qualsiasi attacco alla sovranità di Israele e ai cittadini israeliani", recita una nota diffusa dall'ufficio del ministro. Per Netanyahu, è solo "legittima difesa".
Tutto avviene nonostante la forte opposizione del mondo arabo, dei palestinesi, dell'Onu e di gran parte della comunità internazionale, Ue compresa, preoccupati che questo passaggio segni il definitivo naufragio di ogni possibilità di negoziare la pace. Il segretario generale aggiunto della Lega araba con delega per la questione palestinese e i territori occupati, Said Abou Ali, "ha fatto appello a un intervento internazionale urgente per fermare l'orribile massacro perpetrato dalle forze di occupazione israeliane contro i palestinesi, in particolare nella Striscia di Gaza". Un appello arriva anche dall'Alta rappresentante per la politica estera dell'Unione europea, Federica Mogherini: "Ci aspettiamo che tutti agiscano con la massima moderazione per evitare ulteriori perdite di vite".
"Ci appelliamo a tutte le parti coinvolte - afferma l'allora ministro degli Esteri italiano Angelino Alfano - affinché profondano ogni sforzo per evitare ulteriori spargimenti di sangue e auspichiamo una ripresa delle iniziative politico-diplomatiche tese a rilanciare la prospettiva di una soluzione politica, affinché i due popoli possano vivere fianco a fianco, in pace e sicurezza". Da diverse capitali europee arrivano appelli dello stesso tenore e si ribadisce la presa di distanza dalla scelta di Trump.
"Non permetteremo che oggi sia il giorno in cui il mondo musulmano ha perso Gerusalemme. Continueremo a restare con determinazione a fianco del popolo palestinese", dice il presidente turco Recep Tayyip Erdogan, accusando "sia Israele sia gli Stati Uniti" per "questa tragedia umanitaria". Il suo ministro degli Esteri, Mevlut Cavusoglu, parla di "massacro" e "terrorismo di Stato" e richiama per consultazioni gli ambasciatori in Usa e Israele.
Anche Mosca è "preoccupata" e con il ministro degli Esteri Serghei Lavrov riafferma il proprio "parere negativo per quanto riguarda poi il trasferimento dell'ambasciata Usa a Gerusalemme". Il primo ministro libanese, Saad Hariri, paragona l'inaugurazione della sede diplomatica alla 'catastrofe' del 1948, la fuga di 700 mila profughi durante la guerra seguita alla proclamazione dello Stato di Israele. Contro le violenze anche il Qatar, il Kuwait, il Sudafrica che ha anche richiamato in patria il proprio ambasciatore in Israele.
In un tweet Amnesty International denuncia una "ripugnante violazione delle norme internazionali e dei diritti umani". Tra i quasi "2000 feriti, molti sono stati colpiti alla testa e al petto. Oltre 500 sono stati feriti da pallottole. Bisogna porre fine adesso a tutto ciò", afferma l'Ong.

Nessun commento:

Posta un commento

Cerca nel blog

Archivio blog