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Il nome
Non il bel fiore profumato, ma la capra (igilion in greco) sembra essere all’origine del nome, latinizzato poi in Gilium. Infatti, su questa come sulle altre isole dell’arcipelago toscano, vi erano molte capre selvatiche, ancora presenti a Montecristo. Giglio Castello, che ancora conserva la cinta muraria che gli ha dato il nome, era un tempo chiamato “La Terra”.La Storia
• VIII sec. a.C., con l’arrivo degli etruschi, inizia lo sfruttamento intensivo delle risorse minerarie dell'Elba e del Giglio, che forniscono il ferro necessario per la realizzazione di preziosi manufatti.• I-II sec. a.C., la presenza romana è testimoniata dai resti della Villa, con annessa peschiera per murene, appartenente ai Domizi Enobarbi.
• 410, le case dei patrizi romani ospitano i fuggiaschi dall’invasione dei Goti; giunge in zona, per sottrarsi alla persecuzione dei Vandali, anche Mamiliano, vescovo di Palermo e futuro patrono dell’isola.
• 805, l’isola è donata da Carlo Magno ai monaci cistercensi di Aquas Salvias, l’abbazia romana delle Tre Fontane.
• X-XII sec., il Giglio passa da una famiglia all’altra, gli Aldobrandeschi, i Caetani, gli Orsini, che esercitano il governo per conto di Firenze o Pisa, le potenze che si contendono l’isola; Pisa vi edifica il borgo, la cinta muraria intervallata da torrioni e la rocca, tutti ancora parte integrante dell’abitato.
• XIII-XV sec., continua l’alternarsi delle famiglie al potere: il Giglio è dato in “affitto” dai Cistercensi a Pisa, Firenze, Siena, fino al presidio del re di Napoli, che cede la proprietà ai Piccolomini.
• 1534, prima incursione del corsaro Barbarossa.
• 1544, il pirata saraceno torna a saccheggiare il Giglio e deporta quasi tutta la popolazione a Tunisi: le cronache parlano di 700 persone fatte prigioniere.
• 1558, i Piccolomini vendono l’isola a Eleonora di Toledo, moglie di Cosimo I de’ Medici; sotto il governo dei Medici, il Giglio acquista autonomia e stabilità; sono redatti gli Statuti che prevedono la democratica partecipazione del popolo.
• 1559-63, nuovi attacchi dei pirati saraceni, questa volta respinti.
• 1737, quale parte del Granducato di Toscana, anche il possedimento del Giglio passa ai Lorena, su decisione delle maggiori potenze europee.
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Stretti vicoli vista mare
Il suono di sandali freschi rende felici i turisti che sbarcano al porto con la promessa dell’estate. A Giglio Porto, pittoresca località dalle case multicolori, meritano una visita la Torre del Saraceno, costruita da Ferdinando II nel 1596, e la Caletta del Saraceno con i resti, visibili a pelo d’acqua, della peschiera annessa alla villa romana dei Domizi Enobarbi.In breve con l’autobus si arriva nel borgo medievale di Giglio Castello, arroccato su una collina a 400 m sul livello del mare. Passeggiare a Castello significa lasciarsi accarezzare dal vento, assalire dal salino, incrociare l’azzurro tra scorci e vicoli suggestivi. Il dolce Tirreno, il mare degli etruschi, offre dalla strada esterna alle mura la visione delle isole Giannutri, Elba, Montecristo, Corsica e di un buon tratto della costa continentale.
Eretto dai Pisani nel XII sec., più volte ampliato e restaurato dai Granduchi di Toscana, Giglio Castello è ben conservato al suo interno. Le vie strette sormontate da archi, le scale esterne per accedere alle abitazioni, l’imponente Rocca Aldobrandesca (o Pisana) del XII sec. - oggi chiusa per restauri e visibile solo dall’esterno - donano all’abitato il fascino del borgo costruito in funzione difensiva, considerato il costante pericolo proveniente dal mare. Gli angusti spazi abitativi sono protetti da una possente cinta muraria d’impianto mediceo, intervallata da tre torrioni a pianta circolare. Le tre porte d’ingresso al Castello sono addossate a grossi massi di granito. Costeggiando le mura si arriva alla graziosa Piazza dei Lombi e, proseguendo, alla Casamatta, già importante postazione difensiva. Sulla piazza dominata dalla Rocca vi è un notevole edificio settecentesco, di proprietà di un noto musicista.
Più o meno al centro del Borgo, sul lato ovest, la Chiesa di San Pietro Apostolo dona memoria di sé già dal Quattrocento, anche se il suo attuale aspetto, grazie a rifacimenti successivi, è settecentesco. A destra, nella Cappella del Crocefisso, si ammirano oggetti sacri provenienti dalla Cappella di Papa Innocenzo XIII: calici, candelieri, reliquari, tutti in argento cesellato eseguiti a Roma tra XVII e XVIII sec. Il reliquario d’argento del 1724 contiene l’avambraccio destro di Mamiliano, il santo patrono. Ma il pezzo forte è un bellissimo Cristo d’avorio attribuito al Giambologna. Tra tele e busti settecenteschi e un altare in marmo del XV sec., una curiosità: due sciabole con impugnatura d’argento e una pistola abbandonate dai pirati tunisini nell’ultimo assedio del 1799. Un altro particolare degno di nota è dato dai basamenti delle due acquasantiere: provengono dalla villa romana dei Domizi Enobarbi di Giglio Porto (I-II sec. d.C.). Uscendo dalla chiesa, sotto il piazzale si vede la cisterna fatta costruire intorno al 1800 da Ferdinando III per consentire un’adeguata riserva idrica, utile in caso di assedio.
A Giglio Campese, infine, la Torre Medicea, costruita a cavallo tra XVII e XVIII sec., è piantata su un isolotto di granito.
Il prodotto del borgo
Prodotto principe del Giglio è il robusto e ambrato vino Ansonaco, che si può degustare nelle numerose cantine in cui viene prodotto e conservato. Apprezzabili anche il miele e il “panficato”, un dolce con fichi e frutta secca.Il piatto del borgo
Suggeriamo il coniglio selvatico alla cacciatora, cucinato con pomodoro, spezie che crescono nel fitto della macchia mediterranea e un po’ di peperoncino. Per il resto, la cucina delle isole toscane è quella tipica del Mediterraneo: piatti poveri ma saporiti basati su pesce e crostacei, aromatizzati con i profumi di macchia e accompagnati dal vino locale.fonte web: http://www.borghitalia.it/html/borgo_it.php?codice_borgo=545&codice=elenco&page=1
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