Buongiorno, oggi è il 21 aprile.
Il 21 aprile 1924 muore a Pittsburgh la grande attrice Eleonora Duse.
Definita meritatamente la più grande attrice teatrale di tutti i tempi, Eleonora Duse è stata un "mito" del teatro italiano: a cavallo tra la fine dell'Ottocento e i primi del Novecento, ha rappresentato con la sua profonda sensibilità recitativa e la sua grandissima naturalezza, opere di grandi autori come D'Annunzio, Verga, Ibsen e Dumas. Nata il 3 ottobre 1858 in una stanza d'albergo di Vigevano (Pavia) dove la madre, attrice girovaga, sostò per partorire, Eleonora Duse non frequenta una scuola, ma a quattro anni è già sul palcoscenico: per farla piangere, come richiede la parte, qualcuno dietro le quinte la picchia sulle gambe.
A dodici anni sostituisce la madre ammalata nei ruoli di protagonista della "Francesca da Rimini" di Pellico, e della "Pia dé Tolomei" di Marenco. Nel 1873 ottiene il primo ruolo stabile; sosterrà parti da "ingenua" nella compagnia paterna; nel 1875 sarà invece "seconda" donna nella compagnia Pezzana-Brunetti.
All'età di vent'anni Eleonora Duse viene assunta con il ruolo di "prima amorosa" nella compagnia Ciotti-Belli-Blanes. Ottiene il primo grande successo nel 1879, interpretando con struggente sensibilità, a capo di una compagnia con Giacinto Pezzana, la "Teresa Raquin" di Zola.
A ventitré anni è già prima attrice, e a ventinove capocomica: è lei a scegliere il repertorio e la troupe, e ad interessarsi della produzione e delle finanze. E tutta la vita avrebbe imposto le sue scelte, portando al successo autori di rottura, come il Verga di "Cavalleria rusticana", che rappresenta con enorme successo nel 1884. Tra i maggiori successi di quegli anni troviamo "La principessa di Bagdad", "La moglie di Claudio", "La signora delle camelie" e molti altri drammi di Sardou, Dumas e Renan.
Attrice sensibilissima, Eleonora Duse si preoccupa di rafforzare con lo studio e con la cultura le sue doti innate: per far questo si sarebbe rivolta ad un repertorio di livello artistico sempre più alto, interpretando opere come "Antonio e Cleopatra" di Shakespeare (1888), "Casa di bambola" di Ibsen (1891) e alcuni drammi di Gabriele D'Annunzio ("La città morta", "La Gioconda", "Sogno di un mattino di primavera", "La gloria"), col quale avrebbe avuto un'intensa quanto tormentata storia d'amore, durata diversi anni.
Nei primi anni del Novecento la Duse aggiunge al suo repertorio altre opere di Ibsen, quali "La donna del mare", "Edda Gabler", "Rosmersholm", che rappresenterà per la prima volta a Firenze nel 1906. Nel 1909 avviene il suo ritiro dalle scene. In seguito la grande attrice appare in un film muto, "Cenere" (1916), diretto ed interpretato da Febo Mari, tratto dal romanzo omonimo di Grazia Deledda.
La "Divina" tornerà sulle scene nel 1921 con "La donna del mare", portato anche a Londra nel 1923.
Si spegne a causa di una polmonite nel corso di una lunghissima tournée negli Stati Uniti, all'età di sessantacinque anni, il 21 aprile 1924 a Pittsburgh. Viene poi sepolta secondo volontà nel cimitero di Asolo (TV).
È sfumata, nella Duse, la separazione tra donna e attrice. Come lei stessa scrisse a un critico teatrale: "Quelle povere donne delle mie commedie mi sono talmente entrate nel cuore e nella testa che mentre io m'ingegno di farle capire alla meglio a quelli che m'ascoltano, quasi volessi confortarle, sono esse che adagio adagio hanno finito per confortare me".
La "Divina" non si truccava mai in scena o fuoriscena, né temeva di indossare il viola, aborrito dalla gente di spettacolo, né amava le prove, che preferiva nei foyer degli alberghi piuttosto che in teatro. Aveva una passione per i fiori, che spargeva sul palcoscenico, indossava sui vestiti, e teneva in mano giocherellandoci sopra pensiero. Dal carattere determinato recitava spesso in piedi con le mani sui fianchi e seduta con i gomiti sulle ginocchia: atteggiamenti sfrontati per quei tempi, che tuttavia l'hanno fatta conoscere e amare dal pubblico, e che la fanno ricordare come la più grande di tutte.
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