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giovedì 7 aprile 2022

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 7 aprile.
Il 7 aprile 1805 Beethoven dirige per la prima volta la sinfonia n. 3, detta l'eroica.
 «Anche lui è come tutti gli altri»!
Con queste parole Beethoven, secondo la fonte autorevole dell’allievo Ferdinand Ries, tra il maggio e il giugno del 1804 cancellò la dedica della "Sinfonia Eroica" a Napoleone Bonaparte. Da quel momento iniziò in lui un rapporto di amore-odio per colui che ormai si era auto proclamato imperatore dei francesi. Questo rapporto però potrebbe apparire meno problematico, meno controverso, se si considerassero distintamente le due figure di Napoleone. Ossia, da una parte, quello che nel 1804 diventò il suo ruolo storico effettivo: il tiranno espansionista verso cui Beethoven non poteva che provare disgusto; e dall’altra, la figura che invece rimase impressa nell’immaginario mitico di Beethoven (e non solo del suo) cioè l’uomo forte che incarna gli ideali nobili di uguaglianza fraternità e libertà della Rivoluzione francese. Questa seconda figura – mitica – come tutti i miti, oltre a non avere i difetti dell’uomo reale che fu Napoleone, è anche immortale. Possiamo citare ad esempio il mito di Ulisse: l’uomo alla perenne ricerca di sé stesso nella sua sete sfrenata di conoscenza del mondo. Oppure possiamo pensare alla figura mitica dello stesso Beethoven: l’artista libero che spezza le convenzioni per aprire nuove vie alla sua arte. Ma questa lucida distinzione la possiamo operare in modo sereno solo oggi. All’epoca dei fatti non era umanamente possibile scindere il mito del condottiero liberatore, caricato di tanti nobili ideali, dalla sua effettiva condotta storica. Tanto più quando, già delineata la figura mitica, il personaggio storico è ancora vivente. Altro non resta da fare che strappare a malincuore stemmi, effigi e frontespizi di sinfonie, e rimanere col mito in un rapporto di amore-odio. Considerando che la figura mitica di Napoleone era già ben delineata viva e amata nei cuori quando la sua figura storica continuava a disgustare gli occhi stessi di coloro che amarono la prima, possiamo ben capire come «l’inestinguibil odio e l’indomato amor» a cui accenna il Manzoni nella sua Ode non fossero semplicisticamente solo due fazioni distinte di giudizio storico ma un dramma irrisolto, e irrisolvibile, nell’animo di molti uomini come Beethoven.
Nella "Sinfonia Eroica" possiamo trovare una caratteristica che la accomuna a quei capolavori che saranno di lì a pochi anni le sinfonie Quinta e Nona dello stesso Beethoven. Si tratta dell’importanza che viene ad assumere in queste tre opere il movimento finale quale conclusione dell’intero lavoro concepito secondo un principio organico per cui l’intera sinfonia non risulta costituita dalla giustapposizione di quattro movimenti nati da momenti creativi diversi ognuno indipendente dall’altro. Questo principio unitario è molto evidente nella Quinta. In questa sinfonia, non meno eroica della Terza, si passa progressivamente dal bagliore sinistro del do minore, dalla lotta contro il destino avverso a cui è legata la concezione del primo movimento, fino alla luce radiosa del do maggiore che nel Finale celebra la vittoria. Nella Nona invece, al di là del fascino che esercita la fitta trama di presagi e reminiscenze che lega tutti e quattro i suoi movimenti, la logica che la tiene insieme – non solo a livello formale – è a tutt’oggi ancora molto da esplorare.
Per quanto riguarda l’Eroica può essere illuminante partire dall’idea – dall’ideale – della libertà. E dunque scorgere all’interno delle sfaccettature a cui è legata, non tanto la libertà quanto l’idea di una ‘divenire travagliato’ – traumatico – della libertà, quel principio che tiene insieme nella loro ‘verità estetica’ i quattro movimenti della Terza Sinfonia di Beethoven. ‘Verità estetica’ è una bella espressione usata da Fabrizio Della Seta in chiusura del suo lavoro dedicato all’Eroica, dove afferma con acume che tale verità «rimarrà intatta finché vi sarà qualcuno capace di pensare la libertà». Questo “pensare la libertà”, sia a livello individuale che collettivo, nel suo concretizzarsi in “agire per la libertà”, altro non è in sostanza che quel divenire travagliato di cui dicevamo. Lotta, sacrificio (morte), e vittoria, ne sono invece le fasi caratteristiche: le sfaccettature attraverso cui si compie questo travaglio e che possiamo cogliere nell’ascolto dell’Opera.

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