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sabato 16 aprile 2022

#Almanaccoquotidiano, a cura di #MarioBattacchi

Buongiorno, oggi è il 16 aprile.
Il 16 aprile 1973 si ebbe a Roma il cosiddetto "rogo di Primavalle".
Arrivarono in tre quella notte alle case popolari di Primavalle, quartiere di Roma; vi era la casa di Mario Mattei, esponente romano del MSI. Sotto la porta dell'appartamento versarono una tanica di benzina e appiccarono il fuoco: in quella casa viveva una famiglia “fascista”, e in quanto tale, doveva morire. L’incendio divampò e distrusse rapidamente tutto l’appartamento. Annamaria, moglie di Mattei, riuscì a portare in salvo i due figli più piccoli Antonella di 9 anni e Giampaolo, di 3 anni. Lucia, di 15 anni, aiutata dal padre Mario si calò nel balconcino del secondo piano e da li si buttò sotto salvandosi assieme al padre. Silvia, 19 anni, si gettò dalla veranda della cucina e riportò incredibilmente solo qualche frattura.
Due dei figli non riuscirono a salvarsi. Virgilio, 22 anni, e il fratellino Stefano, 10 anni, morirono arsi vivi nel balcone di fronte alla folla che si era radunata sotto l’appartamento e assisteva impotente al lento spegnersi di Virgilio che sino all’ultimo tentava di proteggere con il suo corpo il fratellino più piccolo. Stefano si spense poco dopo, accasciandosi dopo che il fratello maggiore, che lo teneva stretto a se, perse le ultime forze.
Le indagini seguirono piste che portarono ai movimenti extraparlamentari di sinistra, concentrandosi su esponenti di “Potere Operaio”. Il 18 aprile fu arrestato Achille Lollo come presunto responsabile. In seguito furono in tre ad essere rinviati a giudizio: Achille Lollo, Marino Clavo, Manlio Grillo.
Il processo di primo grado iniziò il 24 febbraio 1975, a quasi due anni dal rogo. Inizialmente l'accusa ipotizzata fu di strage e la pubblica accusa richiese la pena dell'ergastolo. Si concluse con l'assoluzione per insufficienza di prove degli imputati dalle accuse di incendio doloso e omicidio colposo. In secondo grado, Achille Lollo, Marino Clavo, Manlio Grillo, furono condannati a 18 anni di carcere per omicidio preterintenzionale e non per strage.
Achille Lollo, rilasciato in attesa di processo d'appello, fuggì in Brasile. Manlio Grillo si rifugiò invece in Nicaragua grazie alla complicità, di cui aveva goduto anche il Lollo, di Oreste Scalzone. Marino Clavo tuttora non risulta rintracciabile. La pena è stata dichiarata estinta dalla Corte di Appello di Roma per intervenuta prescrizione, su istanza dell’avvocato Francesco Romeo, difensore di Marino Clavo.
Nel 2005 ci sono state varie interviste che hanno portato a una riapertura dei fascicoli:  il 10 febbraio il "Corriere della Sera" pubblicò un'intervista ad Achille Lollo in cui questi ammise la colpevolezza propria e degli altri due condannati insieme a lui, aggiungendo molti particolari.
Il maggior elemento di novità fu l'affermazione che a partecipare all'attentato furono in sei, i tre condannati più altri tre di cui Lollo fece i nomi: Paolo Gaeta, Diana Perrone e Elisabetta Lecco. Inoltre ammise di aver ricevuto aiuti dall'organizzazione per fuggire. Lollo tuttora vive in Brasile dove si è dichiarato rifugiato politico (status non riconosciuto dalle autorità locali).
Il 12 febbraio Oreste Scalzone, a quel tempo dirigente di Potere Operaio, rilasciò sul caso una intervista a RaiNews24 in cui dichiarò di aver aiutato due colpevoli a fuggire.
Il 13 febbraio Franco Piperno, all'epoca dei fatti Segretario nazionale di Potere Operaio, in una intervista su la Repubblica confermò anch'egli che il vertice di Potere Operaio fu informato di tutto, seppur solo dopo l'avvenimento dei fatti.
Il 17 febbraio anche Manlio Grillo ammise per la prima volta in una intervista pubblicata su La Repubblica, nelle modalità indicate nella sentenza di condanna, senza modifiche, la propria responsabilità. Ammise anche aiuti dall'organizzazione per fuggire.
Nell'ottobre del 2006 affermerà che la cellula terrorista di cui faceva parte era legata alle Brigate Rosse.
Lanfranco Pace, a quel tempo dirigente di Potere Operaio a Roma, ha risposto anch'egli a domande in una intervista.
La vicenda è tornata alla ribalta poiché la procura di Roma ha riaperto il caso avendo assunto nozione di nuovi dettagli (appresi da dichiarazioni degli imputati) che consentirebbero di richiedere la revisione del processo ipotizzandosi ora un reato di strage. Paolo Gaeta, Diana Perrone e Elisabetta Lecco sono stati iscritti dalla procura di Roma nel registro degli indagati per strage, reato per il quale non si applica la prescrizione.
Nel 2005 la famiglia Mattei ha sporto denuncia indicando quali mandanti dell'attentato Lanfranco Pace, Valerio Morucci e Franco Piperno. Fra le dichiarazioni che questi rilasciarono in quell'anno emergono elementi che fanno sembrare molto probabile che essi sapessero molto e che il depistaggio sia stato voluto.
Tutti gli organizzatori, esecutori e comprimari della strage finora identificati sono a piede libero e taluni svolgono compiti di rilievo nell'informazione pubblica e della pubblicistica (Pace, Morucci, Piperno, Scalzone, Grillo); altri sono tuttora latitanti all'estero (Lollo); altri non sono rintracciabili (Clavo).
 Il processo fu sospeso quando Diana Perrone fu inabilitata a causa della sua patologia neurologica che l'ha portata al decesso; dopo la scomparsa della Perrone il processo non è più ripreso.

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